Negli ultimi 15 anni l’ammontare della raccolta nel settore del gioco è passato da circa 35 miliardi di euro nel 2006 a quasi 89 nel 2020, contestualmente a una sostanziale stabilità della spesa netta e del gettito fiscale. Tuttavia, come prevedibile, nel 2020 tutte le dimensioni del gioco hanno fatto registrare una forte riduzione rispetto all’anno precedente, soprattutto a causa dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid19. Si tratta comunque di un comparto il cui peso economico rappresenta una fonte rilevante e stabile di gettito erariale per l’Italia. Allo stesso tempo, però, sono molti i fattori che lo rendono costantemente oggetto di attenzione pubblica: fra tutti, la sua permeabilità all’illegalità e la sua correlazione a potenziali profili patologici nel consumo.
Parte da queste premesse il paper dal titolo “Oltre le incertezze. Verso il riordino del gioco legale” curato dal team dell’Istituto per la Competitività (I-Com). La ricerca sistematizza i principali interventi normativi che si sono susseguiti nel tempo nel settore a fini regolatori, individuandone le principali criticità anche alla luce dei più recenti precedenti giurisprudenziali, tra cui le pronunce in materia da parte della Corte di Giustizia europea e del Consiglio di Stato.
Il paper evidenzia come la legislazione italiana in materia di gioco legale abbia subito un radicale cambiamento quando da una competenza esclusiva dello Stato si è passati a un quadro concorrente tra lo stesso Stato, le regioni e gli enti locali. Le amministrazioni regionali e locali hanno iniziato ad adottare propri regolamenti in materia di ricollocazione dei punti della rete fisica, in assenza di una normativa di coordinamento di ambito statale che dettasse i criteri da rispettare. Solo nel 2017, nell’ambito della Conferenza unificata, è stata raggiunta un’intesa finalizzata a regolare la distribuzione dell’offerta di gioco sul territorio che ancora oggi, tuttavia, sconta l’assenza del decreto attuativo previsto.