Buone notizie dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: secondo il rapporto pubblicato qualche giorno fa, l’economia italiana è in fase di ripresa dopo la tremenda crisi provocata dal Covid-19. La grave contrazione economica registrata nel 2020 – con il Pil che è diminuito di quasi il 15% rispetto ai livelli del 2015, un calo nettamente superiore alla media dei Paesi Ocse – potrebbe ormai essere solo un brutto ricordo.
Si prevede che nel primo semestre del prossimo anno il prodotto interno lordo possa ritornare ai livelli del 2019, con stime intorno al +6% per il 2021 e al +4% per il 2022. Si tratterà di una crescita spinta soprattutto da esportazioni e investimenti nel settore privato, a loro volta sostenuti da maggiori investimenti pubblici.
Secondo l’Ocse occorre senz’altro proseguire con la politica fiscale in atto a sostegno di famiglie e imprese mentre, una volta consolidatasi la ripresa, dovranno essere messe in campo misure per favorire soprattutto la creazione di posti di lavoro. Per far fronte alla debole crescita economica e all’invecchiamento della popolazione – due aspetti che caratterizzavano il nostro Paese già prima della crisi pandemica – appare necessario affrontare le sfide strutturali di lungo periodo: prima fra tutte, invertire la tendenza nostrana alla stagnazione del Pil pro-capite, rispetto al quale l’Italia segna addirittura un -10% circa rispetto all’inizio del terzo millennio, a fronte di tassi di crescita positivi e consistenti sia per l’Unione europea che per i Paesi Ocse che, nonostante il forte impatto negativo della pandemia, hanno chiuso il 2020 con una crescita tra il 15 e il 20% rispetto al 2000.
Tra le altre sfide strutturali vi sono certamente i bassi livelli di investimenti, produttività e occupazione, così come l’inefficienza/inefficacia della pubblica amministrazione e i forti divari regionali.
Se da un lato preoccupano investimenti e produttività, non da meno è la questione occupazionale, che richiederà, a parere dell’organizzazione, un adeguamento delle imposte sul lavoro volto a ridurre il cuneo fiscale e una crescita della quantità e della qualità delle competenze: occorre non limitarsi a politiche di incentivo alle assunzioni, ma concentrarsi anche sulla formazione dei lavoratori, al fine di contrastare i bassi livelli di alfabetizzazione digitale e apprendimento continuo.
Ma a destare grande preoccupazione è anche il settore pubblico, la cui efficienza – sottolinea il rapporto – più che mai appare essenziale per sostenere la ripresa. Un’efficace riforma della pubblica amministrazione passa da una migliore definizione delle priorità della spesa pubblica, da una revisione del contesto normativo di riferimento che alleggerisca l’onere normativo, nonché da un processo di rinnovamento del personale pubblico.
Occhi puntati, poi, sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che mira proprio a una crescita più produttiva e sostenibile. Nonostante l’agenda legislativa per la realizzazione delle riforme previste dal Pnrr sia impegnativa, l’Ocse guarda con una certa fiducia alla nostra capacità di attuare con successo le riforme strutturali programmate.