“Potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale nell’epoca post Covid”. E’ attorno a questo filo rosso che si è snodata l’’audizione che il direttore generale dell’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) Domenico Mantoan, nominato lo scorso settembre, ha tenuto nei giorni scorsi in video conferenza presso la commissione Igiene e Salute del Senato.
Il suo intervento si è aperto con l’analisi delle principali criticità e carenze della medicina territoriale in Italia. Mantoan si è quindi soffermato sui punti più dolenti del nostro Sistema sanitario: “Abbiamo 3,2 posti letto ogni 1000 abitanti, la Germania ne ha 8, la Francia 6, la media europea è di 4,7“. Vista la carenza strutturale di posti letto, dovuta ad anni di tagli sulla sanità – ha continuato – “appare necessaria l’organizzazione dell’assistenza sul territorio in maniera molto ben strutturata” (qui un paper I-Com sull’assistenza territoriale).
Con il tempo sta aumentando l’incidenza delle cronicità, l’aspettativa media di vita e, di conseguenza, la domanda di cure della popolazione. “In Italia sono ben 23 milioni le persone con malattie croniche, di queste, 12 milioni ne presentano due o più”, ha ricordato ancora Mantoan.
Allo stato attuale dei fatti, l’organizzazione ospedaliera risulta molto più strutturata di quella a livello territoriale. Quest’ultima però sarebbe più indicata per rispondere alle nuove esigenze della popolazione, soprattutto in un contesto di disponibilità di posti letto piuttosto limitata. Inoltre, le regioni che hanno investito maggiormente sul territorio – ha evidenziato il direttore generale di Agenas – sono quelle che sono riuscite a “reggere meglio l’onda d’urto della pandemia“.
Al momento, il numero di anziani assistiti in un regime di cure domiciliari integrate è molto variabile e soggetto a forti differenze regionali. Infatti “si passa dal 13% del Veneto a dati che oscillano tra il 3 e il 4% nelle regioni del Centro-Sud”.
L’intervento di Mantoan si è poi focalizzato sui dati inerenti alla presenza di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e infermieri sul territorio. “Abbiamo in Italia 4 medici per 1000 abitanti, in linea con Svezia, Danimarca e Germania. Ma abbiamo solo 5,8 infermieri per 1000 abitanti, a differenza di Francia, Olanda e Belgio, dove il numero è doppio, ovvero oltre 10. Mentre addirittura la Germania arriva ad avere 13 infermieri ogni 1000 abitanti”. I modelli organizzativi degli altri paesi europei sono evidentemente sviluppati più sull’integrazione interprofessionale e sulla valorizzazione di tutte le professioni sanitarie piuttosto che sulla sola figura del medico, come in Italia.
I medici di medicina generale (MMG) e i pediatri di libera scelta risultano essere presenti in maniera capillare e rappresentano una grande risorsa per l’implementazione dell’assistenza territoriale. Secondo Mantoan però, “manca un modello di organizzazione delle cure primarie che tenga presente la necessità da parte dei medici di medicina generale di prendersi carico di una popolazione con esigenze diverse rispetto al passato”, anche tenuto conto dell’aumento della cronicità. Inoltre viene evidenziata l’esigenza di una “nuova frontiera” per la gestione a domicilio della cronicità e per la telemedicina, visto che i nostri ospedali non sono in grado di accogliere ogni tipologia di paziente, i posti letto devono essere riservati per pazienti complessi.
Ovviamente, queste riforme dovranno essere accompagnate dalla creazione di una rete che permetta ai medici di medicina generale di svolgere questi compiti con il giusto supporto delle infrastrutture digitali. Le criticità che sono state individuate a questo riguardo sono di duplice natura, le prime sono legate al mancato inserimento della telemedicina nella tariffazione dei medici, quando dovrebbe essere considerata come modello di prestazione. Le altre principali criticità sono di natura medico-legale, in quanto non è ancora normata nel dettaglio la responsabilità legata a decisioni prese durante le prestazioni di telemedicina.
Mantoan ha dunque ribadito come “il mondo del territorio sia rimasto come una grande incompiuta” anche per la mancanza di direttive nazionali che rendano possibile il superamento del costituzionale regionalismo che contraddistingue il nostro SSN. E’ stato inoltre sottolineato il potenziale delle Unità Speciali di Continuità assistenziale (USCA), che sono state istituite per fronteggiare l’emergenza legata al Covid-19, ma che potrebbero rappresentare uno strumento più che valido anche nel futuro.
Nel corso dell’audizione, inoltre, è stato fatto riferimento ad una tipologia di struttura sanitaria intermedia, “l’ospedale di comunità“. Questo tipo di strutture possono costituire un valido strumento per coadiuvare la riforma del territorio, in quanto risultano di grande prossimità alla popolazione, permettono ricoveri brevi e di conseguenza avrebbero un ruolo importante nella prevenzione dei ricoveri inappropriati.
In conclusione, l’appello al ministero e alle regioni: “Onde evitare che l’ospedale rimanga l’unico baluardo alle richieste di salute del cittadino, bisogna sgranare una filiera di offerte dedicate al territorio.” Questa è la sfida della sanità italiana secondo Mantoan.