Se è l’idrogeno il gas intorno a cui maggiormente oggi si concentra l’attenzione di istituzioni ed esperti, è dal gas naturale che arrivano le novità più concrete, non ultima l’entrata a regime del gasdotto Tap, di cui poche settimane fa è stato annunciato l’avvio delle operazioni commerciali dopo quattro anni e mezzo dalla cerimonia inaugurale dei lavori di costruzione.
Tap è una delle infrastrutture di trasporto finalizzate ad aprire il cosiddetto corridoio Sud del gas che consente al mercato europeo l’accesso alle riserve di gas naturale dell’area del Mar Caspio. Il Southern Gas Corridor congiunge Azerbaijan e Italia, per un totale di più di 3.500 chilometri. Tap, nello specifico, prende avvio dalla zona di confine tra Grecia e Turchia, e, attraversando il Nord della Grecia, l’Albania e l’Adriatico, trova approdo sulla costa della Puglia, nel comune di Melendugno, da cui si collega alla rete italiana di distribuzione, per una lunghezza complessiva del tracciato di 878 chilometri, di cui 33 in territorio italiano (8 su terraferma e 25 nelle acque territoriali).
Il gas naturale è una fonte di primo rilievo nel mix energetico a tutti i livelli: con una quota del 23%, rappresenta la terza fonte primaria più utilizzata al mondo dopo il petrolio e il carbone. Mostra la stessa incidenza nel mix di generazione elettrica, dove segue il carbone e le fonti rinnovabili, mentre con una percentuale del 42%, è la seconda fonte per gli usi termici, quasi alla pari con il carbone. Tra il 2000 e il 2018, la produzione globale di gas naturale ha continuato a crescere a un tasso medio annuo del 2,6% circa. Per l’Unione europea, inoltre, il gas naturale costituisce il 22% del mix primario di energia (+1,4 punti percentuali rispetto al 2000), secondo solo rispetto al petrolio, che tuttavia ha perso il 4,6% nel corso di 18 anni. Nello stesso periodo, le importazioni italiane di gas naturale sono aumentate del 18%: l’Italia è il secondo Paese Ue, dopo la Germania, per import di gas e incide per il 17% sull’import dell’Unione europea. Nel mix italiano dei consumi primari e della generazionale elettrica il gas naturale rappresenta la fonte principale di energia. Nel mix dei consumi finali, invece, presenta una quota del 29%, secondo solo al petrolio.
Il contributo di Tap, con una capacità attuale di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, al sistema energetico del Paese riguarda più la diversificazione delle fonti che il consumo ulteriore di gas. Da questo punto di vista, gli impegni che il governo italiano ha assunto con il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), coerentemente con gli scenari della Commissione europea, prevedono una riduzione del ricorso al gas per i prossimi decenni. Nello specifico, si stima che il fabbisogno italiano di gas naturale al 2030 si attesti a 49 Mtep, con una riduzione del 14% rispetto allo scenario base (che prevedeva 55,8 Mtep) e circa 7 Mtep meno di oggi. Si registrerebbe un picco al 2025 a causa dell’eliminazione del carbone dal mix di generazione elettrica, successivamente al quale il fabbisogno di gas andrebbe progressivamente riducendosi fino a 37,7 Mtep al 2040. Allo stesso modo, il consumo finale di gas al 2030 sarebbe pari a 28,3 Mtep (con una calo del 20% rispetto allo scenario base) per poi contrarsi a 23,8 Mtep nel 2040, circa 10 Mtep meno di oggi. Si prevede, inoltre, che la produzione interna di gas naturale dovrebbe ridursi al 2030 dell’8% rispetto allo scenario base per poi fermarsi a poco più di 1 Mtep nel 2040, un valore inferiore a un quarto se comparato alla produzione interna odierna. Le importazioni nette, che oggi superano i 50 Mtep, dovrebbero attestarsi nel 2030 a 46,5 Mtep (con un calo del 15% rispetto allo scenario base) per poi scendere a 39,7 nel 2040. Di conseguenza, si contrarrebbe la quota del gas naturale nel mix energetico. La proiezione PNIEC riporta una riduzione dell’incidenza del gas naturale nel mix energetico primario di 10 punti percentuali al 2040 se comparata alla scenario a politiche e misure correnti (30% contro 40%), sulla scorta dello sviluppo delle FER e dell’efficientamento energetico.
Tap, quindi, agirà soprattutto in termini di diversificazione e sicurezza degli approvvigionamenti e di sostegno alla flessibilità del sistema energetico nazionale. Al 2018 l’Italia presenta un valore dell’indice di dipendenza dall’import per il gas naturale pari a 92,9%, in decisa crescita rispetto all’81,1% del 2000. In condizioni congiunturali si potrebbe registrare anche una crisi di approvvigionamenti, in particolare nella stagione invernale come riportato da diverse analisi e simulazioni, a causa della crescita della domanda di punta di gas avvenuta negli ultimi anni e della diminuzione dei flussi da parte di metanodotti già in esercizio. Facciamo riferimento, tra le altre analisi, alla Formula N-1, utilizzata in sede europea, che calcola quanta parte della domanda massima giornaliera di gas del Paese sarebbe soddisfatta se si interrompesse il flusso da parte della principale infrastruttura di approvvigionamento, che per l’Italia è il metanodotto di importazione del gas russo. Per il nostro Paese, la Formula N-1 dà un valore pari a 88%, il terzo più basso dell’Unione europea dopo Malta (0%) e Bulgaria (36,2%). Si consideri che Germania, Spagna e Regno Unito presentano valori rispettivamente del 227, 127 e 125%. L’assetto attuale del sistema del gas naturale produce, inoltre, in Italia un più elevato costo dell’energia, considerato il più alto prezzo di scambio del gas naturale rispetto ai principali hub europei, a ragione di un’integrazione ancora incompleta del mercato italiano con i mercati più liquidi nord europei. Vedremo, pertanto, quale sarà l’impatto dell’entrata a regime di Tap sia sulla diversificazione degli approvvigionamenti sia sui prezzi del gas naturale.