La crisi ambientale legata all’esaurimento delle risorse naturali e l’esigenza di restituire centralità alla produzione europea sui mercati globali possono trovare un comune alleato nell’innovazione di prodotto. Una specifica categoria di innovazione è diventata simbolo della transizione ecologica d’Europa: l’eco-innovazione combina la sostenibilità ambientale con l’innovazione tecnologica, aprendo la strada a nuove opportunità imprenditoriali e ad una gestione delle risorse più efficiente. 

Il Rapporto sull’eco-innovazione 2022 della European Environmental Agency indaga la prestazione di eco-innovazione degli Stati membri UE, in particolar modo in relazione al loro grado di sviluppo dell’economia circolare. I punteggi, calcolati su dati 2021, restituiscono un quadro eterogeneo, tra Paesi tradizionalmente legati a settori hard-to-abate che ancora faticano a tenere il passo e Paesi ad altissima attività eco-innovativa, come Svezia e Finlandia. Pur essendo ancora lontana dai picchi registrati dagli scandinavi, l’Italia si posiziona nella parte superiore della distribuzione, con un punteggio superiore a Spagna, Irlanda e Belgio e non distante da Francia e Germania.

Punteggio di eco-innovazione negli Stati Membri UE (2022)

Fonte: EEA

Le elaborazioni EEA permettono un’analisi più approfondita di questo dato, presentando le sue diverse componenti. Ad uno sguardo più attento, emerge che il posizionamento dell’Italia è da imputare prevalentemente alla performance di gestione sostenibile delle risorse. In questo caso, il nostro Paese riporta i migliori risultati in materia di produttività delle risorse e di riciclo di rifiuti, mentre performa peggio quanto a produzione di rifiuti urbani solidi, numero di imprese coinvolte in riparazione di computer e oggetti di uso personale e domestico e consumo domestico di materia. Ad ogni modo, l’indicatore complessivo per la gestione sostenibile delle risorse supera di 10pp la media dell’Unione.

Circular economy performance overview 2022- Gestione sostenibile delle risorse

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati EEA

Questi dati non sono sorprendenti. È, difatti, noto come il nostro Paese vanti un saldo della bilancia di flussi di materie prime riciclabili positivo (per oltre 10 Mt nel 2022), nonché uno dei maggiori tassi di circolarità della materia d’Europa (20,6% nel 2020). Resta il fatto che la gestione dei rifiuti non è che una delle sfaccettature del paradigma circolare. Anzi, non è nemmeno la fase più rilevante: poiché il rifiuto rappresenta il capolinea del processo produttivo lineare, questo andrebbe prevenuto piuttosto che gestito.

Occorre, quindi, concentrarsi su dimensioni di circolarità che meglio spiegano l’aderenza del sistema economico al nuovo paradigma. Tra queste, la progettazione ecocompatibile; un nuovo approccio nella progettazione dei prodotti, che tiene conto dell’intero ciclo di vita, dalla fase di sviluppo alla fine dell’uso. Questo implica l’utilizzo di materiali riciclati o biodegradabili, la riduzione dell’impatto ambientale durante la produzione e la promozione di modelli di consumo sostenibili. L’eco-design non solo riduce l’impatto ambientale dei prodotti, ma può anche portare a nuove opportunità di business, come la creazione di prodotti ecologici che rispondono alle esigenze dei consumatori sempre più attenti all’ambiente. 

EEA misura, dunque, due dimensioni di circolarità complementari alla gestione delle risorse. La prima riguarda l’atteggiamento delle imprese nei confronti delle pratiche di circolarità. In quest’ambito, l’Italia si trova al di sotto della media europea (nel grafico seguente, posta uguale a 1 nell’asse secondario). La componente per cui si registra un maggiore scostamento è la percentuale di PMI innovative che riciclano rifiuti, acqua o materiali per uso proprio o per la vendita all’interno dell’impresa: in questo, l’Italia è l’ultima in Europa (ottiene 0 nel valore normalizzato dell’indicatore). Non sono più lusinghiere le prestazioni relative alla disponibilità di informazioni sui finanziamenti a progetti di economia circolare, sulla quota di PMI che facilitano il riciclaggio dei prodotti o che hanno ricorso a processi innovativi per renderli più durevoli. Nel nostro Paese, il 74% delle aziende riscontra difficoltà nel mettere in pratica attività di economia circolare: il risultato è che il punteggio di circolarità delle operazioni aziendali per le imprese italiane cade nella metà più bassa della distribuzione europea, con un punteggio pari allo 0,8 della media UE. 

Circular economy performance overview 2022- Operazioni aziendali

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati EEA

La seconda dimensione tenta di catturare la diffusione di comportamenti circolari tra i consumatori. In questo, l’Italia è in svantaggio ancora maggiore rispetto agli altri stati membri: l’indicatore complessivo segna un 0,3 rispetto alla media. Il principale responsabile è il numero di consumatori che hanno considerato vie alternative all’acquisto di nuovi prodotti (solo il 43% dei rispondenti al sondaggio), oltre che la quota di imprese impegnate in attività di riparazione di oggetti (lo 0,64% appena). Quanto a menzione del tema dell’economia circolare nei mass media ci troviamo di pochissimo al di sotto della media (0,9 rispetto a EU27), mentre riusciamo ad allinearci all’UE per la quota occupati in attività di riparazione di computer e oggetti per la casa. 

Circular economy performance overview 2022- Comportamenti sociali

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati EEA

I risultati ottenuti nelle varie componenti della performance di economia circolare sono critici nello spiegare la capacità di innovazione ecologica del nostro Paese.  

L’indice di eco-innovazione 2022 colloca l’Italia all’ottavo posto. Questo risultato incoraggiante, in costante miglioramento relativo negli ultimi anni, è senz’altro da imputare agli sforzi compiuti per sviluppare politiche dedicate allo sviluppo economia circolare. Il rapporto EEA enfatizza i progressi in ambito di “etichettatura ecologica, gestione dei rifiuti, bioeconomia e industria verde”, sottolineando anche che l’Italia è il Paese che ha registrato il più netto miglioramento delle prestazioni di circolarità negli ultimi cinque anni. 

Indice di eco-innovazione 2022

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati EEA

Nonostante i buoni risultati complessivi del Paese in materia di eco-innovazione, sussistono ancora diverse barriere che impediscono ulteriori progressi. È l’esempio dei bassi livelli di investimenti in R&S nel settore: nel 2021, l’Italia si è classificata al tredicesimo posto nell’UE in termini di input di eco-innovazione, rivelando un potenziale non ancora soddisfatto di investimenti. Anche l’indicatore di output, che rappresenta i risultati immediati delle attività di eco-innovazione (brevetti, pubblicazioni accademiche), è piuttosto basso rispetto alla media UE, il che suggerisce che dovrebbero essere previsti ulteriori sforzi nella gestione degli investimenti e della loro efficacia nel breve termine.