Nel 2022 si stima che in Italia siano state rilevate quasi 391.000 nuove diagnosi di cancro, di cui circa 205.000 uomini e circa 186.000 donne. Se si escludono i tumori della cute non melanomi, i più frequenti assoluti sono quelli della mammella (14,3%), del colon-retto (12,3%), seguiti da quelli del polmone (11,2%), della prostata (10,4% solo nel sesso maschile) e della vescica (7,5%). Per questa ragione il dibattito sul diritto all’oblio oncologico è sempre più centrale.
Le statistiche sul cancro in Italia mostrano un aumento dei nuovi casi nel 2022 rispetto al 2020, con una crescita stimata dell’1,4% circa per gli uomini e dello 0,7% per le donne. Questo incremento delle diagnosi è dovuto principalmente all’invecchiamento della popolazione, ma anche alla riduzione delle attività di screening oncologici a causa della pandemia da Covid19 degli anni precedenti. Numeri sempre maggiore che richiedono un sistema sanitario più preparato ed efficiente.
Tuttavia continua a salire anche il numero di persone che vivono dopo una diagnosi di tumore, Nel 2006 erano 2 milioni e mezzo e si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, pari al 5,7% della popolazione italiana. L’aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni, il 65% del totale e il 3,8% della popolazione, hanno avuto una diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni di persone, pari al 39% del totale, hanno ricevuto la diagnosi da oltre 10 anni (Grafico 1).

FONTE: AIOM

La categorizzazione dei pazienti come acuti, cronici, lungo-sopravviventi o guariti può ridurre lo stigma della malattia che persiste in molti Paesi stabilendo standard chiari per la necessaria cura di ciascun paziente in una prospettiva simile a quella di altre principali malattie croniche.
Un malato di cancro può essere definito “guarito” solo nel momento in cui l’aspettativa di vita è la stessa di una persona del medesimo sesso ed età nella popolazione generale. La probabilità di sopravvivere al tumore è pari al 55% dopo 5 anni e rimane poco meno del 50% da 10 anni dalla diagnosi. L’appiattimento della curva indica che i pazienti raggiungono la stessa attesa di vita di chi non si è ammalato (Grafico 3). Alcuni tumori hanno una probabilità di sopravvivenza molto alta: per gli uomini superano il 70% dei casi quello alla tiroide, il melanoma e il tumore al testicolo; per la donna superano invece il 70% quello alla tiroide, il melanoma, il tumore al corpo uterino e il linfoma di Hodgkin (Grafico 2).

Fonte: AIOM

La probabilità di sopravvivere ulteriori 5 anni dopo i primi 5 anni dalla diagnosi aumenta sempre di più. Dopo un certo numero di anni il rischio residuo di morire a causa del tumore diventa trascurabile, cioè il paziente ha un’attesa di vita pressocché uguale a quella di chi non si è ammalato. Ad oggi risulta che il 27% può essere considerato guarito dalla diagnosi da oltre dieci anni.

Fonte: AIOM

Il tempo per la guarigione è inferiore ai 5 anni nel caso di tumore alla tiroide, del testicolo e dei linfomi di Hodgkin, è inferiore a 10 anni nel caso di tumore della cervice uterina, del colon-retto e melanoma, mentre raggiunge i 20 per il fegato, cavo orale e faringe, leucemie, rene e mielomi (Grafico 4).

DIRITTO ALL’OBLIO ONCOLOGICO

La prevenzione, la diagnosi e la cura del cancro sono tra le principali priorità dell’UE nell’ambito della salute, con particolare riguardo alla qualità della vita dei pazienti oncologici. Basti pensare che l’Europa, nonostante rappresenti solamente un decimo della popolazione mondiale, conta un quarto dei casi di tumori di tutto il mondo.
Malgrado l’aumento dell’incidenza del cancro sulla popolazione, ma anche la loro sopravvivenza a lungo termine, esiste ancora un vuoto normativo importante da colmare. Infatti un malato oncologico ormai guarito può vedersi negare diritti come accendere un mutuo, stipulare polizze assicurative, accedere a un posto di lavoro e adottare un figlio. In queste situazioni, infatti, gli ex-pazienti oncologici in Italia sono comunque chiamati a dichiarare la patologia pregressa. Tali informazioni rientrano spesso tra le condizioni necessarie per l’accensione di un mutuo. Nel caso della stipula di assicurazioni, una persona guarita dal cancro si trova dunque di fronte a un bivio: decidere di omettere di essere stata malata con il rischio di vedersi negare poi la prestazione assicurativa in caso di sinistro, oppure dichiarare la pregressa patologia con il rischio di rifiuto da parte della compagnia assicurativa.
Anche i servizi di adozione risentono delle medesime dinamiche. In Italia persiste un vuoto normativo e la legge numero 184 del 1983 che regola questo ambito non contiene alcun riferimento esplicito ai malati oncologici. Nel dettaglio, prevede che per poter adottare un bambino i coniugi richiedenti debbano essere riconosciuti come idonei dal tribunale per i minorenni. Il giudice può poi disporre l’esecuzione di indagini volte ad accertare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti e i motivi della domanda, ma le decisioni che ne seguono sono basate sulla giurisprudenza e non sulla legislazione vigente. Avere avuto un tumore non impedisce dunque di ottenere l’idoneità all’adozione, ma la malattia, con le sue conseguenze fisiche e psicologiche, rientra nei criteri di valutazione della situazione complessiva della coppia.
Il diritto all’oblio oncologico è un diritto soggettivo secondo il quale le persone guarite da un tumore possono scegliere di non fornire informazioni sulla loro malattia pregressa anche in determinate circostanze.
Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Romania si sono già dotati di specifici strumenti legislativi che impediscono agli operatori bancari e assicurativi di considerare la storia clinica del consumatore già affetto da patologia oncologica una volta trascorso un determinato periodo di tempo dalla guarigione. Anche la Spagna ha da poco annunciato l’intento di legiferare su questo argomento.
Estendendo lo sguardo a livello comunitario, troviamo indicazioni analoghe anche nella Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 su Rafforzare l’Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata (2020/ 2267(INI)). In particolare al paragrafo 125, nell’enunciare cioè i campi d’azione, il Parlamento “chiede che entro il 2025, al più tardi, tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all’oblio a tutti i pazienti europei dopo dieci anni dalla fine del trattamento e fino a cinque anni dopo la fine del tratta­mento per i pazienti per i quali la diagnosi è stata formulata prima dei 18 anni di età”.
L’Italia sta dunque cercando di adeguarsi ai paesi più virtuosi sotto questo punto di vista. In questo momento l’oblio oncologico è in discussione in Commissione Sanità alla Camera. Sono 9 le proposte di legge presentate dai vari gruppi parlamentari. Le relatrici, Patrizia Marocco (FI) e Maria Elena Boschi (Az-Iv) stanno mettendo a punto un testo unificato. La legge dovrebbe avere 2 scaglioni temporali entro i quali si avrà il diritto all’oblio oncologico:

• 10 anni dopo il termine delle cure per chi ha avuto il cancro dopo i 21 anni;
• 5 anni per chi lo ha avuto da più giovane.

A marzo è arrivata anche la nuova proposta dal Cnel. Questa è il risultato della campagna #Iononsonoilmiotumore, promossa dall’Aiom. La fondazione ha lanciato una campagna per richiedere all’Italia di adeguarsi garantendo il rispetto dei diritti degli ex pazienti, riuscendo a raccogliere oltre 100.000 firme. Ora che questa legge è arrivata in Parlamento non è più solo una speranza, ma può e deve diventare realtà.

In Italia 3,6 milioni di persone hanno avuto una diagnosi di cancro. Circa un milione, il 27%, può essere considerato guarito. Tuttavia, secondo Aiom molte di queste persone subiscono, hanno subito o subiranno ingiustamente discriminazioni legate alla malattia. Queste persone vogliono soltanto riprendersi la propria vita, a distanza di anni, e tornare ad essa con dignità senza che qualcuno ricordi loro, in modi e tempi inopportuni, quel che hanno vissuto. È improprio differenziare un malato oncologico da un malato che soffre d’altro.

Scegliere di non fornire informazioni sulla propria malattia e non esser identificati con essa dovrebbe essere un diritto di ogni paziente guarito da un tumore, visto il numero sempre più alto di guariti è necessario che anche l’Italia si adegui alla normativi dei paesi europei più virtuosi.

Laureato in scienze politiche e relazioni internazionali presso l’Università di Roma La Sapienza, con una tesi sull’evoluzione delle politiche monetarie. È ora iscritto al corso magistrale in “economia e politiche per la sostenibilità globale” presso la medesima università.