Tenere conto dell’espansione del contagio nell’ottica di rallentare e contenere la diffusione del virus, tutelare la salute delle persone, garantire la tenuta del sistema sanitario e, allo stesso tempo, la ripresa di quello sociale ed economico sono gli obiettivi da perseguire in questa fase di gestione dell’emergenza. Durante il mese di agosto, nel quadro di una circolazione endemica del virus, si è assistito a un aumento progressivo dei focolai e a una crescita dei nuovi casi giornalieri di Covid-19. Poco conta che siano cosiddetti locali, di rientro dalle vacanze dall’Italia o dall’estero o di importazione, se non nell’ottica di porre in essere le adeguate misure di sorveglianza epidemiologica.
Una malattia si considera endemica quando l’agente responsabile è stabilmente presente, circola nella popolazione e si manifesta con un numero di casi più o meno elevato, ma uniformemente distribuito nel tempo. L’incremento dei casi rilevato nelle ultime settimane sembra, attualmente, rispecchiare tale definizione: la crescita del contagio è stata accompagnata da un aumento dell’attività di screening (e dunque dei tamponi) effettuata sulla popolazione, conservando il rapporto tra positivi e nuovi casi testati inferiore al 2,1%, con oscillazioni quotidiane che, sebbene in crescita, sono lontane dai valori rilevati durante il picco dell’epidemia.
Secondo gli ultimi dati diffusi dal ministero della Salute, tale rapporto nella giornata del 2 settembre è stato pari all’1,3%. Si tratta tuttavia di spie rosse che devono infondere una comune consapevolezza sulla necessità di mantenere alta l’attenzione e, da parte delle istituzioni, potenziare la sorveglianza epidemiologica.
Per questo è attualmente al vaglio del Comitato tecnico scientifico e del governo il “Progetto di sorveglianza nazionale” messo a punto da Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia di Padova, su richiesta di alcuni esponenti dell’esecutivo. La situazione di aumento di casi giornalieri, in coincidenza con l’inizio delle scuole, della stagione autunnale e della ripresa delle attività lavorative, unitamente all’aumento degli spostamenti, potrebbe presentare gli ingredienti necessari a innescare una nuova esplosione della trasmissione. Una situazione che rischierebbe di riportarci ai livelli della scorsa primavera se non accompagnata da un significativo aumento dell’attività di screening e di diagnosi precoce.
Nel progetto si sottolinea che il ritardo della trasmissione osservata nel nostro Paese rispetto alle nazioni limitrofe è con tutta probabilità da attribuire alla rimozione graduale delle misure di distanziamento adottate dall’Italia. Un fatto che sembra porci in una situazione di privilegio, permettendoci di vedere in anticipo cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi.
Sono il comportamento dei singoli individui e la capacità di sorveglianza del sistema sanitario di identificare e circoscrivere i focolai a determinare una situazione di equilibrio che risulta nella dinamica dei nuovi casi giornalieri. L’obiettivo è evitare che questo numero raggiunga una “soglia di rottura”, ossia una situazione in cui il numero di persone contagiate eccede la capacità di risposta del sistema sanitario portandolo al collasso, unitamente all’esplosione di casi gravi e all’aumento della mortalità. Il progetto specifica che incentivare comportamenti virtuosi da parte degli individui è necessario, ma tuttavia non sufficiente. La ripresa delle normali attività creerà inevitabilmente maggiori interazioni tra persone, e quindi renderà più facile la diffusione del contagio. Sappiamo che il grande problema nel contrastarne la diffusione è stato sin dall’inizio l’elevata frequenza di soggetti asintomatici inconsapevolmente capaci di trasmettere l’infezione. La sfida da affrontare è proprio quella di procedere attraverso l’uso massiccio e mirato di tamponi per identificare sistematicamente questi casi ed evitare che il contagio (soprattutto clinici sintomatici), arrivi sino al sopra citato punto di rottura.
Al netto dei rilevanti aumenti nel numero dei tamponi effettuati negli ultimi giorni, la capacità stimata di tutte le regioni italiane di effettuarli è pari, in media, a 75.000 al giorno. Un numero troppo basso per far fronte alla crescita della richiesta di test che seguirà soprattutto quando anche le scuole riapriranno. Per questo il progetto si propone di creare 20 laboratori con la capacità di effettuare 10.000 tamponi al giorno, ciascuno sul modello di quello realizzato dall’università di Padova, oltre a 20 laboratori mobili con una capacità 2.000 tamponi giornalieri ciascuno per rispondere prontamente a situazioni di emergenza e sostenere le regioni in difficoltà.
Il tutto andrà integrato con un potenziamento delle ATS regionali attraverso la creazione di una centrale comune di analisi dati. L’aumento programmato della capacità di screening dovrà essere utilizzato per le attività di sorveglianza e controllo nelle scuole, sia sul personale che sugli studenti, negli uffici pubblici e ai posti di frontiera per intercettare i casi di importazione, contemporaneamente alla stipulazione di un accordo con Google che aiuti a tracciare i movimenti delle persone che entrano in Italia anche con mezzi propri. Andrà inoltre incoraggiata l’adesione al sistema di tracciamento Immuni, per assicurare a tutti coloro che scaricano l’applicazione la priorità di accesso ai tamponi. Si stima che i costi complessivi dell’iniziativa ammontino a 40 milioni di euro, a cui si aggiungono circa 1 milione mezzo di euro al giorno in termini di costi di gestione.