L’emergenza siccità e i problemi ad essa connessi sono diventati il leitmotiv di questa estate 2022. Nel corso degli ultimi mesi, l’intero territorio italiano si è trovato a far fronte a gravi carenze d’acqua, che hanno già ripercussioni pesanti sul nostro benessere e sono destinate a causare danni economici non trascurabili.
È ormai noto che estremi metereologici simili hanno un responsabile: il surriscaldamento globale spinge la Penisola verso una configurazione climatica sempre meno tradizionale, più calda e secca, con precipitazioni rare ma intense. La siccità attuale, quindi, non è un estremo isolato, ma parte di un incedere dal quale occorre mettersi al riparo.
La principiale causa dell’emergenza è una scarsità di precipitazioni sia nevose, nei mesi invernali, sia piovose, nei mesi primaverili. Guardando ai dati metereologici raccolti da ISTAT e comparando semplicemente le precipitazioni totali avvenute nel 2010 a quelle del 2020 si nota già un livello nettamente inferiore.


Anche al di là delle straordinarietà annuali, la serie storica 2010-2020 mostra una tendenza alla diminuzione delle precipitazioni totali sulla Penisola.

Il punto di riferimento per la comparazione internazionale dei livelli di precipitazione è l’indicatore SPI (Standard Precipitation Index), che definisce gli stati siccitosi o umidi rapportando la differenza di precipitazioni di un certo intervallo di tempo alla deviazione standard calcolata sui dati degli anni precedenti. In Italia, gli SPI vengono forniti dalle Agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA). Dalle mappe SPI elaborate da ISPRA sulla base di dati raccolti nel maggio 2022, risulta che il crollo del dato sulle precipitazioni interessa l’intera Penisola.
In concomitanza con questa tendenza, si riporta anche un innalzamento delle temperature medie (+0,0369°C all’anno, secondo IEA), fenomeno che pregiudica i processi di assorbimento delle precipitazioni nel terreno. I dati relativi all’ESI (Evaporative Stress Index) del mese di maggio riportati dall’Osservatorio Siccità dell’Istituto per la Bioeconomia sottolineano come un alto stress evaporativo riguardasse, già in primavera, quasi tutto il territorio italiano.
Il ripetersi di estremi climatici che conducono a carenze d’acqua comporta una serie di gravi conseguenze di medio-lungo termine, che interrogano la resilienza del paese rispetto ai rischi del surriscaldamento globale. Anche solo volgendo lo sguardo alle implicazioni più prossime, la siccità ha già colpito duramente i settori produttivi del nostro paese. Nonostante non si possano ancora stimare i danni causati al sistema economico nel suo complesso, si possono individuare sin da ora i due grandi protagonisti del quadro: il settore agricolo e quello della produzione idroelettrica.
IL SETTORE AGRICOLO
Recentemente il Governo ha riconosciuto lo stato di emergenza per cinque regioni del Nord Italia: Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Friuli. Per fronteggiare lo stato critico dei raccolti, sono stati stanziati 36,5 milioni di euro e si attende la nomina di un commissario per l’emergenza nei prossimi giorni. La Coldiretti stima un danno ai raccolti pari a oltre tre miliardi di euro, che si tradurrà in un aggravamento della dipendenza dall’estero per prodotti agricoli essenziali quali grano duro e tenero, mais e orzo.
Per avere un quadro quantitativo della situazione, è possibile fare riferimento ai dati Eurostat sulla produzione agricola. Poiché le coltivazioni cerealicole sono quelle che maggiormente risentono dei fenomeni siccitosi, si è deciso di concentrarsi sul loro caso emblematico.
Tra il 2010 e il 2020, anno che corrisponde ai più recenti dati sulle precipitazioni disponibili, la produzione cerealicola ha registrato un calo modesto ma continuo. Tenendo a mente che questo andamento è in gran parte dovuto alla contrazione delle terre impiegate ad uso agricolo, resta comunque interessante accostarlo alle tendenze delle precipitazioni annuali.
In effetti, com’è comprensibile, la produzione cerealicola annuale è profondamente influenzata dalla portata delle precipitazioni. Calcolando una semplice correlazione statistica, risulta che l’andamento della produzione cerealicola è correlato al trend delle precipitazioni per circa il 50%.

LA PRODUZIONE IDROELETTRICA
A causa della secca del fiume Po, Enel Greenpower è stata costretta a chiudere una centrale idroelettrica dell’Isola Serafini di San Nazzaro (Monticelli), nel piacentino.
È, questo, un episodio simbolico, che racconta la crisi in cui versa il sistema di produzione idroelettrica nazionale. Una crisi che non possiamo permetterci.
Nel quadro complesso del mercato energetico degli ultimi mesi, le fonti rinnovabili dovrebbero rivestire un ruolo essenziale nel garantire sostenibilità e sicurezza energetica al paese. Secondo dati Terna, l’energia idroelettrica è la prima fonte rinnovabile in Italia, poiché copre il 41% del renewable policy mix.
Come nel caso dell’agricoltura, non sono ancora disponibili dati posteriori al 2020. Benché, quindi, sia ancora presto per quantificare gli effettivi danni della siccità su questo settore, è comunque possibile avanzare un’ipotesi dell’entità dell’impatto basandosi sulle evidenze di correlazione tra gli andamenti di precipitazione e quelli di produzione di energia idroelettrica provenienti da un’analisi delle serie storiche.

Nonostante il calo tendenziale dei prezzi dell’energia da fonte idroelettrica sul mercato globale, l’andamento della produzione italiana segue quello delle precipitazioni in modo sostanziale. L’ammontare della produzione di energia da fonte idroelettrica è correlato per l’80% alla portata delle precipitazioni. Questo dato preoccupante lascia intravedere mesi di approvvigionamento idroelettrico scarso e incerto.
LA STRATEGIA DI ADATTAMENTO
Secondo l’Istituto di Ricerca sulle acque del CNR, occorre dare priorità all’efficientamento del sistema idrico nazionale. In questo ambito, infatti, l’Italia sconta un ritardo in termini di estensione, standardizzazione e interoperabilità del sistema di monitoraggio nonché nello sviluppo di una cultura interpretativa comune a tutti gli attori del settore.
Per far fronte a queste criticità, si è ricorso al PNRR. I principali investimenti previsti sono quattro:
- Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico sia nelle aree urbane e che nelle grandi aree irrigue a vocazione agricola, per due miliardi di euro;
- Investimenti in fognatura e depurazione, per oltre 600 milioni di euro;
- Investimenti nella resilienza dell’agro-sistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche, per un totale di 880 milioni di euro;
- Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti, con una spesa di 900 milioni di euro.
Di fronte a un clima che cambia, il tema dell’adattamento agli estremi metereologici non può essere lasciato in secondo piano. La gestione efficace della risorsa idrica è un passaggio cruciale per assicurare al nostro paese le caratteristiche di reattività e resilienza necessarie ad affrontare le sfide ambientali a venire.