Mercato del lavoro e automazione, quali figure professionali rischiano di più?


Articolo
Maria Rosaria Della Porta
figure professionali

Il mercato del lavoro, senza ombra di dubbio, nel prossimo decennio è destinato a cambiare. Si tratta di una trasformazione dovuta allla circostanza che l’avvento di tecnologie avanzate come quelle già presenti sul mercato, ad esempio, la robotica e il machine learning, o che si affacceranno nei prossimi anni, farà sì che alcune tipologie di figure professionali, tra quelle più “tradizionali”, da qui a breve, potrebbero diventare obsolete.

Sicuramente, le attività ripetitive e di routine saranno più soggette all’automazione mentre quelle creative o basate sull’interazione sociale avranno meno probabilità di essere sostituite da macchine e/o computer.

Secondo i recenti dati del Bureau of Labor Statistics (BLS) degli Stati Uniti, tra il 2020 e il 2030 verranno creati, nel solo mercato statunitense, 11,9 milioni di nuovi posti di lavoro, con un tasso di crescita complessivo del 7,7%. Tuttavia, alcuni posizioni lavorative, specie nel settore amministrativo e in quello della produzione e vendita di beni e servizi, stanno registrando un calo.

In particolare, in vetta alla classifica delle figure professionali che rischiano di più troviamo i dattilografi, ma anche i parcheggiatori e gli addetti ai reattori nucleari. Seguono gli operatori telefonici, gli addetti alle vendite porta a porta, i segretari e gli assistenti amministrativi. Per non considerare poi i cassieri e gli addetti contabili.

Dunque, anche se al momento i dati esistenti non consentono valutazioni precise, è opportuno sottolineare che il fattore comune a molti di questi mestieri a rischio è proprio l’automazione, nel senso che sono in gran parte lavori che possono essere automatizzati attraverso software di machine learning e intelligenza artificiale.

Contrariamente, i ruoli nei settori ad alta intensità di conoscenza (come il finanziario, l’immobiliare, l’istruzione e via dicendo) difficilmente registreranno una decrescita occupazionale.

Tuttavia, nonostante queste nuove dinamiche, effetti positivi sull’occupazione sono tutt’altro che da escludere. A patto, però, che l’organizzazione del lavoro venga profondamente ripensata, bilanciando la necessità di automatizzare il lavoro con quella di valorizzare le capacità e competenze.

Secondo un report del World Economic Forum (WEF), entro il 2025 l’uso su larga scala dell’automazione e la crescita dell’intelligenza artificiale comporteranno la perdita di 85 milioni di posti di lavoro ma al contempo le nuove tecnologie creeranno 97 milioni di nuove posizioni. Il risultato netto è dunque positivo, in quanto il consolidarsi dell’intelligenza artificiale potrebbe creare ben 12 milioni di posti di lavoro aggiuntivi nei prossimi anni.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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