Idrogeno, un’opportunità in più per la transizione ecologica


Approfondimento
Domenico Salerno
idrogeno
Credits: Akidata31/Pixabay

Negli ultimi anni l’idrogeno si è affermato con sempre più forza come una delle principali alternative alle fonti energetiche fossili.Tra gli elementi più abbondanti in natura, rappresenta ben il 73,9% di tutta la massa nella nostra galassia. A renderlo appetibile non è però solo la sua diffusione ma soprattutto il fatto che, se utilizzato come combustibile, genera come unico prodotto di scarto l’acqua, al contrario della CO2 emessa dai carburanti tradizionali. Grazie a questa sua caratteristica è stato identificato come una delle soluzioni più concrete per la decarbonizzazione dei settori industriali cosiddetti hard-to-abate, ovvero caratterizzati da alta intensità energetica e privi di opzioni di elettrificazione scalabili, e per i trasporti a lungo raggio su gomma e su ferro.

L’idrogeno dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel raggiungimento degli ambiziosi obiettivi europei di riduzione delle emissioni di gas serra verso la neutralità climatica al 2050. La comunicazione della Commissione europea dal titolo “A hydrogen strategy for a climate-neutral Europe” pubblicata a luglio 2020 prevede di arrivare nel 2050 a una produzione interna di 10 milioni di tonnellate, portandone la quota nel mix energetico dell’Unione al 13%.

Uno dei principali ostacoli alla diffusione dell’idrogeno è, tuttavia, la sua bassa densità energetica per unità di volume. Una caratteristica che fa sì che per essere utilizzato come vettore energetico debba essere trasformato in un combustibile con una densità maggiore, processo che impiega una notevole quantità di energia. La stragrande maggioranza dell’idrogeno attualmente utilizzato proviene inoltre da combustibili fossili, o direttamente o come scarto di altre produzioni, e solo lo 0,7% di questo proviene da fonti rinnovabili o da impianti dotati di CCUS (Carbon capture, utilization and storage).

Una delle soluzioni possibili al problema dell’idrogeno inquinante è rappresentata dalle cosiddette “pile a combustibile”, che convertono l’energia chimica di un combustibile in energia elettrica e calore senza utilizzare cicli termici. L’idrogeno è un gas che può essere facilmente ionizzato grazie alla sua molecola costituita da due atomi debolmente legati. L’ossigeno è l’ossidante più comune: è liberamente disponibile nell’atmosfera e in grado di reagire con l’idrogeno, producendo un prodotto non nocivo come l’acqua.

VERSO UNA STRATEGIA ITALIANA SULL’IDROGENO

A novembre 2020 il ministero dello Sviluppo economico ha effettuato una consultazione pubblica per redigere la Strategia nazionale sull’idrogeno con l’obiettivo di individuare i passi da effettuare al fine di creare una filiera italiana di questa fonte energetica. Il documento finale non è ancora stato pubblicato ma dalle linee guida preliminari diffuse contestualmente al lancio della consultazione è possibile identificare la via che il nostro Paese intende seguire.

Secondo le previsioni, entro il 2030 in Italia dovremmo raggiungere una penetrazione di almeno il 2% di camion a lungo raggio alimentati a celle a combustibile, che potrebbe arrivare all’80% entro il 2050. Entro i prossimi 8 anni, potrebbero quindi circolare sulle strade italiane circa 200.000 mezzi pesanti alimentati con questo vettore energetico. Per raggiungere questo target è però necessario realizzare una rete dedicata di stazioni di rifornimento, dando priorità alle aree strategiche per il trasporto su mezzi pesanti.

Il documento sottolinea inoltre l’importanza che l’idrogeno potrebbe avere nel trasporto su rotaia. Il 40% delle tratte nazionali non elettrificabili potrebbe essere convertita al nuovo vettore entro il 2030. In alcuni Paesi europei, come la Germania, i treni passeggeri a idrogeno sono già pienamente operativi e utilizzati regolarmente dai viaggiatori. Nel Regno Unito e in Francia, inoltre, sono state fatte alcune proposte per sostituirli completamente ai treni diesel entro i prossimi vent’anni per la percorrenza di tratte difficili da elettrificare. Per quanto riguarda l’Italia, il passaggio all’idrogeno potrebbe rappresentare una soluzione economicamente vantaggiosa in regioni come Sardegna, Sicilia e Piemonte, dove è ancora rilevante la presenza di locomotive diesel.

In un orizzonte di medio-lungo termine anche i trasporti aerei e marittimi potrebbero essere terreno fertile per l’idrogeno, ad esempio nell’alimentazione delle navi a lungo raggio (mixato ai biocarburanti) richiedendo un retrofit minimo dei motori esistenti e offrendo maggiori prestazioni tecniche (ad esempio velocità, consumi) rispetto alle alternative elettriche. Gli “e-fuels” a base di idrogeno, come l’e-kerosene nel settore dell’aviazione e la e-ammonia nell’industria marittima, sono realizzati attraverso la sintesi chimica di questo elemento e sono meno vincolanti dei biocarburanti per quanto concerne la disponibilità di materia prima, pertanto potrebbero giocare un ruolo di primo piano nel percorso di decarbonizzazione al 2050.

L’IDROGENO NEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA

Data l’importanza che si prevede abbia nelle prospettive energetiche del nostro Paese, il governo italiano ha destinato 3,19 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) allo sviluppo di una filiera nazionale dell’idrogeno. Di questa cifra, 500 milioni sono stanziati per promuovere la produzione di idrogeno nelle aree industriali dismesse. Come si evince dal piano, le zone abbandonate dall’industria nel nostro Paese ammontano a circa 9.000 chilometri quadrati. Lavorare in questa direzione darebbe nuova vita a queste aree e permetterebbe di costruire una rete di produzione più diffusa in grado di rifornire direttamente le aziende nella zona. A tal proposito, lo scorso 27 gennaio il ministero della Transizione ecologica ha emanato un avviso pubblico per invitare regioni e province autonome a manifestare il proprio interesse a realizzare in aree industriali dismesse presenti sui propri territori centri di produzione e distribuzione di idrogeno utilizzando esclusivamente fonti rinnovabili (idrogeno verde).

La quota più importante dei fondi destinati a questo vettore energetico, circa 2 miliardi di euro, è dedicata alla riconversione a idrogeno dei settori hard-to-abate come l’acciaio, il cemento, il vetro e la carta. Nel nostro Paese alcune aziende hanno già effettuato sperimentazioni in questo senso: a maggio 2021, ad esempio, RINA e Snam in collaborazione con il gruppo siderurgico GIVA hanno utilizzato una miscela di gas naturale e idrogeno al 30% nella lavorazione dell’acciaio. Il test non ha necessitato di nessuna modifica all’impiantistica e le caratteristiche del prodotto finale sono risultate inalterate. Adottando questo mix in pianta stabile sarebbe possibile ridurre le emissioni di CO2 del gruppo GIVA di 15 milioni di tonnellate all’anno.

I restanti 690 milioni di euro previsti nel Pnrr sono destinati a sperimentazioni sull’utilizzo del nuovo vettore nei trasporti e alla ricerca e sviluppo.

I PROSSIMI PASSI

Per fare in modo che l’idrogeno venga sempre più utilizzato come vettore energetico è necessario però rimuovere numerosi ostacoli burocratici che ne limitano la diffusione. Una prima mossa in questa direzione è rappresentata dal Pacchetto Gas-Idrogeno presentato dalla Commissione europea a dicembre dello scorso anno. Il documento, in consultazione fino al prossimo 9 febbraio, include una proposta di regolamento volto a creare condizioni favorevoli ad attrarre investimenti in questo campo. Si intende creare inoltre una nuova struttura di governance comunitaria, lo European Network of Network Operators for Hydrogen, per facilitare lo scambio e la fornitura di idrogeno a livello transfrontaliero.

Sul fronte italiano è prevista una riforma destinata alla “Semplificazione amministrativa e riduzione degli ostacoli normativi alla diffusione dell’idrogeno” che avrà lo scopo di identificare le norme tecniche di sicurezza per la produzione, il trasporto, lo stoccaggio e utilizzo del vettore, semplificare, attraverso la creazione di uno sportello unico, le procedure per la realizzazione di piccoli impianti di produzione di idrogeno verde, regolare la partecipazione degli impianti di questo tipo ai servizi di rete. Ma pure di identificare un sistema di garanzie di origine per l’idrogeno rinnovabile al fine di segnalarne il prezzo ai consumatori e definire le norme per la realizzazione di stazioni di rifornimento di idrogeno lungo i principali snodi di trasporto (strade, autostrade, porti ecc.).

Oltre alla sopracitata riforma è prevista l’introduzione di incentivi fiscali a sostegno della produzione di idrogeno verde, da includere in un più ampio progetto di revisione della tassazione dei prodotti energetici e delle sovvenzioni ai combustibili fossili.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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