A seguito della pandemia va affermandosi sempre di più il concetto di salute come chiave per lo sviluppo umano, sociale ed economico di un Paese, che implica un nuovo approccio alle policy nei prossimi anni. La stessa Organizzazione mondiale della sanità ha intrapreso un lavoro di revisione e di aggiornamento delle politiche in questa prospettiva. Gli obiettivi fondamentali sono la promozione della salute e del benessere, la riduzione delle disuguaglianze e il rafforzamento della governance.
Le aree di azione prioritaria sono quattro: investire attraverso un approccio life-course, affrontare le sfide per la salute, rafforzare i sistemi socio-sanitari e aumentare le capacità di rispondere alle emergenze, creare ambienti favorevoli alla promozione del benessere e a comunità resilienti.
Il raggiungimento di questi obiettivi è possibile, naturalmente, solo se si agisce sui determinanti sociali e ambientali che superano i tradizionali fattori di rischio delle malattie e includono le opportunità di accesso all’istruzione, al mercato del lavoro e ai servizi pubblici, la qualità dell’ambiente di vita e le disuguaglianze di reddito, solo per fare alcuni esempi. Si tratta di segmenti sui quali è necessario agire contemporaneamente con un approccio trasversale e coinvolgendo le politiche tutte, non solo sanitarie.
Ancora una volta viene riconosciuto il ruolo dell’ambiente di vita come fattore abilitante della salute e del benessere e alla creazione di comunità resilienti. Questo richiama alla mente un tema mai desueto: quello del ruolo delle città. Non a caso, sempre l’Oms ha identificato l’urbanizzazione come una delle sfide cardine per la salute pubblica del ventunesimo secolo e la scelta riflette la proiezione secondo cui entro il 2050 i due terzi della popolazione mondiale vivranno in città. Già oggi in Italia la densità della popolazione nelle città metropolitane arriva a livelli molto elevati: basti pensare che a Napoli si contano più di 8.000 abitanti per chilometro quadrato, mentre a Milano 7.600. Se in alcuni casi l’estensione del territorio urbano porta a una minore densità abitativa (a Roma, ad esempio, quest’ultima è pari a circa 2.300 abitanti per kmq) questa rende, in compenso, sempre più complicato raggiungere i principali servizi o potersi spostare a piedi o attraverso forme di mobilità sostenibile. Nonostante le evidenze scientifiche suggeriscano la necessità di mantenere uno stile di vita il più possibile attivo per migliorare gli esiti di salute, le possibilità di farlo sono nelle grandi città spesso ancora ridotte o difficilmente percorribili. La conformazione stessa dell’ambiente urbano interviene ad aumentare la prevalenza di stili di vita insalubri o sedentari, con gravi conseguenze per la salute e con ricadute a livello sociale ed economico.
In questo contesto il concetto di smart city può intervenire anche a supporto della qualità di vita della popolazione rendendo anche la salute “intelligente” e contribuendo a tenere sotto osservazione l’impatto dei fattori ambientali e di contesto sulla popolazione dal punto di vista epigenetico. La smart city è un’area urbana dove migliorare l’efficienza dei servizi e delle infrastrutture è possibile grazie alle tecnologie digitali e all’innovazione. Alla base della città intelligente c’è quindi la trasformazione digitale e l’utilizzo dell’Internet of Things (IoT) in diverse aree, dai trasporti alla mobilità urbana, dalla gestione e distribuzione dell’energia al monitoraggio ambientale, passando per i sistemi di comunicazione e informazione. Il termine ha però un significato molto più ampio che fa riferimento a una città sostenibile, efficiente e innovativa in grado di offrire un’elevata qualità di vita ai suoi cittadini grazie al supporto della tecnologia.
Nonostante le dimensioni da osservare per comprendere a che punto si trovino le città italiane nel loro percorso verso città più intelligenti siano davvero tante, un interessante contributo arriva dal rapporto annuale sulle Smart City in Italia realizzato ogni anno a partire dal 2012 da Forum PA, che fornisce un aggiornamento dell’evoluzione dei centri urbani verso città più vicine ai bisogni dei cittadini, dunque, più inclusive, più vivibili e più capaci di promuovere lo sviluppo adattandosi ai cambiamenti.
Gli indicatori contenuti nello studio descrivono e misurano abitualmente diversi aspetti (economia, abitare, ambiente, persone, mobilità, governance e legalità), ma nel 2020 la ricerca ha voluto indagare in particolare il percorso di trasformazione digitale delle città italiane, analizzando i comuni capoluogo sui seguenti indicatori: accessibilità online dei servizi pubblici, disponibilità di app di pubblica utilità, adozione delle piattaforme digitali, utilizzo dei social media, rilascio degli open data, trasparenza, implementazione di reti wi-fi pubbliche e tecnologie di rete intelligenti. Sul podio Firenze come capoluogo più digitale d’Italia, insieme a Bologna e Milano, seguite da Roma, Modena, Bergamo, Torino, Trento, Cagliari e Venezia.
Focalizzare l’attenzione sulla trasformazione digitale proprio nel 2020, anno di esplosione della pandemia da Covid-19 ha un significato importante, perché l’accelerazione data dall’emergenza sanitaria in questo senso rappresenta oggi una grande opportunità per migliorare l’accesso dei cittadini ai servizi nelle città e, quindi, generare un effetto indiretto positivo sullo stile di vita che è possibile condurre al loro interno. Inoltre, i flussi informativi generati e raccolti grazie al digitale rappresentano un importante strumento di monitoraggio dei servizi e delle attività urbane, a partire dagli indicatori di mobilità, e sono dunque anch’essi fattori abilitanti per intervenire attraverso politiche adeguate alle criticità di ogni territorio urbano. La raccolta e il monitoraggio dei dati è, in ultimo, il fondamento sul quale costruire la capacità del nostro sistema socio-sanitario di essere proattivo nella presa in carico dei cittadini, tanto da essere un obiettivo centrale nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I contesti urbani rappresentano una grande sfida per l’intero sistema da questo punto di vista e le amministrazioni territoriali avranno un ruolo primario nell’intervenire affinché il disegno delle città (sempre più intelligenti) si renda utile a migliorare la salute della popolazione.