L’utilizzo dei dati clinici per la ricerca unitamente alle nuove frontiere tecnologiche come l’intelligenza artificiale rappresentano un importante fronte di innovazione e un fattore imprescindibile per velocizzare la transizione verso una medicina personalizzata e di precisione.

Lo sviluppo di nuovi farmaci, come noto, è un processo molto lungo che si articola in quattro fasi che coinvolgono un numero crescente di pazienti. Questo processo mira ad approfondire la conoscenza degli effetti del farmaco, e la sua eventuale tossicità, nelle migliori condizioni di sicurezza per i pazienti.

Nonostante le indubbie eccellenze nell’ambito della ricerca clinica e la levatura delle competenze dei ricercatori italiani, la Penisola investe in ricerca solo l’1% circa del proprio PIL, un valore notevolmente inferiore rispetto al resto dei Paesi sviluppati (la media europea è del 2%) e all’obiettivo raccomandato dall’Unione europea di investire in ricerca il 3% del PIL. Anche per questo, nonostante i successi ottenuti dal sistema di ricerca italiano in ambito clinico, quest’ultimo non è oggetto di un interesse privilegiato da parte di soggetti privati e l’Italia presenta un grado di attrattività come sede di sperimentazioni cliniche più basso di quello di Germania, Olanda, Regno Unito, Belgio, Francia e Spagna. Inoltre, in Italia arriva a stento la ventesima parte del budget investito dalle imprese farmaceutiche. Le cause di ciò sono da ricercarsi, principalmente, nelle incertezze normative e organizzative e soprattutto nella carenza relativa di investimenti pubblici esplicitamente diretti a potenziare e valorizzare la costruzione di infrastrutture dedicate alla ricerca clinica.

Top 10 dei Paesi europei per numero di ricerche cliniche 

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Fonte: EudraCt

Secondo diversi studi, in Italia ogni euro investito in sperimentazioni cliniche dall’industria farmaceutica genera tra 1,95 e 2,50 euro di valore aggiunto per l’economia nel complesso. In un’indagine ALTEMS del 2020, su un totale di 212 milioni di euro rilevati come investimento diretto, sono stati misurati 376 milioni di euro di costi evitati per il SSN, con un risparmio aggiuntivo di 1,77 euro per ogni euro investito dalle aziende promotrici di studi clinici.

Ancora più importanti sono, però, i benefici non economici della ricerca clinica in ambito farmaceutico che hanno un indubbio elemento potenziatore della sanità pubblica. I circa 35.000 pazienti che sono coinvolti ogni anno negli studi clinici beneficiano di trattamenti innovativi con grande anticipo e ottenendo miglioramenti precoci della loro condizione.

Lo sviluppo di nuovi farmaci è un processo lungo, che richiede mediamente 10-15 anni: solo un 5% delle innovazioni arriva infatti ad essere approvato, a causa di protocolli sempre più sofisticati, per pazienti e patologie e target sempre più specifici, e spesso molto difficili da identificare in fase sperimentale. Tuttavia, secondo IQVIA, nel 2021, nel mondo sono stati approvati 84 nuovi farmaci, il doppio rispetto a cinque anni fa. Il numero di pazienti arruolati (escludendo gli studi COVID) è cresciuto di quasi il 40% rispetto al 2020. L’esperienza pandemica ha evidenziato che il vero obiettivo è arrivare nel più breve tempo possibile a soluzioni scientifiche applicabili e di valore. Abbiamo assistito infatti a un’accelerazione senza precedenti dei tempi necessari alla produzione scientifica e di conseguenza del cambiamento della storia naturale di una malattia, ma c’è bisogno di un impegno multidisciplinare sia sotto il profilo tecnologico sia sotto quello regolatorio.

Negli ultimi decenni le sfide per la medicina sono cambiate. Oggi si tratta di affrontare lo tsunami di dati che coprono lo spettro di informazioni genomiche, molecolari, cliniche, epidemiologiche, ambientali e digitali. La fusione dei dati provenienti da tutte queste fonti, unitamente all’utilizzo di tecnologie digitali, ha in sé tutto il potenziale necessario per influenzare i processi decisionali in ambito medico nonché favorire la transizione verso una medicina personalizzata e di precisione.

Grazie a queste innovazioni, per esempio, si potrà includere un maggior numero di soggetti negli studi clinici, a beneficio della potenza e precisione dello studio stesso e in più con un notevole risparmio in termini economici.

Quindi nell’era dei big data la sfida è integrare le conoscenze dell’epidemiologia tradizionale con nuove capacità tecniche (come la programmazione). Attraverso l’uso di dati digitali globali, l’epidemiologia digitale promette di rilevare tempestivamente il focolaio di una malattia, di valutare il comportamento e gli stili di vita della popolazione, nonché di dare un grosso contributo nell’ambito della farmacovigilanza.

I big data diventano fondamentali anche in farmacologia, dove rappresentano grandi aggregazioni di informazioni legate alle popolazioni che assumono i farmaci, come ad esempio i dati biometrici, i dati relativi alle abitudini e agli stili di vita, all’interazione e agli effetti dei trattamenti farmacologici, all’andamento naturale delle patologie, alla durata della risposta farmacologica nel tempo.

Non c’è dubbio, le tecnologie digitali possono svolgere un ruolo fondamentale nel trasformare la sanità in un sistema più efficiente e focalizzato sul paziente. Si prevede, infatti, che l’integrazione di tecnologie AI-based nella pratica medica produrrà cambiamenti sostanziali in molte aree della medicina e assistenza sanitaria. Il potenziale dell’IA in ambito clinico è enorme e spazia dall’automazione dei processi diagnostici al processo decisionale terapeutico e alla ricerca clinica. Nello specifico, l’AI applicata alla drug discovery, fornisce la possibilità di sviluppare farmaci in modo molto più rapido e sicuro. I progettisti di farmaci applicano spesso tecniche di machine learning per estrarre informazioni chimiche da grandi database e per progettare nuovi farmaci. Gli approcci AI recentemente sviluppati forniscono nuove soluzioni per migliorare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci candidati sulla base della modellazione e dell’analisi dei big data. La dimensione globale del mercato dell’intelligenza artificiale nella scoperta di farmaci è stata valutata a 1,1 miliardi di dollari nel 2022 e si prevede che si espanderà a un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 29,6% dal 2023 al 2030.

L’intelligenza artificiale nella drug discovery

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Fonte: www.grandviewresearch.com

Come si può vedere nel grafico, una delle aree di maggior interesse è il repurposing, ovvero il riposizionamento di farmaci già sviluppati verso nuove indicazioni terapeutiche e, più in generale, il riutilizzo dei dati e delle informazioni di varia natura (dati di studi preclinici, sperimentazioni cliniche, ecc.)

In conclusione, l’intelligenza artificiale e i big data stanno emergendo come la nuova frontiera nella ricerca clinica, promettendo di trasformare radicalmente l’approccio alla diagnosi, alla terapia e alla gestione delle malattie. Grazie alla capacità di elaborare enormi quantità di dati clinici e di integrare informazioni provenienti da diverse fonti, l’AI può generare modelli predittivi più precisi e personalizzati, consentendo una diagnosi più tempestiva e accurata, nonché una terapia personalizzata per i pazienti.

Tuttavia, per poter sfruttare appieno il potenziale di queste innovazioni, è fondamentale avere un quadro regolatorio progettato per affrontare le sfide etiche e legali legate all’utilizzo dei dati sensibili dei pazienti, garantendo la privacy e la sicurezza delle informazioni. Inoltre, è necessario promuovere una collaborazione stretta tra gli sviluppatori di intelligenza artificiale, i professionisti sanitari e gli enti regolatori al fine di sviluppare standard e linee guida che assicurino l’affidabilità e la sicurezza delle soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. Sfide, queste, da affrontare in modo proattivo per garantire che il progresso scientifico e tecnologico si traduca in benefici tangibili per i pazienti e la società nel suo complesso.

Nata a Roma nel 1997, Maria Vittoria Di Sangro ha iniziato i propri studi mossa dalla curiosità per le lingue e le culture straniere. Una passione, questa, che l’ha portata a vivere numerose esperienze formative all’estero.