La concorrenza non ha certamente come obiettivo primario la promozione della sostenibilità ambientale. Tuttavia, se integrata con gli strumenti della regolazione e la leva fiscale, può contribuire a orientare i sistemi economici e industriali sul sentiero della transizione ecologica. Anche per questo motivo è utile guardare alla segnalazione che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha inviato alla presidenza del Consiglio dei ministri.
L’Antitrust, pertanto, ha risposto positivamente all’appello che il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva rivolto alla stessa autorità dall’aula del Senato durante le proprie dichiarazioni programmatiche: “Il Next Generation Eu prevede riforme. Alcune riguardano problemi aperti da decenni ma che non per questo vanno dimenticati”, aveva sottolineato, prima di ricordare come tra questi vi fosse “la certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico, fattori che limitano gli investimenti, sia italiani che esteri. Inoltre la concorrenza: chiederò all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato di produrre in tempi brevi come previsto dalla Legge Annuale sulla Concorrenza (Legge 23 luglio 2009, n. 99) le sue proposte in questo campo”. Qualche settimana dopo, l’8 marzo, la presidenza del Consiglio ha formalizzato la richiesta all’Antitrust.
Buona parte delle raccomandazioni dell’Agcm sulla sostenibilità ambientale concernono questioni di carattere infrastrutturale, a partire dalle reti di ricarica delle auto elettriche, essenziali per la crescita della mobilità alternativa che rappresenta una quota sempre più importante del nuovo immatricolato in Italia. In questo ambito, le proposte sono finalizzate a sostenere uno sviluppo concorrenziale, con la previsione per le pubbliche amministrazioni e i concessionari pubblici di adottare procedure trasparenti e non discriminatorie per l’assegnazione degli spazi pubblici e/o per la selezione degli operatori per l’installazione delle colonnine di ricarica. In entrambi i casi, il prezzo dei servizi di ricarica sarebbe l’unico parametro di valutazione e la neutralità tecnologica e l’interoperabilità degli impianti andrebbero assicurate.
L’economia circolare è un settore in grado di creare al 2030, secondo varie stime, circa 700.000 posti di lavoro. Proprio per questo appare opportuno favorire dinamiche concorrenziali nelle varie fasi della filiera della gestione dei rifiuti, eliminando la durata minima di cinque anni prevista per gli accordi che le utenze non domestiche devono stipulare con il gestore pubblico o con l’operatore privato per la raccolta e l’avvio al recupero dei rifiuti. Questa previsione viene ritenuta discriminatoria poiché, se è possibile rientrare nella gestione pubblica in ogni momento, anche prima del decorso dei cinque anni, non è prevista la medesima possibilità per il settore privato. Per gli stessi scopi, si suggerisce che le attività di gestione integrata dei rifiuti urbani affidate in via esclusiva non ricomprendano, oltre alle attività di raccolta, trasporto e avvio al recupero e allo smaltimento, quelle attività di recupero e smaltimento disponibili in regime di libero mercato. Il gestore affidatario è perciò tenuto a svolgere procedure competitive, che non favoriscano sue controllate e/o collegate. L’Antitrust è intervenuta anche sull’effettiva apertura al mercato dei servizi di compliance alla responsabilità estesa del produttore per i produttori di imballaggi.
Sempre nell’ambito della gestione dei rifiuti, un tema caldo è rappresentato dallo sviluppo dell’impiantistica, di cui si avverte carenza in particolare nel Centro e nel Sud Italia, che non riescono a trattare tutto il rifiuto urbano residuo raccolto. Le misure di snellimento burocratico e la certezza delle tempistiche, insieme a incentivi e compensazioni adeguate per enti locali e popolazioni coinvolte, sono essenziali per irrobustire la dotazione di impianti in modo omogeneo sul territorio nazionale.
Tra le proposte dell’Antitrust, fa capolino anche l’annosa questione degli oneri generali di sistema, che pesano per più di un quinto sulla bolletta elettrica dei consumatori e hanno raggiunto un volume complessivo di 14 miliardi di euro circa. In questo ambito, in un’ampia discussione in corso da anni, l’Agcm si schiera con chi chiede che gli oneri di sistema vengano esclusi dalla bolletta e posti a carico della fiscalità. Tuttavia, l’autorità fa anche qualche passo in più, chiedendo che, più che a spese della fiscalità generale, gli oneri di sistema siano corrisposti perseguendo finalità ambientali e, nello specifico, che gravino sul consumo di combustibili fossili nel riscaldamento e nei trasporti. Nella prospettiva di un’attuazione graduale di questa riforma, si chiede nel breve periodo di espungere dalla bolletta le componenti degli oneri maggiormente improprie (ad esempio i costi di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse) e di porle a carico del bilancio dello Stato. Si avanza, inoltre, l’idea di trasferire dallo Stato alla Cassa per i servizi energetici e ambientali una parte del gettito derivante dalla vendita all’asta dei permessi di emissione di CO2, da utilizzare per il finanziamento degli oneri di sistema.
Su fronte delle concessioni in materia energetica, si richiedono procedure uniche nazionali per l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico (e requisiti di ammissione né discriminatori né eccessivamente gravosi per operatori nuovi) e l’accelerazione dello svolgimento delle gare per Ambito Territoriale Minimo (ATEM) per i servizi di distribuzione del gas naturale.
Se si parla di concorrenza ed energia, l’Antitrust non poteva non affrontare il tema del superamento delle tutele di prezzo nei mercati retail, che dovrebbe essere portato a termine con un ritardo di quasi quattro anni rispetto a quanto disposto dalla legge sulla Concorrenza del 2017 e a conclusione di un percorso di liberalizzazione di circa venticinque anni. Più nello specifico, l’Agcm chiede che, per favorire uno sviluppo pienamente concorrenziale del mercato al dettaglio dell’elettricità, l’Arera definisca le procedure di selezione dei fornitori del servizio a “tutele graduali” per il settore domestico e le microimprese rifacendosi a quanto già disposto con il decreto del ministero dello Sviluppo economico del 31 dicembre scorso per le piccole imprese e alcune microimprese. Si chiede, inoltre, che Acquirente Unico concluda l’iter entro il 31 dicembre 2021. Per le imprese titolari di concessioni per la distribuzione elettrica che servono più di 100.000 utenze, si prevede che predispongano entro il 2022 Piani per la sostituzione dei contatori con misuratori a funzionalità 2G. La diffusione degli smart meter, supportando un monitoraggio efficiente e puntuale dei consumi elettrici, incentiva comportamenti consapevoli del consumatore improntati all’efficienza energetica e, in questo modo, favorisce una maggiore partecipazione dal lato della domanda al mercato dell’energia.