L’Unione europea è una potenza industriale globale altamente dipendente da Paesi terzi per le materie prime come il litio e il cobalto, importati dall’Asia e utilizzati per produrre batterie per i veicoli elettrici. Questa dipendenza espone il continente a shock esterni, come ha mostrato la carenza di mascherine durante la prima ondata pandemica del Covid-19 o, più recentemente, la carenza di chip, noti anche come semiconduttori.
I chip sono componenti fondamentali per industrie strategiche come il settore automobilistico, gli smartphone e i computer, le infrastrutture cloud e digitali, i servizi finanziari e i dispositivi tecnologici sanitari. Con la pandemia che ha costretto i governi a imporre il lavoro a distanza per i propri dipendenti e, di conseguenza, la domanda di dispositivi elettronici (come i computer portatili) alle stelle, l’industria dei chip sta attraversando la sua peggiore carenza da decenni.
In primo luogo, i produttori hanno avuto difficoltà a soddisfare l’aumento della domanda proveniente dal settore tech, accumulando ordini in anticipo ma escludendo altri comparti come quello automobilistico, poiché meno persone hanno comprato vetture a causa delle restrizioni alla mobilità nei loro Paesi. In secondo luogo, durante il 2021 una tempesta invernale senza precedenti in Texas, un incendio in un impianto in Giappone e una carenza d’acqua a Taiwan hanno comportato la chiusura di fabbriche di semiconduttori e causato ritardi a livello mondiale. In terzo luogo, la filiera dei chip è altamente interdipendente tra i Paesi a causa della specializzazione geografica (essenzialmente, la produzione è in Asia, le attrezzature in Europa e la commercializzazione negli Stati Uniti).
La realizzazione di un chip implica tre fasi – progettazione, produzione e test – e si basa su più di 300 input di produzione e 50 classi di attrezzature high-tech. L’intero ciclo è così complesso che prevede circa 1.000 step attraverso i confini internazionali. Una grande azienda di semiconduttori può disporre di ben 16.000 fornitori in tutto il mondo. Mentre i suddetti fattori rendono la catena di approvvigionamento vulnerabile agli shock e alle interruzioni esterne, per avere un’idea della dipendenza dell’Europa basta guardare al fatto che il 92% della capacità di produzione globale è basata a Taiwan, mentre solo 4 delle 35 principali aziende di semiconduttori del mondo si trovano in Europa.
AUTONOMIA STRATEGICA (APERTA) DELL’UE
Per ridurre questa vulnerabilità nei confronti dei concorrenti internazionali, la Commissione europea presieduta da Ursula Von der Leyen ha mirato a rafforzare l’indipendenza dell’Europa e a creare filiere industriali in tutto il Vecchio continente. A tal fine, la nozione di “autonomia strategica” è divenuta centrale nel gergo di Bruxelles. Originariamente sostenuta nel 2017 dal presidente francese Emmanuel Macron in merito alla sua ambizione di creare un esercito di difesa europeo per ridurre così la dipendenza dalla Nato, il concetto ha ritrovato eco con il commissario per il mercato interno, Thierry Breton.
Tuttavia, la nozione ha inizialmente suscitato divergenze tra gli Stati membri. I suoi due principali sostenitori, Francia e Germania, ne vedono la soluzione per un Rinascimento industriale europeo, mentre per molti Paesi del Nord Europa tale approccio comporta il rischio di sfociare in una politica industriale interventista e protezionista. La Commissione ha voluto calmare tali timori sottolineando il perseguo di una “autonomia strategica aperta“, basata su un’economia, appunto, aperta e sul principio dell’interdipendenza, libera da logiche protezionistiche.
Una conseguente mappatura dei settori industriali strategici dell’Ue e delle loro filiere, definite dalla Commissione “ecosistemi”, ha costituito un nuovo approccio nella politica industriale da parte dell’esecutivo europeo. Con il raddoppio della domanda di chip all’avanguardia previsto nel prossimo decennio, la Strategia industriale aggiornata al marzo 2021 della Commissione intende raddoppiare la quota di produzione di semiconduttori al 20% della produzione mondiale entro il 2030.
La strategia è stata poi seguita nel luglio 2021 dal lancio dell’Alleanza industriale sui processori e tecnologie dei semiconduttori (Industrial Alliance on Processors and Semiconductor Technologies) per favorire la cooperazione tra attori pubblici e privati sulle tecnologie d’avanguardia e sulla capacità produttiva, con l’obiettivo finale di rafforzare l’ecosistema europeo della progettazione elettronica.
Un altro strumento dell’Ue per perseguire l’autonomia strategica sono i cosiddetti “Progetti importanti di interesse comune europeo” (Ipcei). Il loro obiettivo è colmare importanti fallimenti del mercato che non potrebbero essere affrontati in altro modo. Questi consorzi pubblico-privati europei solitamente coinvolgono diversi Stati membri, aziende, istituzioni finanziarie e altri organismi privati che mettono insieme conoscenze tecniche, competenze e risorse finanziarie su catene di valore strategiche, sviluppando la ricerca e lo sviluppo, così come le loro fasi di up-scaling e test (First Industrial Development-FID).
Lo scorso dicembre la Germania ha notificato alla Commissione il lancio di un Ipcei sulla microelettronica e le tecnologie della comunicazione. La sua ampiezza è enorme: 20 Stati membri, più di 90 entità beneficiarie e 32 progetti aziendali per più di 10 miliardi di euro di investimenti su progetti microelettronici transnazionali. L’obiettivo è rafforzare la resilienza della catena di approvvigionamento dell’Europa nel campo dei semiconduttori.
IL CHIPS ACT
La transizione digitale e gli obiettivi del Decennio Digitale dell’Ue rendono i chip fondamentali per la sua competitività industriale a lungo termine. Mentre l’Europa è relativamente sulla buona strada in termini di ricerca e sviluppo nei semiconduttori (con le grandi imprese che investono in media il 15% dei loro ricavi), ha una quota di mercato globale della loro produzione inferiore al 10%. Una percentuale che rende il suo approvvigionamento fortemente dipendente da Paesi terzi ed espone settori chiave a profondi shock economici in caso di interruzioni lungo la catena di valore.
L’European Chips Act, presentato dalla Commissione l’8 febbraio, vuole colmare queste lacune con l’obiettivo finale di creare un ecosistema europeo di semiconduttori performante e resiliente. Il “Chips Package” contiene una comunicazione, due proposte di regolamento e una raccomandazione. Il Pacchetto mira a coprire gli aspetti chiave necessari per sviluppare una catena di valore dei semiconduttori – ricerca e innovazione, fabbricazione e produzione, finanziamento, monitoraggio e valutazione della catena del valore, regole sugli aiuti di Stato, coordinamento tra gli Stati membri e cooperazione industriale internazionale. Complessivamente, saranno mobilitati circa 40 miliardi di euro.
In primis, la proposta della Commissione istituisce un’iniziativa sui chip europei (Chips for Europe Initiative) che mette in comune le risorse dell’Ue, degli Stati membri, del settore privato e dei Paesi terzi attualmente associati ai programmi dell’Unione. Ciò avverrà attraverso una “impresa comune sui chip” (Chips Joint Undertaking), le cui risorse saranno trasferite da una precedente impresa comune sulle tecnologie digitali chiave nell’ambito del programma europeo sulla R&I Horizon Europe (si tratta di uno dei due regolamenti del pacchetto, che dovrà essere approvato dai co-legislatori).
L’iniziativa stanzierà 11 miliardi di euro per promuovere da un lato la ricerca e l’innovazione mentre dall’altro lo sviluppo di strumenti avanzati per semiconduttori e metodi di test all’avanguardia. In secondo luogo, l’Ue prevede di sviluppare le sue capacità di produzione attraverso un nuovo quadro per attrarre investimenti tramite un fondo per i chip (Chip Fund) volto a facilitare l’accesso al credito per le start-up, mentre uno strumento di capitale ad hoc per i semiconduttori nell’ambito del programma InvestEU (ex piano Juncker) sosterrà le piccole e medie imprese e le scale-up. In terzo luogo, la Chips for Europe Initiative introduce un meccanismo di coordinamento tra gli Stati membri per monitorare e mappare la filiera e i suoi punti deboli, oltre a stabilire un sistema di coordinamento comune in caso di crisi. Una “cassetta degli attrezzi di emergenza” dovrebbe dunque essere creata dagli Stati membri, aspetto contenuto nella raccomandazione del pacchetto (non vincolante, secondo il diritto Ue). In quarto luogo, le regole sugli aiuti di Stato saranno applicate caso per caso, prendendo in considerazione la dimensione degli investimenti assieme al loro valore industriale ed economico. Questa misura è necessaria poiché le regole sugli aiuti di Stato per evitare distorsioni del mercato interno sono una competenza esclusiva della Commissione, rendendo le Ipcei soggette all’approvazione da parte dell’esecutivo dell’Ue.
La pianificazione di un Ipcei è menzionata nel regolamento del Chips Act, con l’obiettivo di mobilitare intorno ai 30 miliardi di euro. Infine, un Consiglio europeo dei semiconduttori (European Semiconductor Board) presieduto dalla Commissione e composto da rappresentanti degli Stati membri supervisionerà la governance della strategia e assisterà il Vecchio continente nella cooperazione con i Paesi terzi, data la natura globalizzata della catena di approvvigionamento dei semiconduttori. I partenariati internazionali comporterebbero la cooperazione sugli standard internazionali e il controllo delle esportazioni, la condivisione delle informazioni sui potenziali shock e le strategie di investimento a lungo termine.
LE PROSSIME TAPPE
Come previsto dalla procedura legislativa ordinaria, il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri dell’Ue avvieranno i negoziati sulle due proposte di regolamento della Commissione. Il processo richiederà probabilmente diversi mesi, dato che entrambi i co-legislatori dovranno concordare i dettagli del pacchetto. Per questo motivo, assieme alla presentazione del Chips Act, la Commissione ha invitato gli Stati membri ad attuare fin da subito gli strumenti di emergenza della raccomandazione e a intraprendere le azioni che quest’ultima contiene, per mitigare l’attuale carenza di chip.
Gli esperti del settore sostengono che l’industria dei semiconduttori avrà bisogno di circa 3.000 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Con la Cina che prevede d’investire un totale di 200 miliardi di dollari nel periodo 2015-2025 mentre gli Stati Uniti 52 miliardi di dollari per sostenere la loro industria dei chip, la concorrenza globale nei semiconduttori sarà elemento centrale nella corsa dell’Ue alla leadership digitale e tecnologica.