L’impatto di Netflix sul mercato pubblicitario. Da streaming war a platform war?



Lorenzo Principali

Prosegue la battaglia internazionale tra Netflix e Disney. Il calo della compagnia di Reed Hastings aveva portato la famiglia Disney al primato. Ma le ultime mosse di Netflix hanno mostrato, oltre ad un sensibile recupero in termini di abbonati, l’apertura di un nuovo fronte di mercato. La pubblicità televisiva online, sebbene non costituisca un versante completamente nuovo, potrebbe vedere nel gigante dello streaming, anche in Italia, un decisivo fattore di propulsione, e quindi di competizione con la tv lineare.

LA BATTAGLIA TRA NETFLIX E DISNEY

Negli ultimi 10 mesi, il servizio di streaming “per antonomasia” ha visto la propria leadership sfidata in modo piuttosto consistente da una molteplicità di player. Tra questi, l’operatore che sta conquistando maggior successo è la conglomerata Disney.

La Walt Disney Company si è lanciata nello streaming dal 2009, prima partecipando alla piattaforma Hulu come azionista di minoranza, poi acquisendo nel 2016 una partecipazione del 33% in BAMTECH Media, società di tecnologia per lo streaming video, successivamente acquistata e ribattezza, nel 2018, Disney Streaming Services. Oltre al lancio di ESPN+ e soprattutto di Disney+, l’acquisizione di 21 Century Fox ha dato Disney una quota di maggioranza anche in altre piattaforme di streaming, tra cui Hulu e Star+. Calcolati tutti insieme, nel secondo trimestre 2022 i servizi streaming controllati direttamente o indirettamente da Disney sono riusciti ad effettuare il fatidico sorpasso di Netflix per numero di abbonati (221,1 milioni vs 220,7).

 

Questo è avvenuto in corrispondenza del primo calo della storia di Netflix, -200mila abbonati a livello mondiale in un trimestre, cui è seguito un calo più consistente nel trimestre successivo (-970 mila abbonati).

LA RIVINCITA DI NETFLIX

Nel trimestre che va da luglio a settembre, Netflix ha invertito il trend negativo, raccogliendo 2,4 milioni di nuovi abbonati in tutto il mondo, ovvero più del doppio di quanto previsto a Wall Street.

Le azioni di Netflix hanno registrato un balzo del 14% nelle contrattazioni after-hours, anche grazie alla previsione del gigante dello streaming di raccogliere 4,5 milioni di clienti nel quarto trimestre (laddove le stime di Wall Street indicavano, in media, una crescita di 4,2 milioni).

Nel complesso, quindi, Netflix ha raggiunto il proprio nuovo picco con oltre 223 milioni di abbonati: dei nuovi, 100 mila si trovano negli Stati Uniti e in Canada, 570 mila in Europa, Medio Oriente e Africa, 310 mila in America Latina e ben 1,43 milioni nella regione Asia-Pacifico.

IL LANCIO DELLA PUBBLICITÀ

Netflix ha ufficialmente annunciato il nuovo piano base con le pubblicità. Queste dovrebbero avere una durata compresa tra i 15 e i 30 secondi per “circa 4 minuti di pubblicità ogni ora”. Secondo la piattaforma “questa stima può variare in base al titolo che stai guardando”. Le inserzioni saranno presenti prima e durante la riproduzione della maggior parte dei film e delle serie tv. Inoltre, “alcuni film e serie tv non saranno disponibili a causa di limitazioni legate alle licenze e i download non sono inclusi”. Nel dettaglio, ciò è dovuto al fatto che la compagnia non ha acquistato i diritti a trasmettere con le inserzioni pubblicitarie di una quota compresa tra il 5% e il 10% del catalogo complessivo.

La nuova opzione sarà lanciata tra il 1° e il 10 novembre in 12 paesi (Australia, Brasile, Canada, Corea, Francia, Germania, Giappone, Italia, Messico, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti). In Italia sarà disponibile dal 3 novembre, con il costo che scenderà a 5,49 euro al mese, rispetto ai 7,99 euro del piano base tradizionale.

Non sarà possibile saltare né mandare avanti velocemente le pubblicità (ma si potrà mettere in pausa la riproduzione). In particolare, chi sottoscriverà l’abbonamento con pubblicità dovrà fornire alla compagnia anche la propria data di nascita e il proprio genere, poiché Netflix intende utilizzare questi dati demografici per indirizzare gli annunci promozionali. A livello mondiale, il mercato pubblicitario televisivo è stimato in 153 miliardi di dollari.

IL POSSIBILE IMPATTO SUL MERCATO ITALIANO

Il mercato italiano dello streaming risulta già adesso piuttosto maturo, con oltre 16 milioni di utenti unici che compongono un pubblico tendenzialmente più giovane e disponibile a spendere. In altre parole, un target pregiato, rispetto a quello meno dinamico che guarda più assiduamente la tv tradizionale.

Secondo Hastings, i broadcaster tradizionali sono in grado di raggiungere un numero sempre minore di persone, e la fascia demografica 18-49 sta diminuendo anche più velocemente del declino della pay tv. Per tali ragioni, un nuovo tipo di pubblicità televisiva customizzata potrebbe avere un effetto rilevante. A tal proposito, giova ricordare che, secondo il Censis, il consumo della tv “tradizionale” (digitale terrestre) è calato di 5,2 punti percentuali tra 2007 e il 2021, mentre quello delle tv via Internet (web tv e smart tv) è cresciuto di quasi 32 punti, fino a quota 41,9% degli utenti complessivi.

Attualmente, il mercato della pubblicità televisiva in Italia ammonta a circa 3 miliardi di euro l’anno. Salvo il calo del 2020, i ricavi negli ultimi 6 anni risultano relativamente stabili. Il mercato della tv a pagamento ha visto invece un decremento di circa il 10%, dovuto in buona parte anche alla riduzione della componente pubblicitaria. Infatti, se le offerte a pagamento sono passate da 3.048 milioni del 2016 a 2.941 milioni nel 2021, la raccolta pubblicitaria sulla piattaforme pay è più che dimezzata, da 337 a 141 milioni. Peraltro, questa viene ancora veicolata in modalità broadcast, ovvero senza una profilazione ad personam ma in relazione al contenuto e alla fascia oraria.

Di conseguenza, l’introduzione di pubblicità televisiva customizzata potrebbe avere un effetto inaspettato sugli inserzionisti e sul mercato in generale. Come base, considerando che l’operazione di Netflix mira prevalentemente a tamponare con gli introiti da pubblicità quelli potenzialmente persi per via di crisi economica e inflazione, e che il fatturato dei servizi online è stimabile intorno agli 800 milioni di euro, è verosimile ritenere che gli introiti pubblicitari derivanti dal nuovo formato possano raggiungere quota 100-200 milioni nel giro di 12-24 mesi. Non a caso, il direttore finanziario Spencer Neumann ha dichiarato che il nuovo servizio farà soldi nel tempo, ma ha avvertito che all’inizio sarà piuttosto piccolo.

Come orizzonte di lungo periodo, considerando che attualmente le offerte tv a pagamento via web ammontano a 1/3 del fatturato complessivo della tv a pagamento e immaginando un effetto analogo sul mercato pubblicitario televisivo, la quota della tv online a pagamento potrebbe arrivare a valere fino ad 1 miliardo.

Tuttavia, forse è un po’ presto per concordare con Paolo Pescatore, analista di PP Foresight, secondo cui questo potrebbe rivelarsi “the final nail in the coffin” per gli operatori tradizionali. Di certo, quando un player di queste dimensioni – e di queste capacità nell’analisi dei dati, considerando anche la partnership con Microsoft – entra in un mercato piuttosto tradizionalista come quello della tv lineare, potrebbe determinare ulteriori effetti disruptive. Come evidenziato da Seth Shafer, analista senior di Kagan, “per anni gli inserzionisti hanno chiesto a gran voce di poter acquistare pubblicità su Netflix. Quindi, anche se i venti contrari nell’economia continuassero a crescere, i risultati di Netflix potrebbero essere diversi da quelli del mercato pubblicitario in generale“.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Lorenzo Principali si occupa di economia dei media, servizi web e tlc. Ricercatore dal 2007, sino al 2012 ha collaborato con l’Istituto di Economia dei Media, svolgendo analisi e consulenze per i maggiori operatori nazionali e internazionali.

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