Lo scorso 15 luglio il Ministero della Salute ha inviato ai fini dell’approvazione da parte della Conferenza Stato Regioni il documento contenente le “Linee dì indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità” con l’obiettivo di implementarle, ferme restando le autonomia attuative, in tutte le Regioni. L’accordo, all’ordine del giorno della Conferenza in data 27 luglio, contiene passaggi importanti sull’impatto dell’obesità come malattia cronica, sulla necessità di prevedere adeguati Livelli Essenziali di Assistenza e PDTA e sul collegamento tra fattori di rischio legati allo stile di vita e sviluppo della patologia. Si riconosce che la prevenzione e la cura dell’obesità rappresentano obiettivi strategici di fondamentale importanza anche al fine di ridurre i costi associati alla cura delle molte malattie croniche ad essa associate.
L’obesità ha raggiunto nel mondo proporzioni pandemiche con circa 800 milioni di persone malate. Secondo le stime ISTAT nella popolazione adulta la prevalenza media dell’obesità è dell’11,7% tra gli uomini e del 9,8% tra le donne. Questa prevalenza si traduce in un numero assoluto di circa 5 milioni di persone affette da obesità nella popolazione adulta italiana. Circa 1 paziente su 10 è affetto da obesità grave con un BMI superiore a 40 kg/m2 (parliamo di circa 500.000 persone in Italia) e tra questi aumenta esponenzialmente la presenza di comorbidità rappresentate da altre malattie croniche e invalidanti. La riduzione dei costi sociali collegati all’obesità, classificata definitivamente dall’OMS come malattia, sia in termini di anni di vita persi o vissuti con disabilità che in termini economici di riduzione di produttività e di maggior ricorso ai servizi sanitari, rappresenta quindi una parte significativa della sfida per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) fissati dalle Nazioni Unite per il 2030.
Le linee guida forniscono le indicazioni necessarie per una corretta diagnosi dell’obesità e si fondano sulla necessità di seguire e implementare l’approccio intersettoriale voluto dagli strumenti ad oggi disponibili, quali il Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2020 – 2025, il Piano Nazionale della Cronicità (PNC) e il programma “Guadagnare Salute” adottato con il DPCM 12 gennaio 2017, di aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), intervenendo lungo tutto il corso della vita del cittadino attraverso azioni volte a modificare il contesto obesogeno e favorire la conduzione di stili di vita salutari. Inoltre, un ruolo fondamentale viene riconosciuto alla prevenzione dell’obesità nel contesto urbano proprio perché, negli ultimi anni, una grande attenzione è stata data alla relazione tra salute pubblica e pianificazione urbana, che può giocare un ruolo decisivo nel ridurre il carico delle malattie croniche. A livello locale la responsabilità di implementare azioni rivolte a prevenire l’obesità e ridurne il carico sulla popolazione è riconosciuta in capo ai dipartimenti di prevenzione e si sottolinea che i programmi debbano essere monitorati e valutati attraverso indicatori di processo e di esito. All’interno di questo quadro, che altro non può essere che coordinato, un ruolo centrale è riconosciuto ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta che devono collaborare alla prevenzione e al contrasto dell’obesità attraverso alcune definite attività. All’interno del documento viene poi definito il Percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale dell’Obesità (PPDTA) per una presa in carico globale del paziente. Il percorso si articola su tre livelli. Il primo rappresentato dall’assistenza territoriale convenzionata, il secondo dal Dipartimento di Prevenzione e dai centri spoke della rete clinico – nutrizionale ed il terzo dai diversi centri ospedalieri ad alta specializzazione per la cura dell’obesità grave o con complicanze in età pediatrica, adulta o geriatrica.
Il documento dà poi ampio spazio al ruolo delle scuole, dei luoghi di lavoro, della formazione e del monitoraggio, attraverso i sistemi di sorveglianza regionale, di indicatori atti a rilevare la dinamica della prevalenza dell’obesità nella popolazione nel tempo, anche volti a valutare gli esiti delle azioni intraprese sui singoli territori. Di certo il testo rappresenta un passo avanti importante volto al riconoscimento dell’obesità sia essa stessa come malattia cronica, legata fortemente alla conduzione di stili di vita salutari e all’ambiente, sia come importante fattore di rischio per la copresenza di altre malattie croniche nello stesso soggetto. Tuttavia, pochi sembrano essere nel testo i riferimenti al diabete di tipo 2, principale comorbidità dell’obesità, come anche l’aumento del rischio di alcune patologie neoplastiche, sempre correlato all’obesità. Inoltre, un’ampia letteratura scientifica e clinica dimostra che l’obesità è in grado di aumentare il carico e i correlati costi di malattia per molte patologie croniche relativamente a specifici endpoints clinici. La valutazione di tali risultati potrebbe consentire di migliorare la valutazione dell’impatto dei fattori di rischio. Più in generale, infine, le strategie di prevenzione delineate rispondono più alla definizione di strategia di promozione della salute, mentre mancano inviti più operativi ad interventi regolatori rivolti a contenere, ad esempio, il consumo di alimenti a potere obesogenico. Resta da augurarsi che l’endorsement da parte delle istituzioni a livello nazionale, regionale e territoriale, così come da parte della rete dei servizi e dei professionisti sanitari, sia forte e che possa presto accompagnarsi ad un’effettiva equità di accesso ai nuovi LEA, in tutte le Regioni italiane.