Cambiamento climatico, grazie alla finanza sostenibile anche le banche sono in prima linea


Articolo
Giusy Massaro
banche

Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia pressante e pone grandi rischi per l’economia globale. I policy maker sono consapevoli non solo di quanto sia importante e urgente fronteggiare questo processo, ma anche del fatto che questo tema sia sempre più interconnesso con il campo della finanza. Il connubio tra quest’ultimo e la sostenibilità è ormai molto forte e, negli ultimi anni, la cosiddetta finanza sostenibile ha registrato una crescita significativa a livello mondiale. Si pensi che, secondo Bloomberg NEF, nel 2020 gli investimenti globali nella transizione energetica a basse emissioni di carbonio hanno raggiunto i 501,3 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 458,6 del 2019 e agli appena 235,4 del 2010. In questo contesto l’Europa viaggia veloce, addirittura si gioca la prima posizione con la Cina.

Nell’ambito della finanza sostenibile, poi, un ruolo chiave lo giocano i green bond, ossia quelle obbligazioni che da un lato offrono rendimenti finanziari al pari di qualunque altro titolo obbligazionario mentre dall’altro garantiscono ritorni in termini ambientali, in quanto finanziano attività e progetti con ricadute positive sull’ambiente. Questo mercato ha preso particolarmente piede negli ultimi anni: secondo i dati rilasciati da Climate Bonds Initiative, si è raggiunto un valore complessivo di quasi 300 miliardi di dollari, di cui oltre la metà solo in Europa, che sotto questo profilo detiene la leadership globale.

In un simile scenario è facile comprendere come stia cambiando anche il ruolo delle banche che, in qualità di principale fornitore di credito, rappresentano un attore chiave nel processo di evoluzione del settore finanziario verso uno sviluppo “climate-resilient”. In un recente paper della Banca centrale europea, si indaga come le politiche di regolamentazione rivolte al clima possano impattare sulle scelte degli istituti bancari nell’erogare credito alle società inquinanti. Un lavoro molto interessante e con importanti implicazioni politiche, che sottolinea il ruolo centrale di questi soggetti nell’attuazione di politiche significative sul riscaldamento globale: la regolamentazione verde in ambito bancario potrebbe avere un impatto sul miglioramento del cambiamento climatico e, di conseguenza, le banche centrali e le autorità bancarie potrebbero risultare figure chiave nel plasmare questo dibattito.

Il paper si concentra in particolare su come le banche hanno reagito all’accordo di Parigi del 2015 e alla successiva decisione, nel 2017, dell’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump di venir meno agli impegni sottoscritti. Dallo studio emerge che, in entrambi i casi,  gli istituti bancari europei hanno riallocato il credito e, di conseguenza, ridotto notevolmente la quota di prestiti erogati alle imprese più inquinanti. Dunque, le iniziative relative al cambiamento climatico, la maggiore consapevolezza dei rischi a esso connessi e l’anticipazione di politiche più rigorose spingono le banche a orientarsi verso attività più verdi e ad allontanarsi dai settori più nocivi per il clima. Il rapporto dimostra, inoltre, che le banche con minore qualità del credito, profitti più bassi e livelli di capitale elevati reagiscono prima e con maggiore forza alle azioni di politica climatica.

Anche nel sistema finanziario internazionale c’è un’attenzione consistente ai temi della sostenibilità. Nel 2017 è nato il Network for Greening the Financial System, una rete globale di banche centrali e autorità di supervisione finalizzata alla condivisione di buone pratiche e alla formulazione di raccomandazioni sulla gestione dei rischi ambientali in ambito economico e finanziario. D’altronde, anche il presidente della Bce Christine Lagarde ha dichiarato a inizio anno che il cambiamento climatico sarà al centro della revisione delle politiche dell’istituzione finanziaria. A tal proposito ha annunciato la creazione di un team per il clima e l’ingresso nel fondo green bond della Bank for International Settlements, che investe nella produzione di energie rinnovabili, nell’efficienza energetica e in altri progetti sostenibili.

Insomma, anche le banche centrali internazionali non restano a guardare e vogliono sfruttare le opportunità della finanza verde, il cui successo è testimoniato pure dal rendimento delle azioni di clean energy. Secondo Carbon Tracker, dal 2012 al 2020 le azioni emesse in Borsa dai produttori di combustibili fossili (per un totale di 453 miliardi di dollari) hanno finito per perdere 123 miliardi di dollari, di cui 85 solo nel segmento Oil & Gas. Mentre, nello stesso periodo, il valore delle transazioni di Borsa compiute dalle utility elettriche è aumentato di 119 miliardi di dollari in termini assoluti e quello delle azioni emesse dalle compagnie delle energie pulite è salito di 77 miliardi di dollari.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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