Sempre più aziende utilizzano l’intelligenza artificiale come fattore di crescita industriale e leva di competitività per ottenere benefici in termini di maggiore affidabilità, qualità e sicurezza, minori costi operativi e più ricavi e profitti. Questo tipo di tecnologie aiuta, ad esempio, le aziende a migliorare la qualità del lavoro umano, a sgravare i lavoratori da compiti ripetitivi, onerosi e pericolosi, ad aumentare il fatturato e i profitti e ad acquisire nuovi clienti, nonché a limitare i rischi e migliorare l’efficienza in generale.
Secondo lo studio del Parlamento europeo “Opportunities of Artificial Intelligence“, l’intelligenza artificiale porterà a un forte aumento della produttività del lavoro (tra l’11 e il 37% entro il 2035) grazie a tecnologie innovative che consentono una gestione più efficiente della forza lavoro.
IL MERCATO MONDIALE DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Dunque, l’interesse verso questa nuova frontiera tecnologica è sempre più crescente ed è testimoniato anche dai numeri, che evidenziano come il mercato abbia mostrato resilienza anche durante le fasi più critiche della pandemia. Se guardiamo alle stime di IDC (International Data Corporation), i ricavi mondiali per il mercato dell’intelligenza artificiale, inclusi software, hardware e servizi, sono stimati in crescita del 15,2% su base annua nel 2021, per un valore che può arrivare a toccare 341,8 miliardi di dollari. Si prevede, inoltre, che il mercato accelererà ulteriormente nel 2022 con una crescita del 18,8% e rimarrà su un andamento positivo fino a superare la soglia dei 500 miliardi di dollari entro il 2024. Anche sul fronte degli investimenti si evidenzia un trend positivo nei prossimi anni. Sempre gli analisti di IDC stimano che la spesa globale per i sistemi dotati di intelligenza artificiale passerà da 85,3 miliardi di dollari nel 2021 a oltre 204 miliardi nel 2025, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) per il periodo 2021-2025 del 24,5%.
IL MERCATO EUROPEO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E IL RUOLO DELL’UE NELLA CORSA GLOBALE
L’intelligenza artificiale inizia a trovare terreno fertile anche in Europa. Da questo punto di vista, si stima che il mercato europeo dei software dotati di questa tecnologia registrerà una crescita significativa nei prossimi anni, con ricavi in aumento da circa 2,09 miliardi di dollari nel 2018 a 26,5 miliardi entro il 2025.
Tuttavia, l’Europa è ancora in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina sotto questo profilo. La ragione principale di tale svantaggio sembra essere soprattutto il divario nell’importo complessivo degli investimenti. Secondo le stime della Stanford University, nel 2020 gli Stati Uniti hanno continuato ad avere una posizione dominante negli investimenti privati. Nello specifico, le aziende statunitensi hanno speso 23,6 miliardi di dollari in questo settore, rispetto ai 9,9 miliardi di dollari della Cina. In Europa, invece, le cifre sono state più basse (e di molto): in pratica si è arrivati a toccare i 2 miliardi di dollari. Inoltre, gli Stati Uniti e la Cina hanno detenuto la quota maggiore di investimenti nelle start-up di intelligenza artificiale.
Insieme, le piccole aziende innovative con sede negli Usa e quelle cinesi hanno rappresentato oltre l’80% del valore monetario del totale degli investimenti venture capital in questo settore. Nell’Ue-27, invece, questo valore ha raggiunto soltanto il 5, quando solo le start-up britanniche hanno raccolto poco più del 4% del valore totale.
Il divario tra Unione europea da un lato e Stati Uniti e Cina dall’altro, stando ai dati dell’Artificial Intelligence Policy Observatory dell’Ocse, si registra anche nel campo della ricerca. Ad esempio, in termini di brevetti, l’Ue-27 con circa 3.000 licenze registrate nel 2021 si colloca dopo gli Stati Uniti, che ne contano quasi quattro volte di più rispetto all’Europa.
L’INDICE I-COM 2021 SULLO SVILUPPO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NEI PAESI EUROPEI. DOVE SI POSIZIONA L’ITALIA?
Se analizziamo nel dettaglio la situazione a livello dei singoli Stati membri, possiamo notare l’esistenza di numerose differenze sostanziali, con alcuni Paesi che riescono a tenere il passo anche a livello internazionale e altri, invece, non disposti ad adottare pienamente questo tipo di tecnologie. E questa situazione non gioca certo a favore della corsa globale all’intelligenza artificiale da parte dell’Unione europea.
Con l’obiettivo di dare un’idea del grado di sviluppo delle nuove tecnologie nei Paesi europei, l’Istituto per la Competitività (I-Com) ha sviluppato un nuovo indice sintetico, pubblicato in occasione del Simposio dal titolo “EU’s Path to Competitiveness. How Digital, Energy and Health can lead the Way Forward” che si è svolto lo scorso 11 gennaio, con l’intento di fare il punto su alcuni settori chiave per l’Unione europea, ossia digitale, salute ed energia.
Questo indice, rinnovato rispetto all’edizione precedente, tiene conto di alcune nuove variabili relative all’ecosistema industriale e di ricerca nei vari Stati membri nonché del livello di adozione di alcune tecnologie di intelligenza artificiale. Ad esempio, tra i fattori presi in considerazione c’è il numero di imprese, di istituti e delle domande di brevetto in questo campo (valore pro capite). Ma pure la quantità di aziende (espressa in percentuale) che utilizza diverse applicazioni e tecnologie come la stampa 3D, i robot di servizio o quelli industriali, quelle che analizzano i big data internamente attraverso il machine learning, con l’elaborazione o la generazione del linguaggio naturale, il riconoscimento vocale oppure con un servizio di chatbot.
Dall’analisi condotta da I-Com emerge che in testa alla classifica si posiziona l’Irlanda con un punteggio di 100, seguita da Malta e Finlandia con rispettivamente 95 e 78 punti. Questi Paesi, pur essendo piccoli in termini di dimensioni rispetto agli altri – complessivamente superano di poco gli 11 milioni di abitanti – hanno un buon ecosistema di intelligenza artificiale. In particolare, in Irlanda hanno sede 273 aziende attive in questo campo, molte delle quali hanno depositato domande di brevetto. Inoltre, il Paese ha una percentuale molto più alta della media europea di imprese che analizzano i big data internamente utilizzando il machine learning, pari al 20%. Anche Malta e Finlandia hanno un numero molto più elevato rispetto all’Ue di imprese che utilizzano meccanismi di apprendimento automatico per l’analisi dei big data e chatbot o agenti virtuali per rispondere ai clienti.
Seguono a distanza Germania (con un punteggio di 44) e Francia (38). I due principali Paesi dell’Ue sono, dunque, lontani dal podio. Tenendo conto delle loro dimensioni, l’ecosistema di intelligenza artificiale industriale e di ricerca appare ancora poco sviluppato.
In fondo alla classifica troviamo i Paesi dell’Est Europa, dove sia l’ecosistema industriale che quello di ricerca vedono un numero inferiore di attori attivi o dove l’adozione di queste tecnologie si attesta ancora su livelli minimi.
L’Italia, in questa classifica, con un punteggio pari a 48 si posiziona al decimo posto, prima di Germania e Francia. Il nostro Paese, sebbene penalizzato da un numero relativamente esiguo di player, ha comunque sempre ottenuto ottimi risultati nella robotica rispetto al resto dei Paesi europei. Sotto quest’ultimo profilo, tuttavia, come testimoniato anche dall’International Federation of Robotics, è stata registrata una forte battuta d’arresto a causa della crisi pandemica e le installazioni di robot industriali sono calate di molto.
Al di là della robotica, il mercato italiano dell’intelligenza artificiale si è consolidato sempre di più e ha mostrato una buona tenuta durante l’emergenza sanitaria. Nel 2020 ha registrato un incremento del 15% rispetto al 2019 e raggiunto un valore di 300 milioni di euro, di cui il 77% commissionato da imprese italiane (230 milioni) e il 23% come export di progetti (70 milioni).
Inoltre, un altro dato interessante emerge dallo studio “Il digitale in Italia 2021” a cura di Anitec-Assinform e Confindustria Digitale, che ha sottolineato come il numero di aziende appartenenti ai settori non Ict che sono entrate nei nuovi scenari abilitati dall’innovazione digitale sia aumentato.
CONCLUSIONI
Dunque, l’Italia sembra voler accogliere le potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale, nonostante sul piano delle politiche non sembra mostrargli il dovuto interesse. Resta il nodo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in cui non è stata riconosciuta la giusta importanza a questa tecnologia. Tuttavia, la recente adozione del Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale (IA) 2022-2024, arrivata con molto ritardo, potrebbe aprire a nuovi scenari per accelerare, nei prossimi tre anni, l’innovazione e le potenzialità del tessuto economico e sociale del Paese.