È ormai evidente, a livello globale, come le diete povere siano non solo responsabili di più decessi rispetto a qualsiasi altro fattore di rischio ma anche la principale causa di malattie non trasmissibili e obesità. Si stima che nel mondo una morte su cinque sia dovuta a una scorretta alimentazione, per un totale di 11 milioni di morti all’anno.
Gli approcci per migliorare l’alimentazione si sono tradizionalmente concentrati sui nutrienti come determinanti chiave di una dieta sana. Di fatto la stragrande maggioranza delle linee guida dietetiche e dei programmi educativi alimentari sono basate sull’apporto di nutrienti e rimarcano l’importanza del consumo di cibi fonte di fibre, vitamine, minerali e a basso contenuto di grassi saturi, colesterolo e sodio.
Nonostante solidi studi di coorte indichino che l’aumento delle quantità di alimenti ultra trasformati nelle abitudini alimentari sia legato ad un rischio maggiore di malattie non trasmissibili, il ruolo della trasformazione dei cibi è ancora poco considerato e sottostimato. Di conseguenza, alimenti apparentemente salutari dal punto di vista nutrizionale potrebbero rappresentare un rischio per la salute a causa dell’eccessiva lavorazione industriale.
Questo è quanto emerge anche da uno studio italiano appena pubblicato sul British Medical Journal. La ricerca, condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli in collaborazione con l’Università dell’Insubria di Varese e Como, l’Università di Catania e Mediterranea Cardiocentro di Napoli, ha monitorato per 12 anni lo stato di salute di oltre 22 mila persone, analizzandone le diete sia dal punto di vista nutrizionale che di trasformazione industriale.
Per lo studio sono stati utilizzati due metodi di classificazione degli alimenti, il Nutri-Score e il Nova. Il primo attribuisce un punteggio che classifica gli alimenti in cinque classi basandosi sull’apporto nutrizionale. L’obiettivo principale del Nutri-Score è fornire al consumatore le informazioni necessarie per confrontare la qualità nutrizionale di prodotti della stessa categoria o consumati per lo stesso scopo. Nonostante sia efficace, il Nutri-Score (e teoricamente tutti i sistemi che si concentrano solo sulla composizione nutrizionale) non copre tutte le dimensioni dell’alimento, che non possono essere limitate al suo equilibrio nutritivo. Il Nova invece è un sistema di classificazione basato sulla natura, l’estensione e le finalità dei processi industriali a cui gli alimenti e le materie prime sono sottoposti.
Nel maggio 2020 la Commissione europea ha annunciato l’adozione prevista di uno schema di etichettatura nutrizionale armonizzato e obbligatorio a livello dell’UE, nell’ambito della sua strategia dal produttore al consumatore. Qualunque sia il sistema di etichettatura utilizzato, l’obiettivo principale è informare i consumatori sul valore nutrizionale complessivo degli alimenti per aiutarli a compiere scelte dietetiche più sane e, in alcuni casi, per incentivare le aziende alimentari a riformulare la composizione nutrizionale dei loro prodotti.
Il Nutri-Score è tra i sistemi favoriti, sviluppato da ricercatori accademici francesi e approvato in sette paesi europei, è forse il sistema di etichettatura nutrizionale più studiato soprattutto per la facile comprensione delle categorie, grazie all’utilizzo di colori associati alle “classi nutrizionali”. Anche se ha ottenuto molta attenzione da parte delle istituzioni europee, sono sorti anche molti dubbi riguardo l’efficacia di un’etichettatura basata esclusivamente sull’apporto nutrizionale. Di fatto un alimento altamente lavorato e contenente molti additivi, oltre ad altre sostanze che non sono tipicamente utilizzate nelle preparazioni domestiche (come amidi modificati, oli idrogenati, sciroppi di cereali, aromi) potrebbe comunque ottenere un buon Nutri-Score.
Per contribuire ad una migliore comprensione delle dinamiche di definizione del rischio per la salute, lo studio del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed ha analizzato le associazioni individuali e congiunte di questi due sistemi di classificazione degli alimenti in relazione a tutte le cause e alla mortalità specifica. Lo scopo principale era quello di studiare i fattori di rischio genetici e ambientali che giocano un ruolo nell’insorgenza e nella progressione di malattie cardiovascolari, cerebrovascolari e tumorali. I risultati dello studio suggeriscono infatti che gli alimenti altamente trasformati sono associati a peggiori risultati di salute indipendentemente dalla loro bassa composizione nutrizionale, ma non viceversa.
Ci troviamo di fronte al primo studio che esamina il possibile impatto sulla salute dell’esposizione ad alimenti poveri di nutrienti secondo il sistema del profilo nutritivo alla base del sistema Nutri-Score, e ad alimenti caratterizzati da un elevato grado di lavorazione secondo la classificazione Nova. È emerso, tenendo conto congiuntamente sia del contenuto nutrizionale della dieta che del suo grado di lavorazione industriale, che quest’ultimo aspetto è quello più importante nell’evidenziare il maggiore rischio di mortalità. Oltre l’80% degli alimenti classificati come non salutari dal Nutri-Score sono anche ultra-lavorati. Però il rischio aumentato di mortalità non è da imputare esclusivamente alla bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti, bensì al fatto che questi siano ultra-lavorati.
Giovanni de Gaetano, Presidente dell’Irccs Neuromed di Pozzilli, ha sottolineato che “un difetto comune a tutti i sistemi di etichettatura nutrizionale è quello di isolare il singolo prodotto dall’alimentazione globale”. E ha continuato, “per migliorare davvero l’alimentazione, dovremmo ritornare all’antica lezione della Dieta Mediterranea, che è uno stile di vita caratterizzato da una sapiente scelta degli alimenti e del modo di combinarli e consumarli”. Un’azione completa di prevenzione a tavola non può prescindere dall’attenzione ai processi di lavorazione industriale che, se eccessivi, rappresentano un documentato rischio per la salute pubblica.