Intelligenza artificiale, l’Europa ha già perso la sfida?


Articolo
Domenico Salerno
intelligenza artificiale

Le tecnologie che ricadono sotto il termine-ombrello di Intelligenza Artificiale rappresentano una delle principali frontiere della competizione globale in ambito digitalizzazione. Soluzioni quali la comprensione del linguaggio naturale, il riconoscimento delle immagini, i sistemi di supporto alle decisioni, il machine learning e la robotica abiliteranno capacità sempre più sofisticate nelle macchine. Pertanto, appare verosimile ritenere che chi dominerà lo sviluppo delle tecnologie legate all’IA detterà in larga misura gli standard tecnologici globali dei prossimi anni.

L’INNOVAZIONE NELLE TECNOLOGIE INFORMATICHE

Osservando in generale le tendenze che riguardano lo sviluppo nel comparto IT, vediamo come l’avanzamento delle tecnologie informatiche resti principalmente appannaggio delle due maggiori economie globali, Usa e Cina (come evidenziato ampiamente nel Rapporto I-Com 2022 su reti e servizi di nuova generazione). Queste due superpotenze, forse più di tutti gli altri, hanno compreso l’importanza cruciale di raggiungere la leadership in quest’ambito e in virtù di ciò si stanno giocando il primato di Paese più avanzato del globo a colpi di investimenti in innovazione.

Una misura di quanto questi due Paesi siano molto avanti rispetto a tutte le altre aree del mondo dal punto di vista dello sviluppo delle tecnologie informatiche può venire dai dati WIPO relativi ai brevetti annuali registrati per origine del richiedente. Analizzando in particolare i brevetti relativi all’area “Computer technology” vediamo come nel 2021 a primeggiare sia stato il gigante asiatico, con oltre 70 mila sottoscrizioni, seguito dagli Usa che ne fanno contare circa 41,5 mila. A spiccare in negativo è il dato dell’UE 27 che, con soli 8,688 brevetti registrati, si posiziona all’ultimo posto tra le aree considerate, dietro anche a Giappone e Corea del Sud.

Brevetti registrati in ambito “Computer technology” per Area geografica (2015-2020)intelligenza artificialeFonte:Elaborazioni I-Com su dati WIPO

Molto interessante è anche il dato sull’evoluzione temporale del numero di brevetti registrati che mostra chiaramente come la Cina abbia vissuto nel periodo 2015 2021 una crescita dirompente (+469%), che l’ha portata lo scorso anno a superare gli USA. L’Unione Europea ha invece seguito un andamento oscillante e ha chiuso lo scorso anno con 8.688 brevetti registrati, appena il 12% di quelli cinesi e il 21% di quelli americani, in calo del 9,3% rispetto all’anno precedente.

QUALE RUOLO GIOCA L’EUROPA NELLO SVILUPPO DELL’IA?

Concentrando l’attenzione sull’intelligenza artificiale, l’arretratezza dell’Unione Europea rispetto a Cina e Stati Uniti si fa forse ancora più evidente. Analizzando i dati relativi alle pubblicazioni scientifiche realizzate a livello globale, contenuti nel rapporto “Digital Economy Report 2021” dell’UNCTAD, vediamo come tra le 25 organizzazioni più prolifiche al mondo non ne figuri nessuna residente nell’UE27. Gli unici rappresentanti del Vecchio continente sono le due principali Università inglesi, Oxford e Cambridge, e le svizzere ETH e EPFL.

Un altro fattore molto interessante che emerge dall’analisi dei dati relativi alle pubblicazioni scientifiche sull’intelligenza artificiale consiste nell’estrema preponderanza che gli Usa possono vantare nella top 25 delle organizzazioni più prolifiche. Nel dettaglio, gli esponenti statunitensi tra Università e aziende private sono ben 18, per un totale complessivo di oltre mille lavori di ricerca, quasi quindici volte il dato fatto registrare dalla Cina. Parametrando questi dati con quelli espressi precedentemente sulle tecnologie informatiche in generale, appare evidente come, nonostante la forte crescita cinese nel campo, gli Usa continuino a mantenere l’egemonia della ricerca nell’IA.

LA DISPERSIONE DEI TALENTI “MADE IN EU”

Il primato statunitense sull’intelligenza artificiale è certamente dovuto ad una polarizzazione di competenze di alto livello al servizio di organizzazioni pubbliche e private del Paese. La certificazione di questo fenomeno arriva dai dati relativi ai ricercatori in IA di alto livello diffusi dall’Unctad e provenienti dal “The Global AI Talent Tracker. Infatti, mentre i paesi di origine dei ricercatori appaiono piuttosto variegati, vedendo la Cina al primo posto con il 29%, gli Usa al secondo con il 20% e l’Europa al terzo con il 18%, il luogo di lavoro della stragrande maggioranza degli stessi è costituito proprio dagli Stati Uniti d’America (59%).

Questo significa che le organizzazioni Usa esercitano una grande attrattività verso gli esperti in materia IA provenienti da tutte le parti del mondo. D’altro canto, questo dato certifica l’incapacità dell’Unione Europea di trattenere i suoi principali talenti. Infatti, nonostante sia l’area di provenienza del 18% dei ricercatori di altro livello, dal punto di vista professionale l’Europa ne ospita solo il 10%.

IL TEMA INVESTIMENTI

La concentrazione di così tante competenze di alto livello in materia ha reso gli Stati Uniti un luogo particolarmente fecondo per le innovazioni che sfruttano soluzioni di intelligenza artificiale. Avere a disposizione un così grande bagaglio di talenti ha fatto sì che le organizzazioni statunitensi, e in particolare le aziende private, diventassero dei veri e propri hub di sviluppo, guidando di fatto l’avanzamento tecnologico globale sull’IA. Tale scenario è diventato possibile grazie al dispiegamento di un enorme mole di risorse destinate all’Intelligenza Artificiale, che hanno permesso alle aziende americane di essere molto più attrattive rispetto ai competitor delle altre parti del mondo.

Secondo i dati dell’Università di Stanford contenuti nell’”Artificial Intelligence Index Report 2022”, nel solo 2020 gli investimenti privati in IA effettuati negli Stati Uniti hanno raggiunto quota $52,88 miliardi, più di quanto sia stato speso dalle quattro aree geografiche che la seguono, (Cina, UE e Regno Unito e Israele) messe insieme. Osservando in particolare il dato UE, si nota come, con soli $6,42 miliardi investiti, il Vecchio Continente metta sul campo meno della metà delle risorse cinesi ($17,21 miliardi) e circa 1/8 di quelle statunitensi.

LE PROSPETTIVE FUTURE

La partita della geopolitica tecnologica appare sempre più centrale e, considerando come gli effetti delle politiche abbiano bisogno di periodi medio-lunghi per mostrare risultati concreti, rispondere alla competizione internazionale appare una sfida quantomai urgente. Come ampiamente dimostrato dai dati presentati in questo articolo, l’Unione Europea sta correndo il serio rischio di rimanere indietro rispetto alle altre grandi economie mondiali sia dal punto di vista dello sviluppo tecnologico che della competitività industriale. Punto centrale sono senza dubbio le competenze, come mostrato per i ricercatori di alto livello in intelligenza artificiale, l’Europa non solo non è in grado di attirare nuovi talenti ma perde anche quelli coltivati in casa che vengono fortemente attratti dagli imponenti investimenti messi in campo dalle organizzazioni USA.
Se l’Unione Europea vuole ancora giocare un ruolo nello sviluppo delle nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale deve quindi mettere in campo una pianificazione in grado di attrarre risorse economiche e talenti. Lasciare lo sviluppo tecnologico esclusivamente all’appannaggio di altre grandi economie globale potrebbe altrimenti mettere a serio rischio la capacità delle nostre imprese di competere a livello globale.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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