Sono stati quasi 750.000 i decessi in Italia nel 2020, di cui 75.000 segnalati dalla Sorveglianza nazionale integrata Covid tra febbraio e dicembre dello scorso anno. A rivelarlo è il quinto Rapporto prodotto dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) che contiene l’analisi della mortalità nel 2020 per il complesso dei decessi e per il sottoinsieme dei soggetti positivi al Covid-19 deceduti. Il documento fa, inoltre, il punto sulle principali caratteristiche dell’epidemia e i loro effetti sulla mortalità totale, con una distinzione tra la prima (febbraio-maggio 2020) e la seconda (ottobre-gennaio 2021) ondata epidemica.
Secondo il rapporto, nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, 100.526 in più rispetto alla media registrata dal 2015 al 2019 (15,6% di eccesso). In tale valutazione occorre tener conto che a gennaio e febbraio 2020 i decessi per il complesso delle cause sono stati inferiori di circa 7.600 unità a quelli della media dello stesso bimestre del periodo che va dal 2015 al 2019 e che i primi decessi di persone positive al Covid-19 risalgono all’ultima settimana di febbraio. Pertanto, se si stima l’impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale, è più appropriato considerare l’eccesso di mortalità verificatosi tra marzo e dicembre 2020. In questo periodo si sono osservati 108.178 decessi in più rispetto alla media dello stesso periodo del quinquennio precedente (21% di eccesso).
L’eccesso di mortalità è una misura che fornisce informazioni sia sugli effetti diretti che indiretti della pandemia. Con i primi si intende il numero di decessi direttamente correlati al Covid-19, con i secondi, invece, l’aumento di quelli legati alla debolezza indotta del sistema salute e di persone fragili con decorsi fatali.
A tale proposito, nel rapporto viene indagata anche la suddivisione dell’eccesso di morti nel 2020 per classi di età. Il contributo più rilevante è dovuto all’incremento dei decessi degli over 80, che spiega il 76,3% dell’eccesso di mortalità complessivo. In totale sono decedute 486.255 persone di questa categoria (76.708 in più rispetto al quinquennio precedente). L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni rappresenta il 20% mentre, in termini assoluti, l’aumento per questa fascia rispetto al dato medio degli anni 2015-2019 è di oltre 20.000 morti (per un totale di 184.708 nel 2020).
L’eccesso di decessi è solo in parte direttamente riconducibile ai pazienti affetti da Covid-19. Dall’inizio dell’epidemia e fino al 31 dicembre 2020 il loro contributo alla mortalità per il complesso delle cause è stato, a livello medio nazionale, del 10,2% con differenze fra le varie ripartizioni geografiche (14,5% al Nord, al 6,8% al Centro e 5,2% nel Mezzogiorno) e fasce di età (4,6% del totale nella classe 0-49 anni, 9,2 in quella 50-64 anni, 12,4 in quella 65-79 anni e 9,6% in quella degli ultra-ottantenni).
Dallo studio emerge che una porzione preponderante di morti in eccesso è da attribuire agli effetti indiretti della pandemia piuttosto che alle morti a causa Covid-19. Dunque, possiamo concludere che la vera criticità in questo periodo di emergenza è la debolezza indotta del sistema, intesa anche come la diminuzione della facilità e della possibilità di accesso alle cure, agli screening e alle visite per la popolazione non direttamente affetta dal virus.
Alla luce di questo e nella speranza che la nostra esperienza possa risultare in una diminuzione di questi indicatori il prossimo anno, ci sono alcuni fattori che devono essere considerati importanti: la rapidità della campagna vaccinale al fine di proteggere le categorie a rischio, il potenziamento dell’assistenza sia territoriale che ospedaliera per poter garantire la presa in carico dei pazienti e, in ultimo, il proseguimento contestuale delle misure di contenimento.