Sicurezza energetica, la chiave è investire nelle infrastrutture


Articolo
Domenico Salerno
sicurezza energetica

Negli ultimi mesi la sicurezza energetica è diventato il tema principale di discussione nell’agenda pubblica. A portarlo in auge è stata una crisi dei prezzi delle materie energetiche che non trova precedenti nell’ultimo mezzo secolo. Fin dalla seconda metà del 2021 questi si sono infatti posti su una traiettoria di crescita esponenziale che è stata gravemente esasperata dallo scoppio della guerra in Ucraina. Già a dicembre del 2021 il TTF olandese, benchmark dei prezzi del gas naturale a livello europeo, aveva raggiunto il record di 180 € per MWh, ovvero circa l’1.060% in più rispetto al prezzo minimo registrato nel 2021, che era stato di 15,53 € per MWh per poi impennarsi ulteriormente a seguito dell’invasione russa, fino a raggiungere ad agosto scorso la cifra record di € 350/MWh.

Oltre al prezzo del gas è aumentato vertiginosamente anche quello all’ingrosso dell’energia elettrica, che a luglio del 2022 era più di quattro volte superiore a quello segnato nello stesso periodo dell’anno precedente, mentre i prezzi dell’elettricità al dettaglio sono saliti di circa il 35%.

L’Italia è tra i Paesi che hanno subito maggiormente l’impennata dei prezzi delle materie prime energetiche. Osservando l’andamento delle principali borse elettriche europee vediamo come il prezzo medio (€/MWh) applicato nel nostro Paese, a partire dal 2020, è cresciuto ad un ritmo molto più elevato rispetto a quello delle altre aree del Vecchio Continente.

L’andamento del prezzo di scambio sulle principali borse elettriche europee (€/MWh)

Fonte: GSE

Una delle principali ragioni per cui il nostro Paese si è trovato maggiormente esposto rispetto ad altre realtà europee alla crisi energetica è la mancanza di infrastrutture, oltre che ovviamente l’eccessiva dipendenza dal gas russo. Con le rinnovabili ancora ferme al 42,3% del mix di generazione elettrica (dato GSE) e la mancanza di rigassificatori a fare da soluzione ponte per tamponare l’emergenza, l’Italia si è trovata molto più esposta di altre realtà alla minaccia di uno stop completo alla fornitura di gas da parte della Russia.

IL TEMA RIGASSIFICATORI E LE INFRASTRUTTURE DEL GAS

Per liberarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia, l’Unione Europea ha cercato di massimizzare la fornitura di navi GNL. Dopo l’attuazione del Piano REPowerEU e della Strategia, il calo dell’offerta russa dall’inizio della guerra è stato compensato da un aumento delle forniture di GNL dagli Stati Uniti e dal Qatar. Secondo i dati contenuti nel “Quarterly report on European gas markets” pubblicato dalla Commissione Europea, nel secondo trimestre del 2022 gli Stati Uniti sono stati il principale fornitore di GNL dell’Unione con 16 miliardi di metri cubi, pari a circa il 45% del importazioni totali. Rispetto all’anno precedente, le importazioni di GNL dagli Stati Uniti verso l’UE sono aumentate del 117%. Purtroppo, nonostante le tensioni generate dalla guerra, la Russia è ancora il secondo fornitore di GNL dell’UE con una quota del 18%. Il terzo fornitore di GNL dell’UE è il Qatar con una quota di mercato del 13%, seguito dalla Nigeria che rappresenta l’8%.

L’Italia purtroppo su questo versante si è trovata ampiamente scoperta, attualmente infatti nel nostro Paese sono attivi solamente 3 impianti di rigassificazione di GNL, la metà di quelli presenti in Spagna, evidentemente troppo pochi per un Paese che basa il proprio sistema energetico principalmente sul metano. Osservando i dati GSE relativi al mix di generazione elettrica del 2021 vediamo come il gas naturale sia ancora la prima fonte primaria utilizzata del nostro Paese per produrre elettricità.

Il mix di generazione elettrica in Italia per fonte energetica primaria nel 2021

Fonte: GME e Refinitiv

Il 18 marzo 2023 è attesa nel porto di Piombino la prima di due unità di stoccaggio e rigassificazione galleggiante previste dal Governo italiano per diversificare le proprie fonti di approvvigionamento. La Fsru Golar Tundra (Fsru – Floating Storage and Regasification Unit), di proprietà di Snam, ha una capacità di rigassificazione annuale di 5 miliardi di metri cubi di gas naturale, nonché una capacità di stoccaggio di 170 mila metri cubi di GNL. L’entrata in esercizio della nave è prevista per la prossima primavera, ma il rispetto di tale scadenza è piuttosto incerto a causa della ferma opposizione degli esponenti politici locali.

Che il gas naturale rimarrà centrale nel sistema energetico italiano anche nel prossimo futuro è certificato dall’attenzione che il Governo sta ponendo sulla realizzazione del metanodotto che connette Sulmona a Foligno, parte delle cosiddetta Linea Adriatica. Il progetto, realizzato da Snam, dovrebbe essere attuato attraverso risorse del PNRR, per un esborso complessivo che potrebbe raggiungere i 3 miliardi di euro. Per accelerare l’esecuzione dell’opera, considerata strategica poiché consente al gas naturale che arriva attraverso la TAP (Trans-Adriatic Pipeline) di risalire lo Stivale e raggiungere il nord e i mercati europei, l’esecutivo sta addirittura pensando di affidarsi ad un commissario straordinario. La previsione è quella che si arrivi alla fase realizzativa entro il 2024 per poi arrivare all’entrata in esercizio del metanodotto entro il 2028.

LA PARTITA DELLE RINNOVABILI

Altra importante partita è quella relativa allo sviluppo delle rinnovabili. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei in ambito di decarbonizzazione e centrare previsto con il pacchetto “Fit for 55”, entro il 2030 sarà necessario installare sul territorio italiano circa 70 GW di capacità di generazione elettrica rinnovabile (rispetto a quella installata al 31 dicembre 2019) utile a coprire almeno il 65% dei consumi di elettricità nazionali.

L’ultima istantanea effettuata da Terna sulla produzione di energia da rinnovabile in Italia evidenzia come sul territorio della Penisola risultino presenti, al 31 gennaio 2023, oltre 1,26 milioni di impianti per una capacità totale di quasi 64 mila MW.

Nonostante siamo ancora molto lontani dal centrare l’obiettivo, l’aggiornamento al 31 gennaio delle richieste di connessione alla rete energetica per i nuovi impianti rinnovabili ricevute da Terna segnala 4.401 pratiche in corso per una potenza totale prevista di 303,3 GW. La maggior parte della nuova potenza prevista, ovvero il 60,4%, dovrebbe arrivare dall’energia eolica (il 39,6% dall’offshore e il 24,9% dall’on-shore), mentre il restante 39,6% afferisce al solare. A livello territoriale, la regione che presenta sia il maggior numero di richieste aperte (1.115), che la maggiore potenza prevista (81 GW) è la Puglia, seguita dalla Sicilia (934 richieste per un totale di 73 GW). Gran parte di queste richieste sono ancora ferme alle prime fasi del processo autorizzativo e probabilmente molte non vedranno mai la fase realizzativa. Il gran numero di richieste ricevute lascia comunque un forte ottimismo sul fatto che l’Italia possa arrivare a centrare gli obiettivi europei anche prima della scadenza del 2030.

Intanto, per prepararsi ad un ingresso sempre più pervasivo di rinnovabili nel sistema elettrico nazionale, Terna ha avviato il progetto Hypergrid che con un investimento di circa 21 miliardi di euro andrà a potenziare la rete nazionale di trasmissione elettrica ad alta tensione che permetterà di raddoppiare la capacità di scambio nord-sud. Il progetto, che si concretizza nella realizzazione di 5 opere strategiche, è di fondamentale importanza in particolare per far fronte alle numerosissime richieste di connessione di impianti rinnovabili e, di conseguenza, traghettare il paese verso l’auspicata transizione energetica.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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