Fascicolo sanitario elettronico, le nuove linee guida e l’ecosistema delle competenze digitali


Articolo
Maria Vittoria Di Sangro
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Ad oggi la gestione dei dati sanitari è un tema più che centrale, dalle molte sfaccettature e ricco di complessità da affrontare. L’utilizzo e la diffusione di questa tipologia di dati portano con sé diverse implicazioni, di duplice natura. Da un lato la sensibilità e la privacy necessarie e dall’altro l’importanza che questi dati ricoprono per la salute pubblica e il decision making in questo ambito. Il principale veicolo di scambio e accesso a questi dati sarà il Fascicolo sanitario elettronico (Fse).

Il Fse, conosciuto anche come Electronic Health Record (Ehr), è un insieme di dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici, riguardanti l’assistito, riferiti a prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) e, a partire dal 19 maggio 2020, anche da strutture sanitarie private. Il Fascicolo sanitario elettronico è un elemento chiave all’interno dell’insieme di iniziative che si inseriscono nell’ambito della Sanità Digitale e rappresenta un importante strumento per il miglioramento della qualità delle cure che le strutture sanitarie, a tutti i livelli, offrono all’assistito.

Allo stato attuale, il Fse dovrebbe rendere disponibili al paziente e, con il suo consenso, al personale sanitario: i dati identificativi e amministrativi dell’assistito, le informazioni del medico di base, le prescrizioni specialistiche e farmaceutiche, i referti di laboratorio, il profilo sanitario sintetico redatto e aggiornato dal medico di medicina generale che riassume la storia clinica dell’assistito e la sua situazione corrente conosciuta. Sfortunatamente spesso non è così. Per molto tempo il Fascicolo sanitario elettronico è stato ridotto a una mera raccolta di documenti PDF e testi da cui sarebbe stato impossibile estrarre dati in maniera efficiente e scalabile, come il potenziale tecnologico e la domanda di cura richiederebbero. In questo modo, i vantaggi significativi che potrebbero derivare dall’utilizzo dei dati raccolti non sono lontanamente raggiungibili. Inoltre, l’utilizzo di questo strumento si è rivelato estremamente eterogeneo di regione in regione. Da questo è emerso come un utilizzo frammentato mini l’utilità e la fruibilità del servizio nel suo insieme.

LE NUOVE LINEE GUIDA 

Proprio in questi giorni è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Ministero della salute contenente le Linee guida per l’attuazione del Fascicolo sanitario elettronico. Il documento delinea il percorso che dovrà concludersi entro il 2026, sintetizzando e sostituendo tutte le precedenti raccomandazioni.

L’investimento 1.3.1 della Missione Salute del Pnrr stanzia 1,38 miliardi per il potenziamento del Fascicolo sanitario elettronico, individuato come strumento chiave per la digitalizzazione del Ssn. I target europei per l’erogazione di questi fondi sono due: entro la fine del 2025 l’85% medici di base dovrà alimentare il Fse attivamente ed entro la metà del 2026 tutte le regioni dovranno utilizzarlo. Le linee guida appena pubblicate intervengono proprio per favorire il raggiungimento di questi obiettivi attraverso la definizione di un indirizzo strategico unico a livello nazionale.

Le direttrici d’azione individuate dalle linee guida sono quattro: garantire i servizi essenziali al fine di poter erogare prestazioni di sanità digitale omogeneamente sul territorio nazionale; uniformare i contenuti in termini di standard e codifiche per assicurare la coerenza semantica e di conseguenza l’interoperabilità tra le organizzazioni; rafforzare l’architettura per realizzare un’infrastruttura con dati e documenti clinici capace di interoperare con i sistemi informativi in uso presso le diverse strutture sanitarie del territorio e potenziare la governance.

LE COMPETENZE DIGITALI DEGLI ITALIANI

Riuscire a diffondere nella pratica clinica quotidiana l’utilizzo di strumenti digitali necessita di una forte riprogrammazione dei processi e di una buona competenza digitale nel settore. Nonostante i dati riguardo le competenze digitali degli italiani pre-Covid non fossero molto incoraggianti, la pandemia ha impresso un’accelerazione inaspettata al processo di alfabetizzazione digitale. In chiave comparata con i Paesi europei e del mondo occidentale, storicamente l’Italia non ha mai rappresentato un Paese con competenze digitali altamente sviluppate. Secondo il DESI (Digital Economy and Society Index) nel periodo 2019/2020, l’Italia si posizionava al 25° posto tra i 27 Stati membri dell’Unione europea secondo l’indice complessivo di digitalizzazione dell’economia.

I dati degli ultimi anni però lasciano spazio ad una migliore prospettiva per il futuro. Si è assistito ad un rafforzamento importante della percentuale di giovani con accesso a internet. Gli ultimi dati disponibili registrano infatti un aumento del 16% nel numero di giovani (16-19 anni) che utilizzano Internet per svolgere corsi online, anch’esso fortemente stimolato dalle restrizioni pandemiche, arrivando quindi a coinvolgere il 26% della popolazione, un dato analogo alla media UE-27. Parallelamente si è verificato un incremento considerevole anche nel numero di giovani che usano Internet per attività educative (+22%), raggiungendo quota 73%, in linea con la media europea e al di sopra del target previsto per il 2025 del 65%.

L’ADOZIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE

È necessario però ancora una volta sottolineare quanto la pandemia abbia accelerato questo processo. Ne sono un esempio i dati riguardanti il numero di identità SPID erogate e i download di app IO. Come rappresentato nel grafico seguente, nonostante il Sistema Pubblico di Identità Digitale fosse già disponibile dal 2018, è solo nel 2020 che prende definitivamente piede, arrivando a più di 28 milioni di identità erogate. Allo stesso modo, i tempi di adozione diffusa dell’app IO sono stati molto brevi. La prima open-beta dell’applicazione è stata lanciata ad aprile 2020, solo un anno dopo già superava i 10 milioni di download. Ad inizio 2022 aveva già ampiamente superato i 25 milioni di download.

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Fonte: Dati ufficiali Agenzia per l’Italia Digitale

Portare i cittadini ma anche i professionisti della salute a modificare la propria quotidianità a favore dell’utilizzo delle tecnologie digitali è un obiettivo ambizioso ma senz’altro parte di un processo irreversibile che si farà strada, presto o tardi, in tutti gli ambiti di vita. Alcuni elementi possono influire (sia negativamente che positivamente) sull’adozione di un’innovazione:

  • Vantaggio relativo – avviene quando la tecnologia o la pratica viene ritenuta più vantaggiosa o migliore rispetto a quelle usate in precedenza, apportando quindi un valore aggiunto agli utilizzatori;
  • Compatibilità – quando un’innovazione viene percepita come in sintonia o, appunto, compatibile con il quadro di valori, le norme sociali, le esperienze pregresse, le preferenze e i bisogni dei potenziali utilizzatori. La mancanza di compatibilità, in questo senso, tende a incidere negativamente sul tasso di adozione;
  • Complessità – quando la tecnologia o la pratica vengono percepite come difficili da comprendere o da utilizzare (più sono difficili, più impiegheranno del tempo per essere adottate);
  • Sperimentazione – la possibilità di testare l’innovazione o il nuovo comportamento riduce il grado di incertezza per gli individui che stanno valutando la possibilità di adottarli;
  • Osservabilità – quando i risultati o i vantaggi dell’uso di un’innovazione o un comportamento innovativo sono visibili ai potenziali utilizzatori; più essi riescono a vedere il relativo valore, più saranno veloci nell’adottarla.

Nonostante le moltissime variabili che possono influire nella realizzazione, il processo di digitalizzazione della sanità è in atto. Tutti gli elementi programmatici in tema vanno verso l’adozione di un Fascicolo sanitario potenziato e completamente rinnovato che rappresenterà il punto unico di accesso ai servizi sanitari digitali, cambiando l’approccio che ogni cittadino ha avuto nei confronti della sanità fino ad ora.

Nata a Roma nel 1997, Maria Vittoria Di Sangro ha iniziato i propri studi mossa dalla curiosità per le lingue e le culture straniere. Una passione, questa, che l’ha portata a vivere numerose esperienze formative all’estero.

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