Pubblichiamo l’analisi a firma di Gianna Elisa Berlingerio, dirigente sezioni Competitività e Politiche giovanili della Regione Puglia
Mi chiedono spesso: quando comincerà la ripresa? Le misure adottate per il contrasto alla diffusione della pandemia, come noto, hanno prodotto ingenti danni all’economia di quasi tutti i Paesi del mondo e la prospettiva, anche in Puglia, non è purtroppo positiva [1]. Gli indici come occupazione, export, reddito delle famiglie sono negativi, come il Pil che fluttua intorno alle due cifre negative. E questo fenomeno naturalmente fa ancora più rabbia considerando lo sforzo dell’intero sistema regionale per recuperare le posizioni ante crisi del 2007 [2].
La stessa Banca d’Italia però ha certificato che il rimbalzo estivo è stato superiore rispetto alle aspettative, aprendo alla speranza che all’indomani del superamento della pandemia ci siano concrete chances per le imprese di recuperare il terreno perduto in un tempo più o meno lungo a seconda del settore. Naturalmente per le aziende che non si saranno arrese.
La “resistenza” è stata accompagnata in Puglia con misure fondamentalmente impostate sulla facilitazione dell’accesso al credito bancario (spesso in aggiunta alle garanzie fornite dallo Stato) con una quota di fondo perduto: un’iniezione di liquidità nelle imprese micro, piccole e medie [3]. Lavorare ora sul rilancio non vuol dire certo perseguire il ripristino delle condizioni ante Covid ma cogliere l’occasione di orientare lo sviluppo sulla sostenibilità e sfruttare l’addizionalità fra Next generation Eu e programmazione dei Fondi strutturali 2021/2027.
Se in Europa ha ormai preso piede lo European Innovation Council, è evidente che è l’innovazione il driver “traversale” della nostra ripresa e abbiamo bisogno di tracciare un piano organico che la preveda come fil rouge dell’azione regionale: investimenti pubblici e infrastrutture (stimolo keynesiano a una creazione e redistribuzione rapida di ricchezza), aiuti alla creazione di nuove imprese agli investimenti con particolare attenzione alla ricerca e allo sviluppo (che negli anni passati sono stati un fattore chiave di attrazione dal resto d’Italia e dall’estero)[4], dalla formazione (intero sistema dalla scuola all’università passando per gli ITS e la formazione professionale) e dalla ricerca agli acquisti pubblici e dalle modalità di lavoro delle pubbliche amministrazioni alle forme innovative e flessibili di partnership pubblico-privato per la realizzazione di progetti integrati.
In linea con le sei missioni del Programma nazionale di resilienza e ripresa (PNRR), dobbiamo concentrare il metodo su alcuni obiettivi fondamentali: la trasformazione digitale, la rivoluzione verde, la sostenibilità sociale.
La capacità di attrazione di un territorio come la Puglia si costruisce su procedure semplificate, certezza delle regole e livelli delle competenze (sistema della ricerca e della formazione), fattori richiamati dall’indice di competitività globale del World Economic Forum. Occorre rafforzare il sistema infrastrutturale (sanitario, dei trasporti e digitale).
Bisogna rafforzare le forme di cooperazione su scala territoriale (distretti) nella forma ecosistemica (ogni attore deve svolgere la propria funzione e fornire il proprio servizio nell’ambito della realtà territoriale), assecondando e accompagnando strategie di specializzazione intelligente.
Per lo sviluppo della Puglia, e del Sud in generale, vanno poi assicurate alcune precondizioni che non possono che essere frutto di una interazione fra livelli di governo (nazionale, regionale e locale):
1) sistemi per la mobilità sostenibile e veloce di persone e merci;
2) quella che può essere considerata la “Filiera zero”, ovvero una pubblica amministrazione in grado di progettare e realizzare le sfide che ci attendono.
Fissate queste prospettive comuni e questi presupposti occorre selezionare i settori sui quali agire.
Per far questo, dopo il ridimensionamento del sogno “globale” imposto dal Covid, la Puglia torna alla sua terra e al suo territorio per trovare le tracce di un’interazione fra azione pubblica e sviluppo privato, fra caratteristiche e risorse naturali, saperi rigogliosi e talenti che hanno le carte in regola per affrontare la sfida del mercato per competere non sulla riduzione dei prezzi ma sulla qualità e la creatività culturale, tecnica e industriale.
Agroindustria, industria e servizi devono ritrovare un nuovo equilibrio ispirandosi ai principi e alle opportunità della blue economy e dell’economia circolare:
– l’agroalimentare, dove alla ricchezza immanente delle nostre terre dobbiamo affiancare in modo sempre più sinergico le tecnologie di “precision agricolture” e di industria 4.0 nelle produzioni tipiche;
– l’aerospazio, in relazione al quale già contiamo su un discreto posizionamento industriale fra grandi, medie e piccole imprese coinvolte con il pregio di ricerca universitaria dedicata e la prospettiva dello spazio-porto e dell’aviolancio di micro satelliti da Grottaglie. C’è però la grande incognita della capacità dei maggiori player dell’aeronautica mondiale di resistere alla drastica riduzione di mercato che si stima per i prossimi anni;
– l’automotive, settore nel quale contiamo su solidità ed eccellenza produttiva ma che è al centro di una rivoluzione non certo di livello regionale ma neppure nazionale nel quale urgerebbe riposizionarsi;
– il turismo, anche destagionalizzato, che peraltro è fra i settori più colpiti dalla crisi in atto e tuttavia mantiene caratteristiche autoctone di grande rilievo;
– l’healthcare, segmento nel quale è cresciuta negli ultimi anni una competenza sia a livello farmaceutico, nutraceutico che di elettromedicali e sanità digitale [5].
Per alcuni di questi settori già in passato la regione ha puntato sui vantaggi di filiera. Sono stati interpretati sia come aggregazione fra imprese che scontano ancora dimensioni non adeguate agli investimenti necessari per il salto di competitività, sia come coordinamento fra soggetti pubblici e privati, incluse le università e i centri di ricerca, che insistono su un tema.
Negli ultimi decenni le filiere produttive si sono articolate frantumandosi in fasi e ridistribuendosi su territori spesso non appartenenti allo stesso Paese. La frammentazione e ridistribuzione delle fasi, spesso appartenenti a differenti imprese, sono state possibili grazie allo straordinario sviluppo di due capacità (tecnologica e organizzativa) di integrazione: quella della digitalizzazione e quella dei trasporti. Ciò ha contribuito alla globalizzazione di prima generazione. Tali forme di integrazione manifestano però alcuni limiti, in particolare riconducibili alla crescente vulnerabilità di filiere che richiedono elevati livelli di coordinamento e all’accresciuta indipendenza delle fasi dai territori dove si sviluppano le attività produttive. Il fenomeno è emerso in modo particolarmente evidente durante il lockdown e in generale a seguito della limitazione di mobilità imposta dal Covid [6]. Quest’ultimo aspetto si riflette sia nelle problematiche ambientali, sia in quelle occupazionali. È necessario un cambiamento di tali modelli produttivi nel più ampio quadro di ripensamento del modello di sviluppo [7].
Già la legge regionale numero 23 del 2007 “Promozione e riconoscimento dei distretti produttivi” fu emanata proprio con l’intento di sostenere le aggregazioni di imprese pugliesi al fine di rafforzarne competitività, innovazione e internazionalizzazione. Inoltre, la norma fu concepita anche per intercettare le diverse iniziative lanciate a livello europeo in quegli anni a favore dei cluster che guardavano come buona pratica proprio il modello italiano dei distretti, prevalentemente concentrati nelle regioni del Centro e del Nord (Ricciardi, 2008) [8]. Il distretto pugliese è caratterizzato da una significativa concentrazione di imprese – in particolare piccole e medie – integrate in un sistema produttivo rilevante, e da altri attori istituzionali e sociali che operano a sostegno dell’economia locale. Inoltre, ed è questo forse l’elemento maggiormente distintivo, il distretto regionale è espressione della capacità che questi attori hanno di esprimere una progettualità strategica comune.
Secondo le modalità previste dalla stessa legge, ad oggi sono stati riconosciuti dalla Giunta regionale pugliese ben 25 distretti nei vari settori produttivi connessi che hanno dinamiche ed evoluzioni molto differenziate tra loro, anche a seconda del diverso grado di “connettività” tra gli operatori dei singoli settori economici.
Una recente analisi sul campo condotta dal Consiglio regionale della Puglia e dall’Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione (ARTI) ha evidenziato come la maggior parte degli stakeholder ritiene che l’apparato normativo introdotto dalla legge regionale numero 23 è da considerarsi, nel complesso, ancora oggi idoneo e adeguato agli scopi perseguiti dal legislatore regionale. Difatti, la legge ha stimolato molte imprese pugliesi a cooperare per il raggiungimento di obiettivi comuni e, in alcuni casi, ha fatto emergere maggiore consapevolezza delle potenzialità del settore. Per alcuni comparti, la normativa sui distretti ha portato a un cambiamento culturale che ha determinato una diminuzione delle diffidenze e delle barriere tra gli attori coinvolti (cosiddetto capitale sociale). Tuttavia, è stata segnalata anche la necessità che la stessa legge venga periodicamente “manutenuta” rispetto anche agli esiti di analisi di contesto capaci di recepire i mutati bisogni nel tempo e ai rapidi cambiamenti tecnologici in atto, su cui la stessa indagine ha raccolto una serie di proposte di modifica della norma e operative.
Sarebbe dunque importante procedere ad aggiornare lo strumento normativo in analisi, senza tuttavia alterarne in profondità i principi su cui si basa. Piuttosto, è essenziale procedere per assicurargli quella operatività piena non ancora dispiegatasi in questo primo decennio di applicazione. Un’ipotesi di modifica è sicuramente coerente sia con un rinnovato interesse nei confronti della cluster policy anche a livello comunitario, sia per le potenzialità di innovazione del contesto economico in coerenza con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 [9].
A livello regionale, la politica dei distretti si mantiene strategica in quanto raccorda in sé tutte le diverse componenti della quadrupla elica:
- l’amministrazione regionale nel suo ruolo di indirizzo e monitoraggio dell’ecosistema dell’innovazione;
- le imprese, che costituiscono il nodo centrale delle politiche di sviluppo produttivo regionale;
- gli enti di istruzione e ricerca con il loro supporto imprescindibile alle attività di sviluppo, innovazione e formazione del capitale umano;
- la società civile, il cui coinvolgimento è quanto mai indispensabile man mano che le politiche di sviluppo debbono raccordarsi anche a obiettivi di sostenibilità non solo ambientale ed economica, ma anche sociale.
La blue economy (che comprende lo sviluppo economico e trasporti marittimi, la nautica da diporto e l’acquacoltura), l’automotive e l’agroalimentare sono anche protagonisti di Future4Puglia, una recente iniziativa progettata e realizzata da ARTI su incarico della regione, con l’obiettivo di far emergere le potenzialità di settori strategici per il territorio pugliese e i bisogni dei protagonisti del tessuto produttivo, per meglio definire e tarare policy e strumenti programmatici e normativi. Attraverso una serie di webinar tematici, Future4Puglia dà l’opportunità di approfondire la conoscenza delle caratteristiche di ogni filiera e di alcuni strumenti finanziari disponibili su scala regionale, nazionale ed europea.
Quindi ben vengano iniziative come quella odierna che si colloca all’interno di un programma dedicato alle “filiere” e che possono interagire fra loro aumentando il valore aggiunto della condivisione di idee e strumenti.
In questi giorni stiamo provando a tradurre queste basi metodologiche e questi contenuti in un programma integrato da presentare al governo per concretizzare le linee guida del PNRR attraverso progettualità ambiziose ma al tempo stesso realizzabili. I nostri progetti parlano di:
• strategie condivise per il supporto ai grandi investimenti di filiera (con il coinvolgimento non solo del ministero dello Sviluppo economico ma anche di Cassa Depositi e Prestiti, Sace, MCC e altri soggetti chiave per lo sviluppo);
• di basket bond di filiera con la garanzia regionale sull’emissione di bond per il sostegno agli investimenti di filiere produttive;
• riposizionamento delle micro, piccole e medie imprese ma anche di empowerment delle pubbliche amministrazioni regionali e locali per una formazione spinta e “on the job” e per la trasformazione digitale dei sistemi pubblici di supporto;
• equity per le start-up green e innovative.
La Regione Puglia affronta i ruggenti anni ‘20 che ci attendono con spirito di aggregazione, non solo in ambito economico: la filiera più importante della quale tenere conto è quella sociale, dove il collante del lavoro, una rinnovata “dignità” digitale che veicoli a tutte le famiglie i servizi privati e pubblici che viaggiano sul web, un poderoso investimento sulla scuola aprono la connessione fra generazioni, generi, pugliesi in patria (e non) e traguardano quell’obiettivo finale di equità che è alla base della nostra idea di futuro.
Peraltro gli imprenditori che investono in Puglia potrebbero proiettarsi in una prospettiva di medio lungo periodo: in pieno lockdown sono arrivate sulle nostre piattaforme 14 domande di investimento PIA (piccole e medie imprese) per 54 milioni di euro complessivi, persino 3 Pia Turismo per 23 milioni e 5 nuovi contratti di programma [10], di cui tre da fuori regione (2 dall’estero) per un valore di 56 milioni di investimento [11].
Alla data del 6 luglio 2020, in Puglia si contavano 469 start-up, numero in costante aumento in termini assoluti e in lieve aumento se si considera il peso percentuale delle start-up innovative pugliesi sul totale nazionale. Quanto invece a una ripartizione per settore di attività economica, un terzo di queste opera nella produzione di software (ATECO J62), il 21,5% nella ricerca scientifica e sviluppo (ATECO M72) e l’8,3 nei servizi (ATECO J63). Tutte i restanti comparti non raggiungono la soglia del 3% sul totale. Va considerata quindi la rilevanza dell’Ict: le start-up che operano in questo settore sono ben 159.
Se molte non dichiarano l’ambito specifico in cui operano (22), sono invece 14 quelle attive nel turismo e nelle attività culturali. Altri settori di rilievo sono quelli delle soluzioni informatiche per il business (gestionali, CRM, etc.) e per l’intrattenimento, che contano rispettivamente 12 e 9 start-up. Da segnalarne anche 8 attive nell’Ict per la medicina e l’assistenza.
Tale risultato, si badi bene, non può considerarsi slegato dalle politiche regionali di supporto alla nascita di impresa: sono attivi ben 4 bandi (Pin, Nidi, Tecnonidi, Estrazione dei talenti) che assicurano la più ampia gamma di aiuti alle start-up sul territorio nazionale con un mix di strumenti finanziari, di accompagnamento e di incubazione. Stiamo inoltre lavorando su uno strumento di equity in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti.
Vogliamo essere una terra attrattiva per l’avvio di impresa non solo da parte dei nostri aspiranti imprenditori che abbiano motivi per restare in Puglia e non solo. Merita menzionare in modo esemplificativo che hanno appena superato la prima fase di valutazione dei contratti di programma due aziende estere che aspirano ad aprire nella nostra regione un’unità operativa dove realizzare progetti di ricerca e sviluppo che funzionino da apripista per i loro stabilimenti di produzione: siamo nel settore della componentistica per auto ad alto contenuto di innovazione e della meccanica di precisione. Per far comprendere quali sono i fattori di attrazione sui quali cerchiamo di fare leva bisogna raccontare che in entrambi i casi le delegazioni aziendali sono arrivate con l’idea di sfruttare i nostri strumenti di aiuto, la vicinanza di ottime università, i porti, gli aeroporti anche commerciali della Puglia per piccoli progetti di espansione e sono rimasti rapiti da quello che hanno visto. Non parlo solo del tessuto produttivo e dei laboratori di ricerca ma dell’apulian lifestyle. Vinciamo spesso la competizione con altre regioni italiane ed europee per via della bellezza che ci circonda e chi viene per esplorare poi cerca di trasferirsi a vivere qui con la famiglia.
Il ruolo precipuo del settore pubblico in questo frangente, così drammatico e allo stesso tempo carico di opportunità, non è certamente quello di sostituirsi al privato in settori nei quali non vi è un fallimento di mercato. Ma tutt’al più la necessità a breve termine di rafforzare la liquidità e nel medio lungo periodo di sostenere gli investimenti con un chiaro orientamento alla sostenibilità ecologica, sociale e digitale. Sono compiti dell’amministrazione pubblica, invece, da un lato, assicurare la giusta solidità professionale e organizzativa per realizzare gli investimenti attraverso una scrittura chiara delle regole, dei piani e delle procedure (anche flessibili ed innovative) di selezione pubblica dei contraenti e, dall’altro, la semplificazione delle procedure di accesso agli aiuti.
L’idea è quella di bandi che puntino all’efficacia e alla rapidità amministrativa come valore aggiunto rispetto ai risultati già soddisfacenti della programmazione in corso: un’unica piattaforma per interfacciarci con le imprese, la presentazione di progetti, documenti e business plan una sola volta e poi un back office articolato ed efficiente che “pesca” dai bandi e dai fondi più adatti per ogni esigenza di futuro.
Su questo concetto di “ecosistema” vogliamo lavorare nel prossimo futuro: (ri)lanciare le filiere, costruire una Puglia accogliente e sana dove la cittadinanza, anche “digitale”, sia riconosciuta a persone e imprese. E ancora, rinforzare la pubblica amministrazione, assicurare mobilità e fonti energetiche sostenibili e dare spazio ulteriore ai settori che incrociano risorse di tradizione e territorio con innovazione tecnologica.
La ripresa è già cominciata.
[1] Secondo quanto stimato dall’indicatore trimestrale delle economie regionali (ITER) della Banca d’Italia (L’economia della Puglia, aggiornamento congiunturale, n.38 – novembre 2020), in Puglia nel primo semestre l’attività economica sarebbe diminuita di oltre il 10 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Sulla base di indicatori più aggiornati, la dinamica negativa si sarebbe in parte attenuata nel terzo trimestre, coerentemente con il recupero in corso a livello nazionale. Le ricadute economiche della pandemia hanno coinvolto tutte le principali branche di attività: il fatturato delle imprese industriali si è ridotto in misura marcata nei primi nove mesi del 2020, sebbene la portata del calo si sia attenuata durante i mesi estivi. Anche gli investimenti sono diminuiti, riflettendo la forte incertezza degli operatori sull’evoluzione della domanda. L’attività nel settore delle costruzioni è tornata a flettere, risentendo delle difficoltà dell’edilizia residenziale, testimoniate anche dalla sensibile riduzione delle compravendite registrata nel primo semestre. in compenso, il comparto delle opere pubbliche ha beneficiato della ripresa della spesa per investimenti delle amministrazioni locali. Nei servizi sono proseguite le difficoltà del commercio, soprattutto al dettaglio. Nei comparti del turismo e dei trasporti, gli effetti della crisi economica si sono manifestati con intensità. L’andamento dell’occupazione ha riflesso solo in parte il repentino peggioramento del quadro congiunturale, poiché la riduzione degli occupati in regione è stata mitigata dalle misure governative, tra cui il blocco dei licenziamenti e l’estensione della platea dei beneficiari delle forme di integrazione salariale. Il calo delle ore lavorate è stato invece molto intenso. Gli ammortizzatori sociali e le forme di sostegno al reddito delle famiglie introdotte dal governo e dall’amministrazione regionale hanno attenuato la diminuzione dei redditi. I consumi si sono ridotti invece in misura più marcata risentendo del lockdown, della sospensione delle attività non essenziali e dell’accresciuta propensione al risparmio a scopo precauzionale causata dall’aumento dell’incertezza.
Nei primi nove mesi dell’anno la crescita dei prestiti è stata più robusta rispetto alla fine del 2019, sospinta dalla dinamica dei finanziamenti al settore produttivo, in forte accelerazione dai mesi estivi. Dal lato dell’offerta, il credito alle imprese è stato sostenuto dalle misure straordinarie adottate dall’Eurosistema, dal governo e dalle autorità di vigilanza. Dal lato della domanda, ha inciso soprattutto l’accresciuto fabbisogno di liquidità derivante dalla sospensione delle attività. I prestiti alle famiglie hanno invece rallentato per effetto dell’andamento sia del credito al consumo sia dei mutui.
Il tasso di deterioramento del credito è lievemente aumentato a giugno a causa della dinamica registrata dalle imprese. Il peggioramento è stato mitigato dalle misure governative di sostegno al credito, nonché dalle indicazioni delle autorità di vigilanza sull’utilizzo della flessibilità insita nelle regole sulla classificazione dei finanziamenti. I depositi bancari, soprattutto quelli detenuti dalle imprese, sono cresciuti in misura marcata, riflettendo l’aumento del risparmio a scopi precauzionali e il rinvio degli investimenti già programmati.
Nel primo semestre del 2020 le esportazioni pugliesi sono sensibilmente diminuite rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-12,8 per cento a prezzi correnti), dopo la crescita sostenuta del 2019. Il calo, meno intenso rispetto alla media del Mezzogiorno e dell’Italia (-15,4 e -15,3 per cento, rispettivamente), ha riflesso soprattutto la dinamica negativa del secondo trimestre, attribuibile agli effetti dell’emergenza sanitaria.
La contrazione delle vendite all’estero delle imprese pugliesi si è estesa a quasi tutti i principali settori merceologici, ma è stata particolarmente intensa in quello siderurgico, che ha fortemente risentito del calo della produzione dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto. L’andamento dell’export in questo settore spiega circa un terzo del calo complessivo a livello regionale. Riduzioni di rilievo sono stati registrate inoltre nel chimico, nel farmaceutico, nell’abbigliamento e nel settore dei mobili. Nel comparto dei mezzi di trasporto, accanto alla sensibile riduzione delle vendite di autoveicoli e aeromobili, l’export di componentistica ha evidenziato una sostanziale tenuta dei livelli dell’anno precedente. Di contro, sono aumentate le vendite all’estero dei prodotti agricoli e alimentari.
[2] Per essere una regione spesso accusata di non avere un chiaro piano di politica industriale, la Puglia si candidava a ricoprire il ruolo di locomotrice dell’economia del Mezzogiorno e questo non può essere considerato slegato dagli sforzi compiuti nel sostegno alle imprese (nuove iniziative, consolidamento ma soprattutto R&S): con una crescita del Pil pari all’1,4% nel 2018, al di sopra del dato italiano (+0,8%), quasi cinque volte superiore al dato del mezzogiorno (+0,3%) ed in linea con la crescita di regioni storicamente leader come il Veneto. Un trend positivo dell’ultimo periodo, confermato da un prodotto interno lordo che guadagnava 4,3 punti percentuali in quattro anni, dal 2015 al 2018. Per l’occupazione, nel primo semestre del 2019 il dato pugliese si attestava a +1,4%, anche in questo caso ben al di sopra della media nazionale (+0,5%) e in netta controtendenza rispetto alle altre regioni meridionali per le quali si registrava una lieve flessione. Ancora più incoraggianti i dati sull’export: la Puglia si collocava al quinto posto tra le regioni italiane con un incremento nelle esportazioni pari al 10,1% nel primo semestre 2019 e un valore complessivo stimato di oltre 4 miliardi di euro.
[3] Bandi semplificati e rapidi impostati sul “Temporary framework” varato dalla Commissione europea in senso derogatorio rispetto alle consuete regole sugli aiuti di Stato proprio nell’ambito della Risposta al Covid: (Microcredito circolante per 248 M, 12000 domande arrivate e quasi 100M di mutui già erogati con il 20% di fondo perduto; Titolo II capo 3 circolante per 304 M con oltre 4000 domande arrivate ed un erogato intorno ai 210M che sviluppa crediti bancari concessi per circa 1.5 Mld€; Titolo II turismo circolante con 25 M stanziati di cui quasi 20 già erogati che sviluppano crediti bancari per quasi 100 M; START per liberi professionisti ed autonomi con 124M di stanziato nonché bandi per turismo a cultura per complessivi 50 M).
[4] Quasi 5 miliardi di investimenti privati sviluppati in Puglia con le misure del POR a fronte di poco più di 3,5 miliardi di agevolazioni distribuite (si veda infra la tabella riepilogativa).
[5] G. Viesti (2020) prova a riannodare le fila delle catene del valore globali (Global value chain – GVC) che hanno, o potrebbero avere, in Puglia una reale chance di sviluppo per via di risorse, esperienze, saperi e talenti già presenti sul territorio, raccomandando che le filiere sulle quali concentrare incentivi e azioni non siano improvvisate ma incardinate su buone prassi già esistenti.
[6] In questo senso la Regione chiede alle università di farsi promotrici di una visione a medio lungo periodo sulle linee fondamentali di sviluppo della nostra terra, sulla quale però bisogna lavorare sin da ora. Per fare un esempio significativo, a luglio 2020 la regione ha finanziato il progetto Riapro Lab. Un’iniziativa partita dal Politecnico e poi sposata da altre tre università pugliesi che attraverso la realizzazione di un laboratorio “diffuso” tende a rendere la Puglia (e tutto il Sud Italia) autonomo per quanto riguarda il testing e la certificazione dei materiali, a partire da quelli destinati alla produzione di DPI. In cambio, la Regione chiede a questo coordinamento di redigere il Piano della autonomia: cosa fare e come in caso di necessità più o meno improvvisa di produrre sul territorio beni e servizi per la sopravvivenza e la resilienza della popolazione. Una via pugliese al nuovo assetto, estremamente fluido, di flussi economici, finanziari, di merci e persone influenzato dal Covid ma destinato probabilmente a non tornare sic et simpliciter alla situazione preesistente.
[7] Su questo si veda lo studio “La riconfigurazione delle catene del valore globale, il ruolo del reshoring e le opportunità per l’Italia” redatto da The European house – Ambrosetti su commissione del ministero degli Affari esteri dell’ottobre 2020, dal quale emerge l’importanza per il Sistema Paese di incentivare e sostenere i fenomeni di reshoring e nearshoring che, avviati già a partire dal 2014, si sono significativamente intensificati nel corso del 2020 per via del ripensamento di determinati flussi produttivi innescato dalle limitazioni derivanti dalla pandemia, in primo luogo in relazione ai trasporti.
[8] La legge regionale fu approvata a seguito di un ampio processo di condivisione condotto su tutto il territorio regionale e caratterizzato da un approccio partecipativo. Inoltre, si inseriva in un percorso legislativo avviato a livello nazionale sin dal 1991.
[9] I Distretti Tecnologici attualmente esistenti sono infatti :
• DARe Puglia Scarl – Distretto Tecnologico Agroalimentare Regionale S.c.ar.l. ;
• DHITECH – Distretto Tecnologico High -Tech Scarl
• Di.T.N.E. – Distretto Tecnologico Nazionale sull’Energia Scarl;
• Distretto H-BIO Puglia S.c.r.l. – Distretto Tecnologico Pugliese Salute dell’Uomo e Biotecnologie Scarl;
• DTA – Distretto Tecnologico Aerospaziale Scarl;
• MEDISDIH S.c. a r.l. – Distretto Meccatronico Regionale e Digital Innovation Hub della Puglia società consortile a responsabilità limitata.
[10] I contratti di programma sono lo strumento che finanzia le grandi imprese (ed eventuali PMI a loro associate nei progetti) per ricerca, sviluppo e innovazione con correlati investimenti in attivi materiali. Fino a ora nella programmazione 2014/2020 hanno generato un investimento complessivo di 1.423.744.046,47 di euro con agevolazione pari a 551.909.637,40 di cui oltre la metà, cioè 376.743.584,28, destinati a ricerca, sviluppo e innovazione. Sicuramente rappresentano una misura di punta per attrarre investimenti, locali e non, con forte connotazione innovativa e per questo riteniamo che anche nella futura programmazione siano da conservare. A questo scopo la Puglia ha rimarcato a livello nazionale ed europeo la necessità di continuare a consentire il sostegno alle grandi imprese poiché rappresentano un volano di crescita economica e culturale per l’indotto e per la comunità di riferimento. E’ da dire però che i dati degli investimenti in ricerca e sviluppo nelle piccole e medie imprese pugliesi sono tutt’altro che trascurabili poiché superano anch’essi il miliardo di euro con una resa in termini di posti di lavoro creati altrettanto soddisfacente. Se poi si pensa alla punta di Tecnonidi, che con i suoi 42 milioni di investimento complessivo rappresenta davvero la frontiera della innovazione tecnologica in Puglia, c’è da sperare molto nel futuro. Abbiamo bisogno della grande impresa anche se non ne siamo dipendenti: contano a qualunque livello le idee, la forza e la passione che mettiamo nel sostenere gli imprenditori nella loro realizzazione. Abbiamo bisogno della grande impresa anche se non ne siamo dipendenti: contano a qualunque livello le idee e la forza e la passione che mettiamo nel sostenere gli imprenditori nella loro realizzazione.
[11] Se queste sono le domande arrivate durante il lockdown, in tutto il 2020 (fino alla metà di novembre in cui scrivo), siamo a 13 proposte di contratto di programma per 172 milioni circa di investimento complessivo, 11 Pia Media per 61 milioni, ben 31 pia piccole per 141 milioni e 7 Pia turismo per 37 milioni di investimento.
Al 31 dicembre 2019 era previsto sul POR FEsr-Fse (sviluppo regionale e formazione e lavoro) un target di circa 1.922 milioni di euro di spesa già erogata e la regione ha certificato oltre 2 miliardi. Questo ci consente di utilizzare anche la riserva di efficacia del POR, una sorta di premio del 6% sulla programmazione 2014/2020 e di arrivare sereni alla nuova programmazione 2021/2027. La regione è stata in questo periodo particolarmente attiva anche sui Fondi di cooperazione internazionale come Interreg in relazione ai quali svolge spesso il ruolo di autorità di gestione. Più critico è stato l’approccio al PSR che, a causa di ripetuti stop arrivati dalla giustizia amministrativa, ha subito un ritardo che stiamo cercando di recuperare avendo, peraltro, ottenuto una proroga ad hoc. Complessivamente, la situazione degli investimenti nella regione nella programmazione 14/20 – al 20 ottobre 2020 – è riassunta nella tabella seguente (fonte Puglia Sviluppo) per complessivi quasi 5 miliardi di investimenti per circa 3, 5 miliardi di agevolazioni: