Gli effetti del Covid-19 sul numero di decessi in Europa


Articolo
Maria Rosaria Della Porta
decessi

Nei mesi più critici dell’emergenza sanitaria provocata dalla diffusione del Covid-19, si è assistito a un aumento notevole del numero di morti in Europa. A certificarlo è l’Eurostat, secondo cui, tra i 26 Stati membri dell’Ue per i quali sono disponibili i dati, ci sono stati 168.000 decessi in più tra la 10ª e la 26ª settimana del 2020, rispetto al numero medio di morti registrati durante lo stesso periodo nei quattro anni precedenti.

Del totale delle persone decedute, il 96% (ovvero 161.000) aveva un’età pari o superiore ai 70 anni. Nello stesso periodo, questa fascia di età ha rappresentato il 76% di tutti i decessi nella popolazione nel 2016-2019 e il 78% di tutti quelli del 2020.

Il picco di 36.000 morti aggiuntivi rispetto alla media quadriennale è stato raggiunto nella 14ª settimana dell’anno in corso (fine marzo – inizio aprile). A partire dalla settimane successive, invece, la curva ha iniziato una fase discendente tanto che, a inizio maggio (19ª settimana), si sono verificati meno di 5.000 decessi aggiuntivi ogni settimana rispetto alla media quadriennale. Subito dopo la metà di giugno (intorno alla 25ª settimana del 2020) sono stati registrati 2.200 decessi in meno.

L’analisi dell’Eurostat precisa che il numero di morti include sia le vittime del Covid-19, sia di altre patologie, ma che comunque tali dati sono utili per valutare gli effetti diretti e indiretti della pandemia sulla popolazione europea. Sono molte le persone che pur non morendo di coronavirus, sono decedute a causa di altre malattie perché trascurate e sottovalutate a seguito della crisi sanitaria e del timore di recarsi in ospedale. Ad esempio, in pieno lockdown, un infarto è risultato mortale in un maggior numero di casi rispetto all’anno precedente.

La mortalità in eccesso ha colpito in modo diverso l’Europa. Spagna e Italia hanno registrato il numero più alto di decessi aggiuntivi, rispettivamente 48.000 e 46.000. Seguono Francia (30.000 decessi aggiuntivi), Germania e Paesi Bassi (circa 10.000 ciascuno). Nei restanti 21 Stati membri sono stati rilevati complessivamente 25.000 morti in più nello stesso periodo.

Rispetto al numero medio di decessi avvenuti tra il 2016 e il 2019, è sempre la Spagna ad avere il valore più alto con più del doppio durante la 13ª e 15ª settimana, seguita dal Belgio nella 15ª. Un valore più alto del 40% della media si è poi registrato in Italia nelle settimane 11-15, e ancora in Spagna nelle settimane 12 e 16, in Belgio nelle settimane 13-14 e 16-17, nei Paesi Bassi nelle settimane 13-17, in Francia nelle settimane 14-15, in Lussemburgo nella settimana 15, in Svezia nelle settimane 15-16 e a Cipro nelle settimane 20-21.

Secondo l’ufficio statistico europeo, Paesi e regioni sono stati colpiti in modo diverso. In alcune parti d’Europa, la differenza rispetto agli anni precedenti è stata eccezionalmente alta mentre altre aree sono state colpite in modo meno grave. In ogni caso, l’analisi delle settimane dalla 10ª alla 26ª dell’anno a livello regionale indica che il tasso più elevato di decessi aggiuntivi si è avuto nella Spagna centrale e nel Nord Italia. In particolare, Bergamo e Segovia (Spagna) sono le città che hanno registrato l’incremento maggiore di morti. Addirittura la città bergamasca, nella sola 12ª settimana ha segnato un incremento dell’89,5% rispetto al numero medio di decessi negli anni dal 2016 al 2019.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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