Anche la moda, uno dei fiori all’occhiello dell’economia nostrana, ha archiviato il 2020 come un anno da dimenticare: il fatturato ha registrato una contrazione del 26%, corrispondente a ben 25,4 miliardi di euro. Solo nell’ultimo trimestre dell’anno la riduzione è stata del 20%, un calo ancora troppo marcato sebbene più contenuto rispetto alla prima parte dell’anno, (-36,2% e -39%, rispettivamente, nei primi due trimestri). E’ quanto diffuso da Confindustria Moda nella sua quarta indagine interna sull’impatto del Covid. Ciononostante, le imprese del settore hanno dimostrato comunque un forte dinamismo e hanno dato un forte contributo alla bilancia commerciale del nostro Paese, con un saldo di 17,4 miliardi di euro.
Le aspettative per il 2021 non sono rosee. Solo per il 2022 è attesa una ripartenza mentre per ritornare ai livelli pre-Covid bisognerà aspettare il 2023. Un piano di recupero appare necessario. E, ancora una volta, le nuove tecnologie sono in grado di fornire una risposta fondamentale.
La sfida del digitale non significa solo strategie omnichannel e presenza massiccia sul web. Gli investimenti e lo sviluppo in ambito tecnologico che le imprese italiane della moda devono affrontare sono molteplici. Non solo competenze tecniche, ma una trasformazione culturale, che si traduca in un ripensamento organizzativo e manageriale.
Le misure di distanziamento sociale hanno enfatizzato l’importanza del digitale quale strumento utile per il superamento della crisi. L’adozione delle nuove tecnologie consente di aumentare il livello di digitalizzazione dei processi aziendali (dalla progettazione alla vendita) e di fare leva sull’utilizzo di ambienti virtuali. Al tempo stesso, una riduzione dei costi è possibile grazie ai processi industriali di realizzazione dei prototipi. Infine, la digitalizzazione ricopre un ruolo positivo anche in termini di efficienza produttiva e trasparenza lungo tutta la catena del valore: l’automazione svolge un ruolo cruciale nel tracciamento del prodotto dal luogo di produzione in poi e riduce peraltro i problemi legati allo sfruttamento della manodopera. La transizione digitale rappresenta un’opportunità per le aziende del settore di sviluppare modelli di e-commerce resilienti, in grado di aumentare le vendite ma anche il ritorno sugli investimenti in social media.
La clientela sarà sempre più orientata verso l’acquisto online rispetto ai canali tradizionali. Il rafforzamento della presenza digitale consente inoltre di incoraggiare l’interazione con il consumatore non solo attraverso i social media, ma anche all’interno dello store mediante attività di gamification e intrattenimento: ad esempio, sarà possibile cambiare o scegliere i capi tramite dispositivi digitali (virtual showroom e cataloghi digitali) oppure di sviluppare modelli di abbigliamento 3D. L’utilizzo dell’augmented reality, inoltre, può consentire al cliente di testare prodotti e materiali. In questo caso tecnologie come il 5G possono supportare in modo concreto l’erogazione di contenuti ad alta definizione e la presenza dell’azienda sulle piattaforme digitali. Esempio ne è la Fashion Week, che per la seconda volta è un appuntamento tutto (o quasi) digitale, visibile sulla piattaforma della Camera della moda.
I nuovi modelli di consumo comportano, insomma, una profonda trasformazione del retail. Nel futuro i negozi fisici rimarranno strategici nel tempo, ma con numeri, ruolo e formati diversi.
L’impiego del personale sarà sempre più rivolto verso ruoli di assistenza alla vendita online e di profilazione dei potenziali clienti attraverso il monitoraggio della loro attività sui canali digitali. Infine, la creatività e gli investimenti dedicati alla formazione di digital skills saranno fondamentali per favorire il lancio di touch point innovativi.
Oggi appare fondamentale comprendere e definire le priorità, impostando correttamente il processo di trasformazione. Occorrerà gestire in maniera efficiente le risorse finanziarie, senza tralasciare lo sviluppo delle competenze e dei cambiamenti che caratterizzano il settore.