Il mercato del lavoro, senza ombra di dubbio, nel prossimo decennio è destinato a cambiare. Si tratta di una trasformazione dovuta allla circostanza che l’avvento di tecnologie avanzate come quelle già presenti sul mercato, ad esempio, la robotica e il machine learning, o che si affacceranno nei prossimi anni, farà sì che alcune tipologie di figure professionali, tra quelle più “tradizionali”, da qui a breve, potrebbero diventare obsolete.
Sicuramente, le attività ripetitive e di routine saranno più soggette all’automazione mentre quelle creative o basate sull’interazione sociale avranno meno probabilità di essere sostituite da macchine e/o computer.
Secondo i recenti dati del Bureau of Labor Statistics (BLS) degli Stati Uniti, tra il 2020 e il 2030 verranno creati, nel solo mercato statunitense, 11,9 milioni di nuovi posti di lavoro, con un tasso di crescita complessivo del 7,7%. Tuttavia, alcuni posizioni lavorative, specie nel settore amministrativo e in quello della produzione e vendita di beni e servizi, stanno registrando un calo.
In particolare, in vetta alla classifica delle figure professionali che rischiano di più troviamo i dattilografi, ma anche i parcheggiatori e gli addetti ai reattori nucleari. Seguono gli operatori telefonici, gli addetti alle vendite porta a porta, i segretari e gli assistenti amministrativi. Per non considerare poi i cassieri e gli addetti contabili.
Dunque, anche se al momento i dati esistenti non consentono valutazioni precise, è opportuno sottolineare che il fattore comune a molti di questi mestieri a rischio è proprio l’automazione, nel senso che sono in gran parte lavori che possono essere automatizzati attraverso software di machine learning e intelligenza artificiale.
Contrariamente, i ruoli nei settori ad alta intensità di conoscenza (come il finanziario, l’immobiliare, l’istruzione e via dicendo) difficilmente registreranno una decrescita occupazionale.
Tuttavia, nonostante queste nuove dinamiche, effetti positivi sull’occupazione sono tutt’altro che da escludere. A patto, però, che l’organizzazione del lavoro venga profondamente ripensata, bilanciando la necessità di automatizzare il lavoro con quella di valorizzare le capacità e competenze.
Secondo un report del World Economic Forum (WEF), entro il 2025 l’uso su larga scala dell’automazione e la crescita dell’intelligenza artificiale comporteranno la perdita di 85 milioni di posti di lavoro ma al contempo le nuove tecnologie creeranno 97 milioni di nuove posizioni. Il risultato netto è dunque positivo, in quanto il consolidarsi dell’intelligenza artificiale potrebbe creare ben 12 milioni di posti di lavoro aggiuntivi nei prossimi anni.