Le bombe, dopo qualche decennio, tornano a cadere vicine al suolo europeo. Tuttavia, quello che accade in superficie non tocca quanto avviene al di sotto. Perlomeno nel momento in cui si scrive, come già successo in altre occasioni di crisi in Ucraina (si pensi alle vicende in Crimea del 2014), il gas naturale continua a scorrere, seppure a volumi più ridotti di quelli storici, attraverso la rete di gasdotti che dalla Russia attraversano il Paese dell’Est Europa e rappresentano la principale porta di accesso del gas russo in Italia. D’altra parte, l’immediato e cospicuo aumento dei prezzi delle materie energetiche determinato dall’avvio della guerra incentiverebbe a offrire sul mercato un quantitativo di gas superiore rispetto a quanto già previsto dai contratti.
LA DIPENDENZA DELL’ITALIA
L’Italia, pur avendo compiuto negli ultimi anni sforzi ragguardevoli nella diversificazione degli approvvigionamenti (si pensi alle quote non trascurabili di consumi derivanti da Tap e dal gas naturale liquefatto) e nonostante diverse infrastrutture di fornitura lavorino ben sotto la propria capacità di trasporto, si ritrova in ogni caso, come gran parte dell’Unione europea, a non poter fare a meno delle forniture russe. In generale, tra gli Stati del Vecchio continente il nostro Paese è uno dei più esposti alla dipendenza dalle importazioni di gas naturale. Allo stesso tempo, è necessario considerare il ruolo di primo piano che il metano riveste nel sistema energetico nazionale: è la prima fonte nel mix energetico e in quello di generazione elettrica, con percentuali in entrambi i casi ben superiori al 40%. Se consideriamo, quindi, la rilevanza che il metano riveste per il Sistema Italia, i caratteri della dipendenza dall’estero ne risultano aggravati (Fig. 1).
Indice di dipendenza del gas importato ponderato per la quota del gas sui consumi di energia primaria nei Paesi europei* (%, 2019)
*non sono riportati la Danimarca, in quanto esportatore netto di gas naturale, e Cipro per assenza di consumo di gas naturale
Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Eurostat
LA RIDUZIONE DELLA PRODUZIONE INTERNA
Dal bilancio del mercato del gas europeo emerge come sia l’Ue sia l’Italia si siano poste da decenni su una traiettoria di riduzione della produzione interna di gas. Nel primo caso sono stati 53 miliardi i metri cubi di gas prodotti nel 2020, circa un terzo di quanto veniva estratto trent’anni prima. Alla tendenza di contrazione della produzione, si è inoltre associata una crescita pressoché costante dell’import, che ha raggiunto circa 400 miliardi di metri cubi, il doppio di quanto importato nel 1990. Il divario è ancor più pronunciato in relazione al mercato italiano, dove le importazioni risultano più che raddoppiate nel trentennio a fronte di una produzione ridotta di oltre il 75%.
Quanto all’Italia, la traiettoria di progressivo contenimento della produzione nazionale veniva esplicitata nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). In quella sede, si stimava che, a politiche e misure vigenti, la produzione interna di gas naturale si sarebbe ridotta dai 4.750 chilotep (ktep) del 2020 ai 2.445 del 2030 ai 1.010 del 2040. Parallelamente, si prevedeva che l’import netto di gas sarebbe aumentato dai 51.088 ktep del 2020 ai 53.384 del 2030 ai 55.406 del 2040. Se guardiamo ai dati consolidati, si osserva che nel 2021 in Italia sono stati estratti 3,34 miliardi di metri cubi di gas, pari al 4,4% dei consumi totali, con un calo del 18,8% rispetto ai 4,1 miliardi del 2020.
LE NOVITÀ DEL DECRETO ENERGIA
In controtendenza rispetto a questo scenario, è intervenuto il recente decreto Energia, che ha disposto misure orientate a contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale, sulla scia di quanto già fatto nei mesi scorsi, e interventi di misura strutturale del sistema energetico. Proprio in questa seconda tipologia rientrano provvedimenti volti a incrementare la produzione interna di gas naturale. In particolare, si stabilisce che il Gestore dei servizi energetici (GSE), su direttiva del ministero della Transizione ecologica, avvii procedure per l’approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas. Pertanto, il GSE dovrebbe invitare i titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale sul territorio nazionale a manifestare interesse per aderire a queste procedure comunicando i programmi delle produzioni di gas naturale delle concessioni in essere, per gli anni dal 2022 al 2031, e un elenco di possibili sviluppi, incrementi o ripristini delle produzioni di gas naturale per lo stesso periodo, delle tempistiche massime di entrata in erogazione, del profilo atteso di produzione e dei relativi investimenti necessari.
Nello specifico, si fa riferimento alle concessioni i cui impianti di coltivazione ricadono in tutto o in parte in aree considerate idonee secondo il tanto atteso Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), approvato con decreto del ministro della Transizione ecologica il 28 dicembre 2021 e che identifica le aree in cui è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale. Le procedure di valutazione ambientale sono poste in capo alla Commissione tecnica Pnrr-Pniec. Il GSE, inoltre, stipulerebbe con i concessionari i contratti di acquisto di lungo termine di durata massima di dieci anni e con verifica dei termini alla fine del quinto anno. Il prezzo delle forniture sarebbe tale da garantire la copertura dei costi totali effettivi delle singole produzioni e un’equa remunerazione.
IL CARO ENERGIA E LA SICUREZZA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI
Successivamente, sempre il GSE, con una o più procedure, offrirebbe i volumi di gas così ottenuti a clienti finali industriali, secondo criteri da definire e con una riserva di almeno un terzo alle piccole e medie imprese. In questo modo, nell’ottica del governo, si intende fronteggiare l’emergenza del caro energia attraverso il rafforzamento della sicurezza di approvvigionamento di gas naturale a prezzi equi. Non si tratterebbe, quindi, di inseguire il miraggio dell’indipendenza energetica né di conseguire effetti calmieranti sui prezzi all’ingresso, quanto di favorire la diversificazione degli approvvigionamenti (facendo leva sulla produzione interna) e la sicurezza del mercato del gas. Su questo tema, si prevedono inoltre misure orientate a ottenere un livello di riempimento di almeno il 90% delle capacità di stoccaggio nazionali disponibili.