A distanza di un anno e in una situazione emergenziale senza precedenti, si può affermare senza timor di smentita che il settore digitale abbia rappresentato l’asse portante di ampi segmenti del nostro sistema economico e sociale. Allo stesso tempo, però, ha portato a galla anche tutti i limiti del processo di digitalizzazione del nostro Paese. Se molti passi importanti sono stati fatti nel corso degli ultimi anni sul fronte dell’infrastrutturazione digitale, a poco serve avere reti all’avanguardia se non c’è chi le utilizza. Da qui l’esigenza di intervenire anche sul piano della domanda, stimolando la capacità di spesa di famiglie e imprese con strumenti che incentivino l’effettiva adesione degli utenti ai servizi ultra-broadband.
È all’interno di questo contesto che si pone il Piano Voucher connettività lanciato dal ministero dello Sviluppo economico e affidato operativamente a Infratel S.p.A., la società in-house del ministero cui è demandata la realizzazione e l’integrazione di infrastrutture a banda larga e ultra larga nelle aree a fallimento di mercato. Un’iniziativa di cui si discute da anni ma alla quale l’emergenza epidemiologica ha dato un’enorme spinta. L’esigenza di tenere connessa buona parte della popolazione e di garantire diritti essenziali – quali quelli allo studio e al lavoro – tramite la connettività ha rappresentato un giro di volta e in pochi mesi si è reso operativo il piano di sostegno alla domanda di servizi di connettività.
Il Piano Voucher – approvato lo scorso maggio dal Comitato per la diffusione della banda ultralarga (Cobul) – ha messo a disposizione oltre un miliardo di euro per l’erogazione di voucher per la connessione a banda ultralarga destinati a 2,2 milioni di famiglie e a 450.000 imprese in tutta Italia. L’operazione interesserà, dunque, fino all’8,5% dei nuclei familiare e al 9,8% delle imprese.
Il piano è articolato in due fasi: la prima è dedicata esclusivamente alle famiglie in condizioni economiche più disagiate, per le quali è previsto l’acquisto contestuale di un servizio di connettività e di un dispositivo (pc/tablet). La seconda, che invece è rivolta anche alle famiglie più abbienti e alle imprese, prevede che il bonus offerto riguardi solo la sottoscrizione di un abbonamento Internet.
Il programma vede le sue ragioni fondamentali nella carente cultura digitale del nostro Paese: il basso grado di penetrazione della banda ultralarga e lo scarso utilizzo sia di Internet che dei pc sono sicuramente gli elementi che hanno spinto il governo a procedere in questa direzione. Se n’è parlato nel corso del Video Talk dal titolo “Il Piano voucher tra sostegno alla domanda e competitività”, organizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) lo scorso 14 gennaio. Dal policy brief I-Com emerge che nell’utilizzo di Internet l’Italia è solo 24° in Europa, con un distacco di 10 punti percentuali dalla media del continente. Un ritardo, questo, che si riflette anche nel grado di diffusione della banda ultralarga, per cui solo meno di un terzo delle famiglie italiane (30,6%) ha sottoscritto un abbonamento in banda larga veloce (a fronte della media europea del 48,7%). Il ritardo peggiora se si guarda alle connessioni con velocità superiore a 100 Mbps.
Il dato appare ancor più grave se lo si confronta con la disponibilità di reti veloci, cui avrebbe accesso ormai quasi il 90% della popolazione italiana. D’altronde, se guardiamo all’utilizzo dei dispositivi che, tra le altre caratteristiche, consentono una piena fruizione delle opportunità offerte dalla rete, a oggi quasi un italiano su due ha dichiarato di non fare uso di un pc (o di utilizzarlo solo qualche volta all’anno).
La prima fase – avviata lo scorso novembre – conta a oggi quasi 110.000 voucher richiesti (oltre il 27% di quelli disponibili), di cui circa 70.000 attivati (17% del totale). 161 sono gli operatori accreditati e 101 quelli con offerte approvate. A ciò si aggiunga l’importante risultato di avere oggi una Broadband Map, la banca dati messa a punto dall’AGCOM in tempi brevissimi che consente di analizzare lo sviluppo dell’offerta di accesso a Internet al singolo indirizzo e di effettuare valutazioni comparative sulle diverse tecnologie e velocità.
Sebbene la scarsa alfabetizzazione digitale degli italiani rappresenti un problema così radicato da richiedere l’implementazione di misure dirette, il Piano Voucher rappresenta sicuramente uno step importante cui va riconosciuto il merito di poter ridurre il gap esistente tra offerta e domanda di servizi di connettività di qualità. Tuttavia, se la prima fase persegue una finalità emergenziale e assistenziale volta a sostenere le famiglie più disagiate, lo stesso non potrà dirsi della fase due. Che dovrà porsi l’obiettivo di compiere un salto tecnologico in direzione degli obiettivi fissati dalla Gigabit Society (e peraltro in accordo con le indicazioni provenienti dalla Commissione europea) e convogliare dunque la domanda verso scelte di consumo considerate meritorie dal punto di vista collettivo.
Staremo a vedere quali saranno le scelte per l’avvio della Fase 2, ma l’aspettativa è che vengano escluse dall’incentivo le connessioni con una velocità di 30 Mbps e che venga invece incluso nel perimetro anche chi scelga di fare un upgrade verso una connessione più performante, proprio al fine di perseguire l’auspicato salto tecnologico.
Infine, sebbene il Piano Voucher non nasca per essere una misura strutturale, sarebbe utile valutare l’idea di stabilizzare la misura nella forma di un bonus connettività – alla stessa stregua di quanto fatto per energia, gas e luce – riconoscendo la connettività a tutti gli effetti come un servizio essenziale e uno strumento di inclusione sociale. Allo stesso modo, si potrebbe giocare d’anticipo e considerare l’ipotesi di promuovere una misura simile per i prossimi step tecnologici che ci attendono, primo fra tutti il 5G.