Identità digitale: c’è ottimismo per il Wallet europeo


Approfondimento
Thomas Osborn

Avere un’identità digitale sta diventando indispensabile per molte attività della vita quotidiana: dalla compilazione di moduli al pagamento di bollettini, passando per le prenotazioni vaccinali e l’accesso a sussidi economici. I vantaggi e l’efficienza che ne derivano, uniti alla maggiore sicurezza offerta per le azioni compiute online, fanno di questo strumento uno dei maggiori abilitatori digitali non solo nell’e-Government e nel rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, ma anche nel rispetto di imprese e altre realtà del settore privato. A conferma dell’importanza di tale strumento, da diversi anni si registra la volontà da parte della Commissione Ue di introdurre un sistema uniforme su tutto il territorio europeo. L’attesa sembra ora quasi finita: l’eID europea e il Digital Wallet iniziano finalmente a vedere la luce in un clima che, secondo un recente studio Thales, vede i cittadini entusiasti dei nuovi sistemi continentali.

LE eID COME PASSEPARTOUT PER ACCEDERE AI SERVIZI ONLINE

Sebbene non esista una definizione univoca, il concetto di identità digitale si riferisce generalmente a tutte le informazioni personali o correlate alla persona che sono archiviate digitalmente e accessibili dall’individuo che le possiede e, in alcuni casi, anche da terzi. In un contesto globale in cui servizi e beni digitali stanno assumendo un ruolo sempre maggiore in tutte le sfere della vita quotidiana e professionale, la maggior parte delle informazioni personali è a oggi archiviata digitalmente, rendendola accessibile indipendentemente dal luogo e dal momento fisico e utilizzabile per servizi pubblici e privati. Le informazioni riservate sono pertanto diventate uno dei fattori chiave della società digitale, non solo in termini di accessibilità a servizi e di benefici che derivano dal loro utilizzo (un esempio su tutti, in ambito medico), ma, purtroppo, anche come fattori di rischio e come fonte di guadagno per chi intende sfruttarli per fini commerciali.

LA LUNGA MARCIA DELLE eID IN EUROPA

A livello europeo, l’attenzione su questi sviluppi e sulle conseguenze che possono avere in un numero considerevole di attività della vita quotidiana e professionale nasce negli anni ’90: in risposta al crescente utilizzo di Internet, nel 1999 la Comunità europea adottò la direttiva 93/1999/CE con cui, per la prima volta nella storia del Vecchio continente, venne introdotta una regolamentazione per l’uso delle firme elettroniche. Sebbene furono concessi ampi margini di manovra ai vari Stati, questi ultimi quantomeno individuarono delle linee comuni e si accordarono su tre livelli di sicurezza per cui tale strumento poteva essere usato (firma semplice, avanzata e qualificata). La direttiva, tuttavia, non prevedeva l’introduzione di strumenti per la cosiddetta “identità digitale” (eID), lasciando un vuoto normativo che negli anni successivi vide, inevitabilmente, un proliferare di modelli nazionali di eID. Tali sistemi risultavano, e in gran parte risultano tutt’ora, privi di interoperabilità e di riconoscimento reciproco, nonché di una tutela comune in termini di privacy e di utilizzi per scopi di lucro per i dati trattati.

La necessità di superare questi ostacoli, unita al consolidamento dello strumento della firma elettronica qualificata, ha fatto aumentare nel corso degli anni la sensibilità di cittadini e decisori politici su questi temi, aprendo un dibattito che nel 2014 ha portato all’approvazione dell’eIDAS (electronic IDentification, Authentication and trust Services), ovvero il Regolamento europeo per l’identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno. Dall’adozione del regolamento l’attenzione sul tema delle identità e delle autorizzazioni digitali ha continuato a crescere nell’Ue: le esigenze di protezione e sicurezza dei dati, i vincoli in materia di privacy (ad esempio, il regolamento Gdpr sulla privacy, ossia l’Ue 2016/679), nonché i più elevati standard tecnologici e di interconnettività richiesti dalla competitività del mercato globale, hanno favorito un’ulteriore presa di coscienza su questi servizi, soprattutto a causa del loro crescente valore economico e finanziario. Nel 2021, ossia nel pieno dell’accelerazione tecnologica e digitale causata dal Covid-19, la Commissione ha così proposto una revisione di tale atto al fine di promuovere una maggiore integrazione fra gli Stati. Questo aggiornamento dell’eIDAS, che dovrebbe concretizzarsi nel corso del 2022, focalizza l’attenzione su un framework per realizzare l’identità digitale europea, concretizzabile attraverso la nascita del “Wallet”.

IDENTITÀ DIGITALE IN ITALIA, IL BOOM DI SPID

Facendo un passo indietro, è interessante spendere qualche parola sul caso italiano. L’Italia è infatti uno dei Paesi più all’avanguardia in termini di identità digitale in Europa. Difatti, non solo può vantare di essere uno dei soli quattro Stati Ue a presentare ben due sistemi di eID nazionali riconosciuti a livello europeo, ovvero Spid e Cie, ma vanta anche un’attenzione sul tema ben precedente a quella di tanti altri Paesi Ue. L’avvio dei lavori del sistema Spid risale al 2013 quando, su proposta del deputato Stefano Quintarelli, si iniziò a progettare un servizio che potesse semplificare l’accesso dei cittadini al crescente numero di servizi online che costringevano gli utenti a dotarsi di un numero sempre maggiore di credenziali di accesso. Per far fonte al duplice obiettivo composto dalla necessità di garantire una diffusione capillare dell’eID e, contemporaneamente, di inserire tale strumento in un contesto di mercato volto alla competitività e all’incentivazione dell’innovazione, la distribuzione di Spid fu delegata ad aziende e realtà del mercato privato – un modello replicato nella maggioranza dei casi in Europa. I provider di Spid sono infatti ben 9, e il fatto che sono accreditati implica che abbiano ottenuto l’autorizzazione a operare sul mercato da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), ossia l’ente statale italiano responsabile dell’identità digitale.

In termini di diffusione, il vero boom di Spid si è avuto solo con le novità impresse dal Covid-19: da marzo 2020 a oggi il numero di erogazioni è aumentato del 360% e a possedere un’identità digitale è circa un italiano su due. I vantaggi sono ormai evidenti in ogni settore: dall’accesso ai portali della pubblica amministrazione fino ai settori della salute e dell’istruzione, passando il mondo del lavoro, l’identità digitale italiana garantisce semplificazione e sicurezza in una società sempre più digitalizzata.

Ma l’eID non rappresenta solo la principale tecnologia abilitante per la digitalizzazione delle pubblica amministrazione. Anche nell’ambito business si riconosce il grande valore di tali strumenti. Secondo Paolo Fiorenzani, responsabile della struttura Sviluppo e gestione servizi di identità e certificazione digitale di InfoCamere, “firma digitale e identità digitale sono strumenti determinanti e fondamentali per la nuova economia digitale e per la competitività delle nostre imprese”. Grandi vantaggi vengono riscontrati anche dalla standardizzazione e dal controllo in materia di sicurezza cibernetica, che offrono garanzie sia agli utenti che ai produttori: “Soprattutto per professionisti e imprenditori, è fondamentale avere strumenti di identità digitale per operare in digitale con certezza giuridica, dal punto di vista sia dell’autenticazione sia della sottoscrizione di documenti digitali, ovvero la possibilità di manifestare in modo affidabile il nostro consenso nel sottoscrivere impegni anche nel mondo digitale“.

Tuttavia, l’uso così intensivo delle identità digitali non è esente da critiche. Sono ancora numerosi gli italiani che si approcciano all’identità digitale con cautela, soprattutto per una generale mancanza di certezze davanti a uno strumento diventato, nel giro di pochi anni, così essenziale nella vita di tutti i giorni. Secondo una recente indagine Ipsos, è proprio in materia di cybersicurezza che gli italiani continuano a percepire i maggiori rischi legati all’utilizzo delle eID. Quasi un terzo della popolazione ha dichiarato di aver subito in prima persona una forma di violazione digitale e tra le minacce che preoccupano maggiormente ci sono proprio la paura di subire un furto d’identità (41%), l’utilizzo improprio di metodi di pagamento online (39%) e l’accesso fraudolento al conto corrente online (34%).

“UN’IDENTITÀ DIGITALE AFFIDABILE E SICURA PER TUTTI GLI EUROPEI”. L’AMBIZIONE DELLA COMMISSIONE SI CONCRETIZZA NEL WALLET 

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen l’aveva annunciato durante il discorso sullo stato dell’Unione del 16 settembre 2020, e ora, il progetto per “un’identità digitale europea sicura. Qualcosa di affidabile, che ogni cittadino potrà usare ovunque in Europa per fare qualsiasi cosa” sembra diventare realtà con l’EU Digital Identity Wallet, il “portafoglio” europeo di identità digitale. Nella seconda metà del 2021 l’esecutivo Ue ha lanciato una piattaforma online per raccogliere le osservazioni dei vari stakeholder su questa proposta, mentre nel mese di febbraio è stato pubblicato lo European Digital Identity, Architecture and Reference Framework, con il quale gli Stati europei sono stati invitati ad avviare fasi di studio e progettazione per lo sviluppo di un Toolbox comprendente un’architettura tecnica e un quadro (tecnico e normativo).

L’obiettivo principale del Wallet è la promozione di identità digitali accessibili e sicure, in un contesto user-friendly, che consentano di agevolare le interazioni online mantenendo tuttavia il controllo dei propri dati. I portafogli digitali consentiranno ai cittadini non solo di identificarsi digitalmente, ma anche di archiviare e gestire documenti ufficiali in formato elettronico (la patente di guida, le prescrizioni mediche o i diplomi) e di consentire autenticazioni online senza necessariamente dover rivelare la propria identità o altri dati sensibili. Attraverso un allineamento dei vari sistemi nazionali e un framework normativo comune, si punta quindi a permettere a tutti i cittadini, nonché a tutte le imprese e alle realtà del terzo settore, di accedere a un sistema di riconoscimento pienamente interoperabile, che dia accesso sicuro a un insieme di servizi sempre più ampio. Per favorirne la diffusione e per garantire un’accessibilità trasversale basata sulla semplificazione delle azioni e un generale approccio “user friendly”, l’EU Digital Identity Wallet sarà accompagnato anche da un’app specifica su cui cittadini e imprese potranno conservare e mostrare la propria identità, nonché condividere documenti elettronici ed eseguire pagamenti direttamente dal proprio smartphone.

Operativamente, la proposta della Commissione europea stabilisce una tabella di marcia serrata che dovrebbe consentire ai cittadini di avere il portafoglio tra il 2023 e il 2024. Il pacchetto di strumenti comuni su cui stanno lavorando gli Stati membri dovrebbe essere pronto a settembre di quest’anno e a questo dovrebbero poi seguire delle sperimentazioni in alcuni Paesi. Il prossimo anno sarà decisivo per capire se il Wallet riuscirà a imporsi come sistema accettato e riconosciuto a livello Ue e se tali novità verranno accolte dai cittadini proprio ora che iniziavano ad abituarsi ai propri sistemi nazionali.

Secondo un recente studio di Thales, la Commissione può essere ottimista: sono due terzi gli europei pronti a caricare i propri documenti nel Digital Identity Wallet, spinti principalmente dalle maggiori garanzie di sicurezza fornite. Tra i Paesi in cui si registra la maggiore attesa c’è proprio l’Italia, dove la percentuale di persone entusiaste del nuovo sistema sale al 75%, un dato secondo solo a quello della Francia (85%). La survey riporta inoltre una generale difficoltà – e mancata semplicità – dei sistemi eID attualmente in uso nei vari Stati membri: il 30% degli intervistati ha problemi quando fa un acquisto di valore che richiede di mostrare la carta di identità e il 29% ha difficoltà quando chiede accesso a un finanziamento. Tuttavia, del 40% di quelli si trovano ad affrontare tali problemi, la percentuale scende ad appena il 5% o meno quando si utilizza un formato digitale.

Resta da capire se e come il Wallet inciderà sulle dinamiche di mercato. Difatti, sembra dover essere superata l’impostazione basata su una moltitudine di fornitori del mercato privato, a vantaggio di un provider unico che si occuperà di fornire il supporto tecnologico per la distribuzione del sistema e per l’aggregazione di diversi certificati. Diversi esperti si stanno domandando se un eccessivo peso di questo ruolo rischia di causare la nascita di monopolisti nazionali e se un sistema con questa impostazione non finirà per rafforzare ulteriormente le imprese BigTech, rimaste finora ai margini dei sistemi di identità digitali certificati, ma che ora stanno facendo registrare il proprio l’interessamento.

Dopo la laurea triennale in Economics and Business all’Università LUISS, ha conseguito la laurea magistrale in Economics presso l’Università di Roma Tor Vergata con una tesi sperimentale in Economia del Lavoro su come l’introduzione di congedi di paternità influenzi gli esiti occupazionali ed economici delle madri.

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