Multinazionali, l’impatto del Covid (a più di un anno dalla pandemia) secondo Mediobanca


Articolo
Thomas Osborn
multinazionali

A più di un anno dalle prime chiusure forzate e dallo scoppio della crisi sanitaria ed economica, i dati del nuovo rapporto pubblicato dell’Area Studi Mediobanca evidenziano numerose per le grandi multinazionali di quasi tutti i settori. A salvarsi dalla morsa del 2020 sembrano essere in pochi, con molte grandi aziende che hanno riportato danni a bilanci e quotazioni in borsa, numerosi investimenti compromessi o rimandati e crollo dell’occupazione.

IL RAPPORTO DELL’AREA STUDI MEDIOBANCA

La ricerca condotta da Mediobanca, che fa un focus sull’impatto della pandemia sui bilanci 2020 delle grandi multinazionali mondiali, ha preso in esame quasi 200 grandi multinazionali con fatturato annuale superiore a 3 miliardi di euro, per ricavi complessivi pari a oltre 8.000 miliardi e 21 milioni di occupati nel mondo. Il quadro riportato fa emergere come tutti i segmenti dell’industria mondiale siano stati toccati dagli effetti del Covid, sebbene sia presente una divergenza tra comparti ancora in fortissima crisi e quelli che hanno già iniziato a recuperare.

I SETTORI IN DIFFICOLTÀ

Benché in media i profitti delle maggiori multinazionali mondiali abbiano subito una contrazione del 3,1% rispetto al 2019, numerose categorie hanno fatto registrare numeri decisamente più preoccupanti che superano ampiamente anche la doppia cifra. I settori più in difficoltà sono stati quelli per cui chiusure e distanziamenti hanno pesato di più, come l’Oil&Gas (-32,9%), i trasporti (-26,8%) e la moda (-17,3%).

Le importanti flessioni negli utili hanno avuto ripercussioni anche negli investimenti, con numerose multinazionali che, secondo il rapporto Mediobanca, “hanno reagito alla crisi posticipando i loro progetti per poterli riproporre in futuro in uno scenario normalizzato”. Anche in questo caso, i picchi negativi sono stati registrati dalle multinazionali del settore dell’abbigliamento e sartoria (-30,6%), dei produttori di automobili e aerei (-26,4%) e del comparto energetico (- 25,3%).

SEGNALI POSITIVI PER LE INDUSTRIE DEL WEB E DELL’AGROALIMENTARE

Tra quelli che non hanno subito rallentamenti nella produzione neanche nei mesi peggiori della pandemia troviamo l’agroalimentare e, soprattutto, l’intero comparto dei beni e servizi digitali. Secondo l’analisi firmata Mediobanca, gli operatori di questi campi presentano dati più confortanti e talvolta addirittura in crescita. È questo il caso delle multinazionali del WebSoft che, attraverso la fornitura di software e servizi digitali, hanno saputo approfittare dell’accelerazione impressa dalla pandemia ai cambiamenti negli stili di vita e continuano a crescere del +19,5%.

Gli aumenti di fatturato hanno riguardato anche la grande distribuzione (+8,5%), sebbene sia importante sottolineare come questa sia stata fortemente trainata dalle vendite online (+115%), con grandi piattaforme come Amazon e Alibaba che hanno segnato un incremento dei profitti di quasi il 40%. Il rapporto dell’Osservatorio sulla GDO italiana e internazionale, redatto sempre dall’Area Studi di Mediobanca e pubblicato a inizio marzo, aveva inoltre riportato incrementi molto marcati per i Discount (+8,7%), i Super (+6,8%) e i Drugstore (+6,6%). Oltre a questi settori, anche i comparti dell’alimentare e dell’elettronica hanno incrementano il fatturato in ciascun trimestre del 2020, con una crescita rispettiva del 7,9 e del 5,4% mentre per le case farmaceutiche, Mediobanca riporta un discreto +3%.

Come prevedibile, l’andamento degli investimenti dell’ultimo anno ha seguito quello dei ricavi, con il primato per crescita che si conferma nelle mani delle multinazionali del web (+32,3%). Dati particolarmente rilevanti riguardano anche il settore dei pagamenti digitali (+11,9%), forti del boom dell’e-commerce, e le case farmaceutiche (+10,1%), per le quali Mediobanca evidenzia anche un incremento del +4,8% nelle spese di ricerca e sviluppo.

EFFETTI SU LAVORO E QUOTAZIONI IN BORSA

Nonostante la generale contrazione nel numero di ore lavorate nel corso dell’ultimo anno, le analisi di Mediobanca dimostrano che l’adozione di misure volte alla salvaguardia dell’occupazione ha consentito di evitare un crollo generale del numero degli occupati a livello mondiale. Complessivamente il dato sulla forza lavoro delle maggiori multinazionali presenta persino un leggero incremento rispetto al 2019 (+1,5%), forte della ripresa dell’economia cinese e delle assunzioni effettuate dalle WebSoft (+29,6%), senza le quali il dato generale della forza lavoro impiegata segnerebbe un calo dell’1,3%.

Ma se per la cosiddetta economia reale si stenta ancora a parlare di fase di ripresa, uno scenario completamente diverso riguarda gli andamenti della borsa. Dopo il forte calo registrato nel primo trimestre del 2020, Mediobanca riporta una capitalizzazione complessiva delle maggiori multinazionali (al 26 marzo 2021) che supera del 15,4% le quotazioni di fine 2019. Anche in questo caso i maggiori rialzi riguardano le aziende attive nei campi tecnologici, con le compagnie del web che hanno registrato un +37,4% e quelle dell’elettronica un impressionante +41,9%. In calo a doppia cifra le performance di borsa dei produttori di aeromobili (-25,6%), dei colossi dell’Oil&Gas (-13,9%) e delle multinazionali delle Bevande (-10,1%).

DIFFERENZE A LIVELLO GEOGRAFICO

Le grandi disomogeneità sugli effetti della pandemia non riguardano solo i settori industriali. Mediobanca evidenzia che anche a livello geografico sono presenti grandi differenze tra i Paesi ancora in ginocchio e quelli che sembrano aver già superato ampiamente la crisi. Nel corso dell’ultimo anno sono rimasti pressoché invariati i ricavi delle multinazionali dell’area Asia-Pacifico e di quelle americane mentre le europee hanno subito il contraccolpo più duro (-14,5%). Tra i paesi dell’Unione, l’Italia è quello in cui le multinazionali presentano i cali maggiori (con una media del -29,0%), anche per via dell’assenza di grandi operatori nella new economy e nell’elettronica.

Continuano invece a volare le multinazionali cinesi. Il Paese asiatico è stato il primo a sperimentare gli effetti della crisi, ma anche il primo a rialzarsi con una crescita dei ricavi a fine 2020 dell’11,2% e dell’occupazione pari all’8%. Notizie meno positive arrivano invece dalle piccole e medie imprese orientali, con il Sole 24 Ore che riporta rallentamenti tra aziende private cinesi a causa del forte aumento dei costi, che sono al massimo da 40 mesi.

Dopo la laurea triennale in Economics and Business all’Università LUISS, ha conseguito la laurea magistrale in Economics presso l’Università di Roma Tor Vergata con una tesi sperimentale in Economia del Lavoro su come l’introduzione di congedi di paternità influenzi gli esiti occupazionali ed economici delle madri.

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