Salute, clima, digitale. Il primo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen tra ambizione e realtà


Articolo
Mattia Ceracchi

L’aspirazione di assegnare all’Unione europea il ruolo di guida globale nella via di uscita dalla crisi, il richiamo costante alle sfide del presente e alle priorità politiche fondanti del proprio esecutivo, la realtà di poteri comunitari limitati per dare seguito alle ambizioni europee. A poco più di un anno dalla nomina e a nove mesi dall’insediamento, Ursula von der Leyen ha tenuto il suo primo discorso sullo Stato dell’Unione, l’appuntamento annuale in cui il presidente della Commissione si rivolge al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria (stavolta eccezionalmente a Bruxelles), per tracciare il bilancio sull’anno appena trascorso ed esporre le priorità dell’esecutivo per l’anno a venire. Il discorso di von der Leyen – ricco di citazioni e riferimenti culturali – ha fatto i conti con la risposta europea alla crisi sanitaria ed economico-sociale, rilanciato le priorità cardine dell’azione dell’esecutivo Ue – la transizione verde e la trasformazione digitale – e gettato le basi per una politica estera comune più ambiziosa, dando seguito (a parole) all’aspirazione di una “Commissione geopolitica” enunciato a inizio mandato. Ambizioni e obiettivi che devono fare i conti, però, con la realtà di competenze storicamente limitate e con un bilancio comune europeo inadeguato alle sfide future.

Gli impegni più significativi del discorso di von der Leyen sono arrivati sul fronte delle politiche sanitarie. La presidente ha affermato l’intenzione di costruire un’Unione europea della sanità (European Health Union) più forte, proponendo di discutere nel corso della Conferenza sul futuro dell’Europa la revisione delle competenze dell’Unione in materia sanitaria definite dai Trattati. Volontà, questa, già sollevata a più riprese ai piani alti di palazzo Berlaymont nei mesi più difficili dell’emergenza sanitaria, di fronte alle difficoltà di coordinare efficacemente le misure di risposta alla crisi adottate a livello nazionale. Una proposta che rischia, però, di rimanere sulla carta, sia perché resta a oggi improbabile che la Conferenza possa seriamente dibattere e adottare conclusioni vincolanti sulla riforma dei Trattati, sia per la storica opposizione degli Stati membri a cessioni di sovranità nel settore della sanità. Come la stessa von der Leyen ha evidenziato, l’ambizione della Commissione deve fare i conti con le volontà dei Paesi, che meno di due mesi fa, nel quadro dell’accordo sul Piano di ripresa, decidevano di tagliare pesantemente, da 9,4 a 1,7 miliardi di euro, la dotazione finanziaria del nuovo programma EU4Health, proposto dalla Commissione proprio per sostenere il potenziamento della sicurezza sanitaria e la preparazione alle crisi sanitarie future.

Von der Leyen ha annunciato che l’esecutivo Ue darà seguito sul piano normativo alle lezioni tratte dalla crisi, per rinforzare la preparazione e la gestione delle gravi minacce per la salute di tipo transfrontaliero. Concretamente, la Commissione proporrà di rafforzare e potenziare l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC). E istituirà pure un’Agenzia europea per la ricerca e lo sviluppo avanzati in campo biomedico, sul modello della statunitense BARDA, che dovrà tra l’altro sostenere il bisogno europeo di scorte strategiche per ridurre la dipendenza dalla catena di approvvigionamento globale per i prodotti farmaceutici. Tema più volte richiamato negli scorsi mesi da documenti dell’esecutivo europeo come caposaldo di una possibile autonomia strategica industriale dell’Unione e che sarà al centro della strategia farmaceutica di prossima pubblicazione. Von der Leyen ha infine annunciato per il prossimo anno la convocazione di un vertice mondiale sulla salute in Italia, da organizzare “insieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alla presidenza italiana del G20“.

Il presidente della Commissione ha poi rilanciato le due priorità cardine dell’azione dell’esecutivo: la transizione verde e la trasformazione digitale, già delineate nel programma politico di inizio legislatura e ribadite nel Piano di ripresa, come linee guida principali per la formulazione dei piani nazionali e l’assegnazione dei finanziamenti del Recovery Fund. In relazione al Green Deal, von der Leyen ha quindi ufficializzato la proposta di aumentare l’obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni entro il 2030, passando dal 40% attuale al 55. Si tratta di uno sforzo necessario affinché l’Europa diventi il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Nel concreto, la Commissione ha subito formalizzato la revisione dell’obiettivo 2030 presentando un emendamento alla Climate Law dello scorso marzo e ha confermato l’impegno di rivedere il complesso della legislazione in materia di energia e clima entro la metà del 2021 (ETS, rinnovabili, efficienza energetica, tassazione, tra le altre cose).

Il piano legislativo è accompagnato dalle promesse sugli investimenti. Von der Leyen ha annunciato che la Commissione si impegnerà anzitutto a raccogliere il 30% dei 750 miliardi di euro di Next Generation EU attraverso obbligazioni verdi (green bond) e che il 37% dei fondi raccolti sarà destinato direttamente agli obiettivi del Green Deal, una volontà in linea con l’accordo raggiunto in Consiglio europeo a luglio, che fissava al 30% la quota di finanziamenti erogati dal bilancio comune e dal Recovery Instrument da dedicare agli obiettivi climatici. Von der Leyen si è poi soffermata sui progetti principali che il fondo di ripresa dovrà supportare, menzionando tra le altre cose la creazione delle “valli europee dell’idrogeno” e annunciando il lancio di una nuova Bauhaus europea, “uno spazio creativo comune in cui architetti, artisti, studenti, ingegneri e progettisti lavorino insieme” per raccogliere la sfida della sostenibilità sul piano culturale.

Impegni ribaditi e rafforzati anche in materia di digitale. “Dobbiamo fare dei prossimi dieci anni il decennio digitale europeo“, ha affermato von der Leyen, ribadendo che il Vecchio continente deve porsi l’obiettivo di guidare il processo di digitalizzazione e la definizione degli standard nei prossimi anni, altrimenti l’Europa sarà costretta a seguire e sottostare alle regole formulate dai propri concorrenti globali. Ha poi ripreso la narrazione del Commissario Breton riguardo la leadership europea sui dati industriali e ha riaffermato la necessità di istituire spazi comuni per i dati (common data spaces), in particolare nei settori dell’energia e della salute, e rilanciato la creazione di un cloud europeo sulla base di Gaia-X, l’iniziativa a trazione franco-tedesca che vuole dar vita a un ecosistema federato e integrato di data-cloud basato su standard europei. Von der Leyen ha inoltre confermato che la proposta legislativa della Commissione sulla regolazione dell’intelligenza artificiale arriverà all’inizio del prossimo anno e che presto l’esecutivo Ue proporrà l’istituzione di un’identità digitale europea “che ogni cittadino potrà usare ovunque in Europa per fare qualsiasi cosa, da pagare le tasse a prendere a noleggio una bicicletta” e che consenta, inoltre, di controllare in prima persona quali dati vengono utilizzati.

Non sono mancati i riferimenti alla questione infrastrutturale: von der Leyen ha ribadito l’esigenza di rivitalizzare le zone rurali e garantire l’accesso a connessioni veloci a banda larga a un numero di persone maggiore rispetto ai livelli attuali (a oggi solo il 60% degli abitanti delle aree rurali ne è dotato). Anche in questo caso, le opportunità da cogliere arriveranno soprattutto dai finanziamenti di Next Generation EU. Da un lato, il presidente della Commissione ha annunciato che il 20% dei 750 miliardi del fondo di ripresa sarà dedicato al digitale, con attenzione specifica alla connettività sicura e all’espansione del 5G, del 6G e della fibra. Dall’altro, va ricordato che gli ulteriori investimenti europei saranno ridotti al minimo: Digital Europe, il nuovo programma dedicato al digitale, avrà una dotazione finanziaria per gli anni 2021-27 di 6,8 miliardi, appena lo 0,6% del bilancio comune europeo. È ormai evidente che un salto di qualità reale delle ambizioni europee passi soprattutto dalla definizione di politiche fiscali comuni e da un bilancio europeo ridisegnato sulla base delle priorità dei prossimi decenni.

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