Sono 696 le imprese di biotecnologie attive in Italia, ossia quelle che utilizzano la tecnologia servendosi di sistemi biologici, organismi viventi o loro derivati. Con un fatturato che supera i 12 miliardi di euro e oltre 13.000 addetti, si tratta di un comparto che è cresciuto senza sosta nell’ultimo decennio. Nello specifico, dal 2014 al 2019 il numero di piccole e medie imprese che opera nel settore è aumentato di ben il 20%. Sono questi alcuni dati che emergono dal recente studio dal titolo “Le imprese di biotecnologie in Italia” condotto da Enea e Assobiotec, che scatta una fotografia dell’andamento (e delle sfide) di questo importante comparto nel nostro Paese.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA E DIMENSIONE
A fare la parte del leone c’è la Lombardia che, con 195 imprese (il 27,8% del totale), rappresenta la prima regione italiana per numero di aziende biotecnologiche presenti su tutto il territorio nazionale nel 2019. Seguono, seppur distanti, il Lazio, che ne ospita 65, e a pari merito il Veneto e l’Emilia-Romagna con 62. Tuttavia, particolarmente significativa è stata la crescita della quota di imprese nel Mezzogiorno e, soprattutto, in Campania, che hanno raggiunto rispettivamente il 19,4 e il 6,9% del totale. D’altro canto, lo studio sottolinea la forte polarizzazione del fatturato e degli investimenti in ricerca e sviluppo in un’unica area del Paese: il Centro-Nord. Sono proprio la Lombardia (45,3%), il Lazio (22,4%) e la Toscana (19,4%) le regioni con il più alto giro d’affari. E sono sempre queste stesse regioni quelle che investono di più: in questo caso, però, la Toscana supera il Lazio, che scala invece al terzo posto. Un altro aspetto interessante della ricerca ha a che fare con la grandezza delle imprese. L’80% delle aziende attive in questo settore è di piccola e micro dimensione. Basti pensare che tra il 2017 e il 2019 sono state oltre 50 le start-up innovative registrate nel comparto delle biotecnologie. Le realtà medie e grandi, invece, si mantengono piuttosto stabili e rappresentano rispettivamente il 12 e l’8,3% del totale.
LA RICERCA COME VOLANO DI COMPETITIVITÀ
Dal rapporto emerge, inoltre, l’importanza degli investimenti in ricerca e sviluppo sostenuti dal comparto, che costituiscono il 3,4% di quelli dell’intero sistema produttivo nazionale. Un dato, questo, che evidenzia l’intensa attività di ricerca del settore, soprattutto se si considera che quelle che si occupano esclusivamente di biotecnologie rappresentano solo lo 0,02% del totale delle imprese italiane. Se guardiamo invece alle sole realtà biotech dedicate alla ricerca e allo sviluppo, la quota complessiva di quelle di micro e piccole dimensioni si attesta stabilmente sul 90%. Più nel dettaglio, secondo lo studio, la ricerca in Italia gode di tantissime eccellenze ma, purtroppo, è ancora sottostimata. Nonostante poco meno del 15% della forza lavoro del nostro Paese sia rappresentato da persone occupate in un settore science based (e abbia ricevuto un livello di istruzione terziaria), l’Italia si posiziona al secondo posto nel Vecchio continente (e ben al di sopra della media europea) per l’elevata percentuale di programmi di dottorato attivi nell’area Science & Technology. “La chiave per stimolare la ripresa del ciclo economico – si legge nello studio – è sostenere la scienza e l’innovazione attraverso maggiori investimenti in ricerca e sviluppo. Sono questi i pilastri che favoriscono la competitività industriale“.
BIOTECNOLOGIE PER LA SALUTE
Quelle del biotech sono imprese attive in tutti i settori di applicazione. Tra le aziende che nel 2019 hanno svolto attività di ricerca e sviluppo (o produzione biotech) nel nostro Paese, la metà ha come comparto di riferimento quello della salute che, secondo la ricerca, “storicamente si connota come il settore che per primo ha dato impulso allo sviluppo delle tecnologie biotech“. Nello specifico, sono 344 e generano circa tre quarti del fatturato dell’intero comparto. L’interesse della ricerca biotech nazionale è principalmente orientato alla messa a punto di soluzioni terapeutiche per l’oncologia, ma nel 2019 è stato registrato un discreto volume di prodotti in sperimentazione e sviluppo anche nell’area delle malattie infettive. Ed è proprio questo un ambito in cui è stato notato negli scorsi anni un crescente interesse e che ha visto aumentare gli investimenti delle imprese. Una tendenza confermata soprattutto negli ultimi mesi, quando le aziende del settore hanno dimostrato di aver saputo reagire con competenza e tempestività all’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19. Ma di cosa si occupano le altre imprese biotech attive sul territorio italiano? Dallo studio emerge che circa il 30% impiega le biotecnologie per lo sviluppo e la produzione di beni e servizi di carattere industriale o la prevenzione e mitigazione dell’impatto ambientale mentre il 12% si occupa di Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti (GPTA). La restante parte è attiva nell’agricoltura e nella zootecnia.