La spesa farmaceutica ospedaliera e gli ostacoli ancora da superare


Articolo
Eleonora Mazzoni

Nonostante dal 2008 al 2018 la copertura della spesa farmaceutica territoriale sia stata progressivamente ridotta, passando dal 14 al 7,96% del finanziamento complessivo ordinario del Servizio sanitario nazionale e viceversa, e il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera sia andato via via incrementando, passando dal 2,4 al 6,89% del Fondo sanitario nazionale, quest’ultima voce di spesa ha continuato, e continua ancora oggi, a sforare il tetto di spesa imposto, con conseguente onere di ripiano (payback) da parte delle aziende farmaceutiche.

I dati del monitoraggio della spesa farmaceutica nazionale e regionale per il periodo gennaio-aprile 2020, di recente pubblicazione, mostrano come a livello nazionale la spesa farmaceutica complessiva nei primi quattro mesi del 2020 si sia attestata a 6,8 miliardi di euro, pari al 17,21% del Fondo sanitario nazionale (FSN), con uno scostamento percentuale del 2,4% rispetto all’incidenza complessiva sullo stesso FSN prevista per legge (14,85%). A conferma del trend registrato negli ultimi anni, è la spesa farmaceutica ospedaliera a superare il tetto di spesa previsto, con un eccesso rispetto alle risorse a essa destinate pari a 1.289 milioni di euro. Resta invece inferiore al tetto di spesa previsto la spesa territoriale, con un “risparmio” pari a 351 milioni di euro. L’ennesima evidenza di un sistema che non è in grado di garantire efficienza nell’allocazione delle risorse.

Il confronto con la filiera del farmaco sul tema è aperto da tempo, ma manca ancora un intervento complessivo di revisione della governance del farmaco che, come riportato nello studio condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com) dal titolo “Riportare la sanità al centro. Dall’emergenza sanitaria all’auspicata rivoluzione della governance del SSN”, dovrebbe auspicabilmente fare parte del progetto di riqualificazione del nostro Servizio sanitario nazionale. In attesa di interventi più ambiziosi, sarebbe utile aprire alla compensazione delle voci di spesa farmaceutica convenzionata e per acquisti diretti. Anche se l’impiego delle risorse in avanzo della prima non permetterebbe un completo riequilibrio tra le due voci, la compensazione permetterebbe quantomeno di evitare l’insorgenza di diseconomie. Ma soprattutto favorirebbe l’allocazione di tutte le risorse che il governo mette a disposizione.

Proprio lo scorso 6 ottobre è stato accolto in Senato un ordine del giorno sulla revisione dei meccanismi che regolano i tetti della spesa farmaceutica. Nell’ambito dell’esame del decreto Agosto, è stato accolto l’Odg del senatore dem Alan Ferrari che “impegna il governo ad affrontare e risolvere, nel primo provvedimento utile le problematiche sollevate dall’emendamento 31.0.17”. Il riferimento è a una modifica, appunto, del decreto Agosto presentata dallo stesso senatore che, tuttavia, non era rientrata nella lista degli emendamenti approvati. La proposta prevede che “fermo restando il tetto complessivo per la spesa farmaceutica, nel caso in cui si verifichi lo sforamento di uno soltanto dei due tetti per la spesa farmaceutica per acquisti diretti e convenzionata, le risorse derivanti dal mancato raggiungimento di uno dei tetti sono detratte dal valore della spesa eccedente l’altro tetto con esclusivo riferimento al singolo anno in cui lo sforamento è accertato, al netto della spesa per gas medicinali, che resta fissata nella misura dello 0,20 per cento”. L’ordine del giorno legato all’emendamento è stato accolto con la formula di “impegno a valutare l’opportunità dell’intervento”. Il primo provvedimento utile dovrebbe essere la legge di Bilancio.

Nel frattempo pochi giorni fa è entrato in vigore il nuovo metodo di negoziazione di prezzi e rimborsabilità dei medicinali. Il precedente format risaliva al 2001 e perciò la notizia, che segue l’apertura di una consultazione pubblica da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), dovrebbe essere accolta positivamente. Tuttavia, le nuove linee guida hanno l’aria di essere un’opportunità persa: nello specifico, non sembrano tenere pienamente conto dell’evoluzione nel frattempo intervenuta nello scenario del sistema sanitario, anche in termini di innovazione tecnologica nel mondo del farmaco. Inoltre, alcuni strumenti per cui l’Italia è stata anticipatrice, come il sistema di pagamento basato sugli esiti, hanno poco spazio e non vengono considerati nel framework di valutazione elementi del valore che vanno oltre il valore clinico aggiunto e che riguardano la qualità della vita, l’impatto sociale e organizzativo.

Sembra dunque opportuno ricordare le lezioni imparate in questi mesi. Sebbene alcuni interventi possano essere buone stampelle per il funzionamento del nostro sistema sanitario, è necessario intervenire quanto prima in un’ottica di lungo periodo per superare l’organizzazione di tipo compartimentale dell’intero Servizio sanitario nazionale.

Direttore Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia Politica presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza, con una tesi sperimentale sulla scomposizione statistica del differenziale salariale tra cittadini stranieri ed italiani.

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