L’Health technology assessment per il rilancio del Servizio sanitario nazionale


Articolo
Maria Vittoria Di Sangro
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Di recente l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha definito l’Health technology assessment (HTA) uno degli strumenti fondamentali per garantire la sostenibilità, la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari a carattere universalistico, proprio come quello italiano (ne abbiamo parlato anche in questo VideoTalk con il responsabile del Centro nazionale per l’Health Technology Assessment dell’Istituto Superiore di Sanità Marco Marchetti).

Il nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn), sempre più a dura prova, necessita di risposte immediate in tema emergenziale e di soluzioni per un ripensamento del sistema nel lungo termine. Mai come in questo periodo di crisi dovuta alla pandemia, si è resa però evidente la necessità di far evolvere il modello di governance della sanità e permettere di snellire, velocizzare, razionalizzare i processi di valutazione delle tecnologie, dei farmaci, dei dispositivi medici e delle procedure sanitarie.

L’Health technology assessment (HTA) è un processo multidisciplinare che analizza e sintetizza le conoscenze scientifiche sugli aspetti sanitari, sociali, economici ed etici legati all’uso di una tecnologia sanitaria (tangibile o intangibile) per trasformarle in informazioni a disposizione dei decisori in un modo sistematico, trasparente, obiettivo e robusto.

In Italia, tuttavia, resta uno strumento ancora da implementare nonostante già dal 2015 siano stati fatti molti passi in avanti in ambito normativo, che però hanno trovato difficoltà e criticità nell’applicazione pratica. A partire dal 2007 e fino al 2015-2016 diverse attività di HTA già venivano svolte a vari livelli in Italia, senza che però esistesse una regia unica. Dopo il 2015 l’architettura istituzionale ha invece previsto un coordinamento centrale di una molteplicità di attori cui sono state attribuite funzioni diversificate. In questo quadro, le parti coinvolte avrebbero dovuto lavorare in modo sinergico ed efficace. E avrebbero dovuto realizzare i compiti che la Società Italiana per l’HTA (SIHTA) ha definito come obiettivi fondamentali di un’auspicabile agenzia unica per l’HTA. Le principali parti coinvolte sono l’Agenas, il Centro nazionale per l’HTA dell’Istituto superiore di sanità, la Cabina di Regia per l’HTA e la SITHA. Inoltre, sono state istituite diverse reti e network collaborativi, sia nel contesto nazionale che europeo. Tra questi, la Rete Italiana HTA (RIHTA) e lo European Network for HTA (EUnetHTA). L’HTA Core Model è tra i principali strumenti messi a disposizione dall’EUnetHTA allo scopo di proporre una metodologia univoca per la produzione e la diffusione di report sul tema e facilitare la cooperazione internazionale e la condivisione di informazioni.

Le iniziative intraprese in questa direzione non si sono però inserite in un disegno organico per un sistema HTA italiano e, di conseguenza, europeo. Il tassello mancante (e cruciale) risulta essere l’adattamento di ogni attività HTA sui vari livelli del Servizio sanitario nazionale: “macro” (pianificazione e programmazione nazionale, regionale e delle province autonome), “meso” (gestione delle strutture sanitarie), e “micro” (decisioni del singolo professionista su ciascun paziente/cittadino).

Bisogna considerare il Servizio sanitario nazionale come un ecosistema nel quale vengono immesse risorse, che ne escono come outcome di salute. In quest’ottica, le criticità che emergono da un’applicazione non sistematica delle pratiche di HTA sono di varia natura. Sicuramente, l’applicazione non omogenea dei criteri per il decision making sui vari livelli portano a un inasprimento delle differenze intra e interregionali per l’accesso alle cure. Ad esempio, in alcune strutture sanitarie vengono utilizzati devices e pratiche che in altre strutture ospedaliere (anche nella stessa regione) non vengono considerate. Questo porta alla creazione di importanti differenze tra chi ha la possibilità di spostarsi per poter usufruire di pratiche innovative e chi, invece, si affida alla struttura più prossima. Una  dinamica, questa, ormai all’ordine del giorno in moltissime aziende sanitarie: non è collegata ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e ne mina l’efficacia di applicazione.

L’utilità delle pratiche HTA non si dovrebbe limitare alle decisioni legate all’immissione nel mercato di nuove tecnologie. In realtà, possono creare valore soprattutto nella fase dell’assessment. In questo modo, si consentirebbe di liberare risorse che possono essere dedicate a investimenti più innovativi e cost-efficient.

È indubbio che esistano criticità nell’attuale assetto normativo e si ravvisa la necessità di attivare sinergie e interazioni ai vari livelli istituzionali volte a definire un nuovo ruolo per l’HTA, improntato ai fondamentali principi di trasparenza e indipendenza e basato sull’applicazione di un metodo scientifico rigoroso. Solo così sarà possibile incidere nelle attività di governance delle tecnologie sanitarie, come già accade in altri Paesi europei ed extra europei, con l’obiettivo fondamentale di fornire ai cittadini le migliori e più efficaci tecnologie sanitarie per la tutela della salute.

Le problematiche riscontrabili nel nostro Paese spaziano dalla frammentazione delle competenze alla mancanza di coordinamento delle attività valutative. Così come dei metodi stessi, dalla esiguità delle valutazioni prodotte alla loro stessa scarsa tempestività (entrambi elementi che inficiano anche la possibilità di renderle fruibili ed efficaci), dall’assenza di coinvolgimento di alcuni stakeholder alla mancata valutazione di interi comparti tecnologici. E ancora, dall’esclusione delle unità ospedaliere di HTA alla disconnessione con le politiche di prezzo e le pratiche di acquisto. In sintesi, sebbene l’HTA sia presente da molti anni nel sistema normativo e nei documenti di indirizzo e di programmazione di diverse istituzioni ai vari livelli, lo strumento non è stato sinora in grado di incidere sulle scelte di governo e contribuire per il suo potenziale all’innovazione delle tecnologie sanitarie.

In conclusione, risulta sempre più necessario creare meccanismi di coordinamento tra le istituzioni esistenti, con l’obiettivo di inserire e declinare le pratiche di HTA per ogni esigenza, dall’aggiornamento dei LEA ai processi di acquisto e negoziazione dei prezzi. Alcune attività propedeutiche alla creazione di un ecosistema HTA non sono ancora previste dalla normativa, ne è un esempio la produzione di evidenze scientifiche, sulle quali si basa ogni valutazione.

L’Health technology assessment si pone quindi come uno strumento sempre più necessario per la sostenibilità e la qualità di ogni sevizio sanitario. La strada da percorrere affinché possa essere utilizzato efficacemente in Italia è ancora lunga, ma sono già stati fatti molti passi avanti.

Nata a Roma nel 1997, Maria Vittoria Di Sangro ha iniziato i propri studi mossa dalla curiosità per le lingue e le culture straniere. Una passione, questa, che l’ha portata a vivere numerose esperienze formative all’estero.

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