Gli analisti sono concordi nell’evidenziare i punti di distanza che hanno segnato l’incontro di lunedì 14 settembre tra i vertici dell’Unione europea e quelli della Repubblica Popolare Cinese. Un incontro, virtuale, che ha visto, da un lato, la delegazione europea composta dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, dall’Alto rappresentante Josep Borrell, dal presidente della Commissione Ursula Von der Leyen e dalla cancelliera Angela Merkel (in rappresentanza della presidente di turno tedesca) e, dall’altro, il presidente cinese Xi Jinping.
Le modalità dell’appuntamento avrebbero potuto far presupporre che nessuna intesa storica sarebbe stata siglata. Il meeting Ue-Cina si sarebbe dovuto tenere a Lipsia ma, a causa della pandemia globale e soprattutto per gli scarsi passi avanti del negoziato, si è svolto in conference call. La tutela dei diritti umani, il commercio e le politiche di sostenibilità ambientale sono risultati i maggiori punti di contrasto tra le delegazioni. “Dobbiamo riconoscere che non condividiamo gli stessi valori, sistemi politici o approccio al multilateralismo”, aveva dichiarato Charles Michel dopo un summit bilaterale tenutosi nel mese di giugno. Pur evidenziando l’evoluzione che le relazioni tra Ue e Cina hanno mostrato negli ultimi anni, l’elevato grado di interdipendenza economica che lega i due attori e la necessità di rafforzarne la cooperazione per affrontare le sfide di dimensione globale.
Non è stato siglato, pertanto, l’Accordo comprensivo sugli investimenti, oggetto di discussione da anni, che dovrebbe consentire un accesso più facile al mercato cinese per gli investitori europei, oltre a livelli di trasparenza e concorrenza che si avvicino maggiormente a quelli di cui beneficiano le imprese cinesi nel mercato Ue. Nonostante entrambe le parti abbiano riconosciuto progressi sulle norme che regolano il comportamento delle imprese statali, sul trasferimento di tecnologia e sulla trasparenza dei sussidi, sarà necessario negoziare ancora, con l’obiettivo di giungere a un’intesa entro la fine dell’anno.
Sempre nel campo del commercio e delle politiche economiche, la delegazione europea ha ribadito il suo invito alla Cina ad avviare futuri negoziati sulle sovvenzioni industriali in seno alla World Trade Organization, chiedendo anche che i produttori europei siano trattati in modo equo sul mercato cinese, con particolare attenzione alle condizioni di accesso al mercato agroalimentare, ai servizi finanziari e al settore digitale. Per l’Unione europea la parola d’ordine è reciprocità. I leader del Vecchio continente hanno sottolineato la necessità di parità di condizioni non solo nell’accesso al mercato, ma anche nel settore della scienza e della tecnologia, con lo scopo di garantire elevati standard etici. Sono attesi progressi concreti anche in materia di standard ICT, sicurezza dei prodotti, ricerca e innovazione. L’Ue ha anche espresso preoccupazioni sul rischio sovracapacità sia nei settori tradizionali come l’acciaio e l’alluminio, sia nell’alta tecnologia.
Quanto al cambiamento climatico, la delegazione europea ha incoraggiato la Cina a rafforzare il suo impegno e ha chiesto di limitare le emissioni di anidride carbonica e di fissare l’obiettivo della neutralità climatica.
L’incontro, invece, è stato preceduto dalla sottoscrizione di un Accordo sulla protezione delle indicazioni geografiche protette, che tutela da imitazione e usurpazione cento indicazioni geografiche protette dell’Unione europea in Cina (tra cui lo champagne, la feta, l’irish whiskey, la vodka polacca, il porto e il prosciutto di Parma) e, viceversa, cento indicazioni geografiche cinesi in Europa.
In tema di diritti umani, al termine del summit è stato annunciato un “Dialogo congiunto sui diritti umani” che si terrà a Pechino entro la fine del 2020 e includerà una visita ufficiale in Tibet. Tra le questioni più calde, le vicende di Hong Kong, le tensioni nel Mar cinese meridionale e la tutela delle minoranze in Xinjiang e in Tibet.