Piano nazionale di ripresa e resilienza, cosa è previsto per la salute?


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Eleonora Mazzoni
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Con l’approvazione prima della Camera e poi del Senato, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) presentato dal presidente del Consiglio Mario Draghi ha avuto il via libera definitivo. Il piano è di ingenti dimensioni economiche, grazie ai fondi straordinari messi a disposizione dall’Unione europea proprio per fare fronte alle conseguenze economiche e sociali provocate dalla pandemia da Covid-19.

Come viene sottolineato nel documento stesso, l’emergenza ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei: il nostro Pil nel 2020 si è ridotto dell’8,9%, a fronte di un calo in media nell’Unione europea del 6,2. Inoltre, questa crisi si è abbattuta su un’Italia già fragile dal punto di vista economico e sociale: basti pensare che negli ultimi venti anni, tra il 1999 e il 2019, il prodotto interno lordo italiano è cresciuto in totale del 7,9% mentre quello della Germania ha registrato una crescita del 30,2% e quello della Spagna del 43,6.

In particolare, è stato deludente l’andamento della nostra produttività, con un forte ritardo anche nel saper cogliere le opportunità offerte dal digitale, ma non solo. Per questo il piano prevede lo stanziamento di una potenza di fuoco (40,73 miliardi di euro) per la digitalizzazione e l’innovazione della pubblica amministrazione e del tessuto produttivo e per gli investimenti in turismo e cultura 4.0. Questa missione, la prima del piano, cuba da sola circa il 22% delle risorse messe a disposizione dall’Ue.

Il governo ha predisposto uno schema di governance del piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha il compito di supervisionarne l’attuazione e di inviare le richieste di pagamento alla Commissione europea, una volta raggiunti gli obiettivi previsti. Sono previste, inoltre, una serie di strutture di valutazione e di controllo mentre le amministrazioni sono responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme e dovranno inviare i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale. Nel piano si legge anche che il governo costituirà delle task force locali per aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e semplificare le procedure.

Per le sei missioni del Pnrr (digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute) dall’Unione arriveranno quindi 192,5 miliardi di euro. A patto, però, che l’Italia sia capace di rispettare gli impegni presi, che in realtà nel suo complesso valgono molto di più (248 miliardi di euro). Il finanziamento di tutti i progetti sarà possibile grazie ad altri fondi che si aggiungono a quelli europei (30,6 miliardi di euro del fondo complementare e 26 miliardi di euro destinati a opere specifiche). La differenza la fanno i vincoli: i 192,5 miliardi di euro andranno impegnati entro il 2023 e spesi entro il 2026 con obbligo di rendicontazione a Bruxelles.

In questi mesi ci siamo chiesti e abbiamo ragionato su quale spazio avrebbe avuto la salute all’interno di questo piano epocale. Abbiamo ragionato e discusso tutti i giorni di quanto l’emergenza sanitaria avesse evidenziato le enormi criticità che affliggevano il nostro Servizio sanitario nazionale. Il Pnrr rappresenta la resa dei conti. È la risposta in chiave non emergenziale del governo a molteplici domande: come lo rafforziamo questo sistema? Come farlo diventare resiliente e capace di sopportare sulle sue spalle le future crisi che verranno? E nel frattempo garantire i migliori outcomes di salute per i cittadini, in primis secondo criteri di equità? Per la missione salute (la sesta del piano) sono stati stanziati 15,6 miliardi di euro, circa l’8% del totale delle risorse europee, ma naturalmente molti degli interventi previsti nelle altre missioni, in particolare la prima (digitalizzazione) e la quinta (inclusione e coesione), dovranno fare da volano alla possibilità di mettere a terra i progetti contenuti nella sesta missione, agendo in modo sinergico.

La missione salute si articola in due macro componenti:

• Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. Gli interventi di questa sezione intendono rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), il rafforzamento dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari (7 miliardi di euro);
• Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale. Le misure incluse in questa componente consentiranno il rinnovamento e l’ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti, il completamento e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), una migliore capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) attraverso più efficaci sistemi informativi. Rilevanti risorse sono destinate, inoltre, alla ricerca scientifica e al trasferimento tecnologico, oltre che a rafforzare le competenze e il capitale umano del Servizio sanitario nazionale anche mediante il potenziamento della formazione del personale (8,63 miliardi di euro).

La prima componente è la risposta al tanto agognato rafforzamento dell’assistenza territoriale. Si punta, in particolare, sul potenziamento dell’assistenza domiciliare (4 miliardi), sulle case della salute (2 miliardi) e sullo sviluppo delle cure intermedie (1 miliardo). Per l’assistenza domiciliare l’obiettivo è quello di aumentare il volume delle prestazioni fino a prendere in carico il 10% della popolazione di età superiore ai 65 anni entro la metà del 2026, anche attraverso investimenti in telemedicina e la creazione di centrali di coordinamento dei servizi domiciliari con altri servizi sanitari. L’investimento nelle case della salute prevede invece l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026, che potranno sfruttare sia strutture già esistenti sia nuove, mentre lo sviluppo delle cure intermedie sarà possibile con la realizzazione di 381 Ospedali di Comunità. Si tratta di strutture sanitarie della rete territoriale a ricovero breve e destinate a pazienti che necessitano di interventi sanitari a media/bassa intensità clinica e per degenze di breve durata. La gestione di queste strutture è prevalentemente infermieristica. Naturalmente la seconda componente della missione dovrà imperativamente agire insieme alla prima.

Degli 8,63 miliardi destinati al secondo capitolo della missione (Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale), la maggior parte (7,36 miliardi) sarà dedicata all’aggiornamento tecnologico e digitale mentre i restanti 1,26 miliardi di euro verranno usati per la formazione, la ricerca scientifica e il trasferimento tecnologico.

Nell’aggiornamento tecnologico e digitale rientra la riorganizzazione della rete degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) attraverso la revisione del loro assetto regolamentare e del regime giuridico, che dovrà essere attuata con un decreto legislativo entro la fine del 2022, l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, il miglioramento nel campo della sicurezza strutturale e sostenibilità degli ospedali e il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione.

Di questo farà anche parte il potenziamento dell’infrastruttura tecnologica del ministero della Salute, il miglioramento della raccolta, del processo e della produzione di dati del Nuovo sistema Informativo Sanitario a livello locale, lo sviluppo di strumenti di analisi avanzata per studiare fenomeni complessi e scenari predittivi al fine di migliorare la capacità di programmare i servizi sanitari e rilevare malattie emergenti e la creazione di una piattaforma nazionale dove domanda e offerta di servizi di telemedicina forniti da soggetti accreditati possa incontrarsi.

Gli interventi compresi nella componente formazione, ricerca scientifica e trasferimento tecnologico, riguardano invece la valorizzazione e il potenziamento della ricerca biomedica del Servizio sanitario nazionale attraverso il finanziamento di progetti proof of concept, di programmi di ricerca o progetti nel campo delle malattie rare e dei tumori rari e di programmi di ricerca su malattie altamente invalidanti. Tali bandi di gara e finanziamenti andranno assegnati ed erogati tra la fine del 2023 e la fine del 2025. Inoltre, altri investimenti di questo capitolo andranno allo sviluppo delle competenze tecniche, professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario, necessità che è apparsa evidente in concomitanza con l’emergenza sanitaria.

Direttore Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia Politica presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza, con una tesi sperimentale sulla scomposizione statistica del differenziale salariale tra cittadini stranieri ed italiani.

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