Quasi ultima tra i Paesi del Mediterraneo, l’Italia si è avviata verso l’istituzione della Zona Economica Esclusiva (ZEE), un’area che si estende per non più di 200 miglia oltre il limite esterno del mare territoriale, motivata dall’esigenza di riconoscere gli interessi degli Stati costieri espandendone i poteri sui mari adiacenti. La Camera dei deputati ha approvato all’unanimità la proposta di legge in materia, che ora passa al Senato. L’istituto giuridico della ZEE trova fondamento nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), redatta a Montego Bay nel dicembre 1982 e ratificata e resa esecutiva dall’Italia nel 1994.
Nella zona di mare compresa nella ZEE, lo Stato costiero beneficia di diritti sovrani al fine dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e minerali che si trovano nelle acque, sul fondo del mare o nel relativo sottosuolo. Si pensi, pertanto, alla possibilità di svolgimento di attività economiche, quali la produzione di energia a partire dall’acqua, dalle correnti e dai venti o allo sfruttamento della pesca. Lo Stato costiero, inoltre, esercita la propria giurisdizione in materia di installazione e utilizzo di isole artificiali, impianti e strutture, ricerca scientifica e di preservazione e protezione dell’ambiente marino. Nel complesso, si può dire che tutte le attività concernenti l’utilizzazione delle risorse rientrano nelle competenze dello Stato costiero. Al contrario tutte le attività riguardanti le comunicazioni internazionali sono comprese fra i diritti degli Stati terzi.
Nel bacino del Mediterraneo, con l’obiettivo di preservare le proprie risorse ittiche o per tutelare le proprie coste dai rischi di inquinamento, numerosi Stati hanno provveduto a istituire ZEE, spesso convertendo preesistenti Zone di Protezione Ecologica (ZPE). La prima è stata la Tunisia nel 2003, seguita da Tunisia, Libia, Francia e Spagna. Ma anche Cipro, Egitto, Israele, Libano, Marocco, Monaco, Siria e Turchia. L’Algeria, invece, ha istituito una propria ZEE nel marzo 2018, senza un accordo preliminare con gli Stati frontisti e confinanti, così come previsto dalla disciplina. Ha creato così un’area che risulta sovrapposta per 70 miglia, ad ovest della Sardegna, alla ZPE istituita dall’Italia nel 2011, oltre che alla ZEE proclamata dalla Spagna nel 2013. L’Italia ha contestato la decisione, proponendo l’avvio di negoziati per il raggiungimento di un accordo di soddisfazione reciproca a cui le autorità algerine si sono dette disponibili.
Con l’istituzione di una propria ZEE, l’Italia batte un colpo nella competizione internazionale nel mar Mediterraneo che, lungi dall’essere Mare Nostrum, si trova al centro di interessi e pretese molteplici in ambito energetico e non solo. Pensiamo ai conflitti nella zona orientale, che coinvolgono Cipro, Egitto, Grecia e Turchia oppure all’incandescente situazione libica. Non mancano nel Mediterraneo occidentale le aree di sovrapposizione tra Italia, Francia, Spagna e Algeria, che richiedono una definizione. Dall’iniziativa legislativa in corso, pertanto, le istituzioni italiane si attendono benefici sotto vari profili, dal sostegno alla pesca e all’economia blu alla tutela dell’ambiente marino e delle coste, e contribuisce a chiarire il campo da gioco della partita principale del Mediterraneo. Quella per lo sfruttamento del gas naturale.