La crisi provocata dalla diffusione del Covid-19 ha cambiato la nostra società e ha travolto l’economia di tutto il mondo oltre le aspettative. Mai come nelle ultime settimane sono risultate evidenti le criticità nelle risposte alla pandemia da parte delle istituzioni, completamente impreparate a reagire prontamente a eventi di questa natura. Eppure, la comunità scientifica aveva previsto e analizzato la minaccia di un’epidemia potenzialmente devastante per la salute e l’economia del pianeta. Ne è un esempio il dossier “A world at risk” redatto da una commissione di esperti creata dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla Banca mondiale nel settembre 2019.
“Il Covid-19 è il quinto virus aggressivo in 17 anni. Nessuno sa quando arriverà il sesto, ma una cosa è sicura: arriverà. E potrebbe essere un altro coronavirus, ancora più letale di questo. O uno nuovo sconosciuto e con un tasso di mortalità altissimo“, ha spiegato il direttore dell’unità di epidemiologia ambientale al Consiglio nazionale delle ricerche, Fabrizio Bianchi. Che ha poi sottolineato come nonostante l’altissima probabilità di una nuova pandemia e gli appelli dell’Oms degli ultimi anni, le nazioni e le organizzazioni internazionali si siano fatte trovare senza una preparazione adeguata all’arrivo del Covid nelle nostre vite. “Questa drammatica esperienza – ha continuato – deve insegnarci, una volta che l’emergenza sarà alle nostre spalle, che la prossima volta dobbiamo essere pronti“.
Proprio nelle ultime settimane l’emergenza sta vivendo una rinnovata impennata e la comunità scientifica si sta mobilitando per richiamare l’attenzione sull’importanza di un network europeo focalizzato sulle malattie infettive con potenziale epidemico, per non lasciarci impreparati agli avvenimenti futuri.
A questo proposito, il direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma, Giuseppe Ippolito, ha lanciato un appello alle istituzioni europee sulla rivista scientifica “Nature”, che è stato sottoscritto da quindici scienziati di istituzioni sanitarie, agenzie governative, università e organizzazioni non governative di Italia, Francia, Stati Uniti, Germania, Portogallo e Regno Unito. Tra i firmatari, personalità del calibro di Franco Locatelli dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, del direttore generale di Aifa Nicola Magrini, Raffaella Sadun della Harvard University di Boston, Antoine Lafont dell’Hôpital Européen Georges-Pompidou di Parigi, Alimuddin Zumla dello University College di Londra e Michel Pletschette dell’Università di Monaco.
Già dall’apertura, l’appello sottolinea come l’epidemia abbia evidenziato le forti criticità nell’attuazione delle disposizioni del trattato dell’Unione europea per salvaguardare il benessere dei suoi cittadini. Prosegue, poi, con un’esortazione ad affiancare alla proposta dei dispositivi europei da 750 miliardi di euro (compreso il pacchetto Next Generation Eu) destinati alla ripresa delle economie nazionali e alla riforma dei servizi sanitari, una strategia interdisciplinare che possa far fronte alle esigenze individuali, locali, regionali e globali. I piani sanitari nazionali dovrebbero incorporare e istituire centri di riferimento per le malattie infettive con un potenziale epidemico in tutti i Paesi membri e collaborare a livello europeo.
Le finalità della proposta di istituire tale network europeo includono: la sorveglianza epidemiologica e i sistemi di allarme precoce, la cooperazione tra enti sanitari pubblici nazionali e internazionali, la diffusione di linee guida tecniche e protocolli clinici per la gestione della malattia, il coordinamento della ricerca, una maggiore capacità di laboratorio per la rapida identificazione di nuovi patogeni e la formazione di funzionari della sanità pubblica pronti a implementare test su larga scala, tracciamento dei contatti e misure di quarantena.
L’appello lanciato da Ippolito e dagli altri firmatari, inoltre, fa riferimento alla possibilità di integrare l’operato di questo network europeo con quello della EU BARDA (Biomedical Advanced Research and Development Authority), l’agenzia europea la cui istituzione è stata annunciata lo scorso 16 settembre dal presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Dunque, dall’appello (e non solo) emerge chiaramente l’importanza di una preparazione adeguata ad affrontare crisi di questo tipo e della capacità di individuare precocemente le future malattie infettive che avranno un potenziale epidemico. Tra le lezioni che le nostre istituzioni dovrebbero aver appreso in questo 2020, sicuramente troviamo quella di non sottovalutare le previsioni della comunità scientifica. La messa in atto delle misure oggetto dell’appello potrebbe rappresentare un primo vero passo verso la preparazione trasversale dell’Unione europea alle prossime sfide per la salute dei cittadini che, come abbiamo visto, saranno affrontate più efficacemente se tutti gli Stati membri dimostreranno coesione e lavoreranno in sinergia.