L’urgenza del Piano oncologico nazionale tra prevenzione, promozione della salute e innovazione


Approfondimento
Eleonora Mazzoni
nazionale

È ormai palese come l’emergenza da Covid-19 abbia provocato ritardi significativi nella prevenzione e nell’erogazione di prestazioni sanitarie e cure, obbligando il nostro Servizio sanitario nazionale a investire la maggior parte delle energie nel contrasto al virus. Il peso di questi ritardi è stato tanto più evidente per i pazienti oncologici e ha sollevato preoccupazioni riguardo la possibilità di osservare, nel prossimo futuro, una “epidemia” di cancro. Basti pensare che nel marzo 2021, a un anno dall’inizio della pandemia, le nuove diagnosi di tumore risultavano ridotte dell’11%, i nuovi trattamenti farmacologici del 13% e gli interventi chirurgici del 18%. L’urgenza di tornare a investire nella lotta contro il cancro si è fatta quindi viva oggi più che mai e la spinta in questa direzione ha portato, proprio in questi giorni, alla finalizzazione della stesura del Piano oncologico nazionale, pronto per l’esame in Conferenza Stato-regioni, ai fini dell’adozione mediante intesa.

Secondo l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), in Italia nel 2020 erano 3,6 milioni le persone viventi dopo una diagnosi di tumore: il 6% della popolazione. Si tratta di un aumento del 36% rispetto alle stime prodotte nel 2010. Sempre nel nostro Paese, nel 2021 i tumori sono stati causa di morte per 100.200 uomini e 81.100 donne. L’andamento della mortalità conferma la diminuzione registrata negli anni passati, seppur a eccezione del tumore del polmone, del pancreas, della vescica e delle leucemie nelle donne. La stima dell’impatto della pandemia da Covid-19 sulla mortalità per tumori nel 2021 presenta ancora alcune incertezze. Da un lato, si può ipotizzare una riduzione delle certificazioni di morti per tumore legata ai decessi di pazienti con cancro avanzato infetti con SARS-CoV2, la cui causa di morte è stata attribuita a quest’ultimo. Dall’altro, il decesso di una quota di pazienti con tumore avanzato può essere aumentato, soprattutto nei periodi di lockdown stretto, a causa dei ritardi nella terapia e degli effetti della pandemia sui sistemi sanitari, inclusi i servizi oncologici.

Il rischio che le conseguenze di questa sospensione possano manifestarsi anche nel futuro è implicito se osserviamo i ritardi accumulati nel 2020 rispetto al 2019 per quanto riguarda inviti, test di screening e mesi standard rilevati da un’indagine condotta dall’Osservatorio nazionale screening. La riduzione degli inviti è stata pari al 33% per lo screening cervicale, al 26,6% per lo screening mammografico e al 31,8% per lo screening colorettale. La diminuzione degli esami è stata del 43,4% per lo screening cervicale, del 37,6% per lo quello mammografico e del 45,5% per quello colorettale. Infine, i mesi standard di ritardo sono stati pari a 5,2, 4,5 e 5,5 rispettivamente per ciascuna delle tipologie di screening.

È opportuno ricordare che pure le abitudini di vita e l’ambiente circostante rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza di neoplasie. Se la diagnosi precoce permette di anticipare il momento in cui si scopre un cancro, altri più semplici interventi di prevenzione consentono di ridurre il rischio che alcuni tumori si presentino. Si tratta delle abitudini e dei comportamenti salutari che, se fossero seguiti da tutti, potrebbero evitare la comparsa di circa un caso di cancro su tre. La promozione della salute resta quindi, insieme alla prevenzione e alla diagnostica precoce e avanzata, uno degli strumenti cardine sui cui agire per combattere queste malattie. Proprio il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World Cancer Research Fund) ha recentemente pubblicato una revisione degli studi scientifici dedicati al rapporto tra alimentazione, stili di vita e tumori, a cui hanno collaborato ricercatori, epidemiologi e biologi di alcuni dei centri di ricerca oncologica più prestigiosi al mondo. Lo sforzo scientifico portato avanti ha lo scopo di produrre raccomandazioni per la prevenzione del cancro volte a ridurne l’incidenza, aiutando le persone a mantenere un peso sano, una corretta alimentazione e uno stile di vita attivo, informando l’azione politica per creare ambienti favorevoli alla salute.

Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, oltre il 40% dei casi di cancro è prevenibile. In questi casi, la mortalità può essere ridotta anche attraverso una diagnosi precoce e la fornitura di trattamenti più tempestivi ed efficaci. Su questo presupposto il Piano europeo per combattere il cancro mira a ridurre il carico di tumori per i pazienti, le loro famiglie e i sistemi sanitari e ad affrontare le disuguaglianze legate al cancro tra e all’interno dei Paesi, con azioni per sostenere, coordinare e integrare gli sforzi degli Stati membri. L’atteso Piano oncologico nazionale 2022-2027, che deve vedere raggiunta l’intesa in Conferenza Stato-regioni, dovrà recepire proprio le indicazioni del Piano europeo contro il cancro, e affronterà, secondo le anticipazioni, le questioni relative all’epidemiologia (come registro tumori e sistemi informativi sul cancro), alla ricerca e all’innovazione relativa a diagnosi e caratterizzazione molecolare con finalità prognostica e terapeutica, terapie cellulari e geniche e nuove tecnologie della radioterapia di precisione, come pure la centralità della digitalizzazione in oncologia e al rinnovo tecnologico delle attrezzature. Un ruolo centrale ricopriranno proprio le linee strategiche per la prevenzione e la promozione della salute per contrastare i principali fattori di rischio alla base delle malattie croniche attraverso un approccio che promuova interventi lungo tutto il ciclo di vita dell’individuo (life course approach).

Si auspica una approvazione e intesa in tempi rapidi del documento, vista la rilevanza del tema trattato, seppure si sollevano due legittime urgenze. La prima, quella di definire l’attuazione del Piano oncologico nazionale in maniera integrata rispetto all’attuazione della Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La seconda, quella di capire se a regime saranno disponibili delle risorse (ad oggi non previste) per il suo finanziamento.

Direttore Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia Politica presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza, con una tesi sperimentale sulla scomposizione statistica del differenziale salariale tra cittadini stranieri ed italiani.

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