Onde millimetriche, cosa sono e il loro impatto economico


Articolo
Domenico Salerno
mmWave

Quando parliamo di onde millimetriche, o mmWave, ci riferiamo alla porzione di spettro compresa tra i 30 e i 300 GHz, caratterizzata da una lunghezza d’onda che varia tra il millimetro e i dieci millimetri. Queste frequenze trovano ormai da lungo tempo applicazione nella ricerca scientifica, in medicina e, soprattutto, nelle telecomunicazioni. Ed è proprio il loro utilizzo nel settore delle Tlc – ed in particolare nel 5G – che le ha poste negli ultimi anni al centro di numerosi dibattiti.

L’utilizzo delle mmWave è però fondamentale per poter beneficiare a pieno delle opportunità connesse alle reti di nuova generazione. Le onde millimetriche consentono di sfruttare canali di comunicazione molto più ampi rispetto alle frequenze minori. Inoltre, riescono a garantire maggiore velocità di trasferimento dati e una più bassa latenza. Secondo il GSMA, entro il 2034 l’utilizzo della porzione di spettro che va dai 24 agli 86 GHz porterà a un aumento del Prodotto interno lordo globale di 565 miliardi di dollari e a maggiori entrate fiscali per 152 miliardi. Osservando l’impatto economico sulle singole aree geografiche, è possibile notare come, secondo le previsioni, l’Europa sarà la regione che beneficerà del maggior aumento del Pil in termini percentuali (2,9%). Solo nel Vecchio continente l’incremento dovrebbe ammontare a 135 miliardi di dollari e generare 55 miliardi di entrare fiscali.

Ma quali sono i settori economici che trarranno più benefici dall’utilizzo delle mmWave? Secondo il GSMA, la manifattura e le utilities (38%), i servizi professionali e finanziari (25%) e i servizi pubblici (17%). Gli use case che renderanno possibile questa crescita economica sono numerosi. Tra i principali, l’automazione industriale (in questo articolo avevamo già parlato del 5G e delle fabbriche del futuro), che peserà per il (23%), la possibilità di controllare gli oggetti da remoto (quasi) in tempo reale (18%) e la realtà virtuale (16%).

Nonostante le enormi potenzialità in termini economici, l’utilizzo delle mmWave ha scatenato un acceso dibattito tra gli esperti e nell’opinione pubblica. La questione nasce dal fatto che queste onde, rispetto a quelle a frequenza più bassa utilizzate dai precedenti standard di comunicazione, hanno maggiori difficoltà a superare gli ostacoli. Per garantire una copertura stabile, sarà quindi necessario incrementare il numero di ripetitori sul territorio. Un risultato che può essere raggiunto solo se si passerà dalle antenne attuali alle più innovative small cells, piccoli ripetitori che coprono un raggio che può andare da poche decine di metri a circa 2 chilometri.

Sebbene la grande diffusione di questi terminali potrebbe destare qualche preoccupazione, è bene sottolineare che le emissioni di queste antenne sono estremamente inferiori rispetto a quelle tradizionali. Le evidenze scientifiche hanno confermato che le mmWave sono riflesse o assorbite solo superficialmente dalla pelle e quindi non penetrano nel corpo. Bisogna inoltre considerare che anche i nostri device, oltre ai ripetitori, emettono onde radio e che queste sono tanto più intense quanto è debole il segnale delle antenne. Avere una buona copertura può dunque aiutare a ridurre le emissioni di dispositivi che in molti casi sono continuamente attaccati al nostro corpo, come gli smartphone o gli smartwatch.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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