La pandemia e la sfida all’adozione del cloud


Approfondimento
Giusy Massaro
sfida

La pandemia da Covid-19 ha posto ciascuno di noi di fronte a una nuova sfida, costringendoci ad affrontare una pesante crisi sanitaria ed economica. Le aziende hanno subito uno degli impatti maggiori e hanno dovuto imparare ad adattarsi molto velocemente. In questo contesto, soprattutto le piccole e medie imprese hanno dovuto valutare con attenzione dove destinare le poche risorse a disposizione.

Il digitale ha senza dubbio rappresentato durante i mesi della pandemia l’unico strumento per queste realtà in grado di garantire una certa continuità di business. Durante l’emergenza lo sfruttamento delle nuove tecnologie si è dunque trasformato in una condizione necessaria non solo per rimanere competitivi ma addirittura per sopravvivere. Le piccole e medie imprese hanno così accelerato alcuni aspetti della trasformazione digitale, volti in particolare a efficientare le risorse, ridurre i costi e garantire la flessibilità nel lavoro. Ma saranno in grado di convertire questo shock esogeno in cambiamento strutturale?

LA DIGITAL TRANSFORMATION AL SERVIZIO DELLE IMPRESE 

I benefici che la digitalizzazione del business porta alle imprese sono diversi e di grande portata: maggiore flessibilità dei processi, capacità di gestione dei clienti, efficienza attraverso la riduzione dei costi operativi, ma anche pianificazione e programmazione in tempo reale dei processi, semplificazione e razionalizzazione dei flussi informativi e valorizzazione delle risorse umane. Il cloud in particolare riduce molti costi relativi, ad esempio, all’acquisto di hardware, software, backup dei dati, ma anche quelli operativi di manutenzione e spesa It. Inoltre, la possibilità di accedere al cloud attraverso Internet migliora la mobilità dei lavoratori, mentre collaborazioni più efficaci e la migliore gestione degli aggiornamenti delle diverse versioni – grazie alla possibilità di condividere e lavorare contemporaneamente su uno stesso documento – tendono a essere le principali ragioni dell’impatto positivo sulla produttività dei lavoratori.

In uno studio pubblicato lo scorso aprile, l’Istituto per la Competitività (I-Com) ha provato a stimare l’impatto in termini di valore economico incrementale dell’adozione del cloud computing da parte delle imprese che attualmente non ne fanno uso. Le organizzazioni che intraprendono il processo di cambiamento rendono la struttura dei propri costi più efficiente, migliorano i processi interni e rivedono la propria organizzazione per renderla sempre più flessibile e adattabile alle richieste del mercato. E così l’adozione di soluzioni cloud da parte del 100% delle imprese potrebbe comportare un aumento di fatturato complessivo fino a 620 miliardi di euro, di cui oltre la metà a beneficio di piccole e medie imprese. Un impatto positivo che si fa sentire sicuramente di più tra quelle attive nel settore industriale e nell’ambito dei servizi, dove più rilevanti appaiono altre tecnologie, quali robot e stampanti 3D.

Ma non si tratta solo di vantaggi economicamente quantificabili. Il cloud sta cambiando profondamente i modelli di business, migliorando la capacità di adattamento dell’azienda. E l’esempio più calzante ce lo abbiamo sotto gli occhi: la tecnologia cloud ha permesso di tenere acceso il motore globale dell’economia durante il lockdown, consentendo a tutti, lavoratori e imprese, di portare avanti le proprie attività. Il cloud va, dunque, visto come grande infrastruttura condivisa di una nuova modalità di fare impresa per costruire relazioni sociali e assicurare continuità di business in totale sicurezza. La digital transformation è ormai una priorità per tante aziende e la pandemia ha ulteriormente catalizzato gli sforzi e gli investimenti. Un esempio tra tutti è lo smart working.

LA PANDEMIA: VOLANO O MERA ILLUSIONE?

Il 16% delle imprese italiane ha aumentato l’accesso da remoto ai propri sistemi Ict proprio a causa del Covid, almeno il doppio tra le aziende di grandi dimensioni. Secondo l’Eurostat, si tratta di dati in linea con la media europea. Mentre più incisivo è stato l’incremento (44%) nel numero di riunioni da remoto, che ha raggiunto il 44%. Un dato, tuttavia, timido se confrontato col 79% della Finlandia, il 76 di Malta o il 71 della Svezia. In Italia, come nel resto d’Europa, l’incidenza è notevolmente più alta tra le grandi imprese, dove almeno nove su dieci sono ricorse allo strumento per far fronte alle pesanti limitazioni imposte dalla crisi pandemica. Al di sotto del 90% troviamo solo i Paesi dell’Est del continente.

È indubbio che l’emergenza nella quale ci troviamo da ormai due anni abbia dato un forte impulso alla trasformazione digitale, nella consapevolezza che non si può rinunciare all’avanzamento tecnologico e alle potenzialità a esso connesse.

Il cloud rappresenta sicuramente un valido aiuto nell’adeguamento delle infrastrutture tradizionali alle nuove esigenze. In tutta Europa, ma in Italia in maniera particolare, l’adozione del cloud computing ha subito un’impennata nel 2020: si è passati dal 23% delle imprese nel 2018 (solo 1 punto percentuale in più in due anni) a ben il 59% nel 2020 (la media europea è stata del 36% nello stesso anno). Nel 2020, inoltre, è quasi triplicata la quota di piccole imprese che utilizzano servizi cloud, passando dal 22% del 2018 al 59 del 2020. Ma la delusione è dietro l’angolo: se ci sia aspettava che il 2020, con lo shock generato dall’emergenza pandemica, avesse dato solo il via a una maggiore consapevolezza della portata di questa tecnologia, i dati 2021 pubblicati da Eurostat circa dieci giorni fa ci riportano coi piedi per terra, ridimensionando di gran lunga le aspettative.

L’incremento registrato nel 2021 è di poco conto, almeno per le aziende italiane: solo l’1% in più ha iniziato a impiegare strumenti cloud, mentre è salita al 41% la media europea (+5 p.p.). La stasi è particolarmente accentuata proprio per le piccole e medie imprese, che dopo il balzo del 2020 hanno mostrato una sostanziale battuta d’arresto, mentre un ulteriore 4% delle realtà più grandi, che pure avevano mostrato un’accelerazione lo scorso anno, ha cominciato a impiegare simili tecnologie nel 2021 raggiungendo un grado di diffusione pari all’83%.

Insomma, la crisi sanitaria ha forzato l’adozione di strumenti digitali di base, come alcuni servizi in cloud (archiviazione documenti, fatturazione) e la gestione digitale di documenti (conferme d’ordine, documenti di trasporto). Anche l’e-commerce è cresciuto per far fronte alle chiusure obbligatorie, ma in gran parte su marketplace di terzi. Purtroppo, però, l’impressione è che non vengano ancora compresi del tutto gli impatti positivi su costi e ricavi derivanti dalla trasformazione digitale.

Se si sia trattato di un trend momentaneo o se, al contrario, abbia rappresentato veramente l’inizio di un processo di crescita destinato a consolidarsi nel tempo, è ancora presto per dirlo. La mancanza di competenze digitali e il fattore culturale che ruotano intorno al tema non sono aspetti di facile e rapida gestione. Certo è che se la tecnologia corre, le imprese sono chiamate a stare al passo.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede importanti incentivi per le attività di digitalizzazione dell’impresa, sia per l’acquisto di beni materiali 4.0, sia per gli investimenti in servizi e formazione 4.0. Speriamo che tutto ciò aiuti le imprese a dare alla trasformazione digitale un ruolo strategico, ossia con una visione integrata e di lungo periodo che non si limiti a cogliere l’incentivo del momento, affinché il cosiddetto “effetto pandemia” non resti solo un fuoco fatuo.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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