Dopo anni di discussione circa l’opportunità di adeguare la disciplina italiana sull’esposizione umana ai campi elettromagnetici agli standard europei ed internazionali e dopo la circolazione, nei mesi scorsi, di una bozza di decreto-legge che mirava finalmente ad uniformare l’Italia al resto d’Europa e del mondo, l’ultimo consiglio dei ministri prima della sospensione estiva ha messo un punto alla discussione sul tema lasciando – almeno per ora – inalterato il quadro normativo in materia. Si tratta di una decisione politica dalle conseguenze importanti sullo sviluppo delle reti 5G che arriva in un momento molto delicato in cui l’accelerazione dello sviluppo delle reti è una condizione imprescindibile per assicurare la competitività del paese.
LE LINEE GUIDA ICNIRP E LA SCELTA ITALIANA
A livello internazionale, nel marzo 2020 l’International Commission on Non-lonizing Radiation Protection (ICNIRP) ha pubblicato le proprie linee guida per l’esposizione a campi elettromagnetici nell’intervallo di frequenza compreso tra 100 kHz e 300 GHz che hanno aggiornato quelle precedenti, rese note nel 1998. Le grandezze fisiche di riferimento utilizzate per fissare i limiti sono il SAR (Specific Absorption Rate) misurato in W/kg (watt per chilogrammo), che misura la potenza assorbita dal corpo, e la densità di potenza (P) in W/m2 (watt per metro quadro), che è la grandezza fisica caratterizzante la propagazione dell’onda elettromagnetica nell’ambiente. Applicando il fattore di sicurezza, le linee guida ICNIRP indicano, per le frequenze considerate in questo studio, un valore limite di 61 V/m, pari a circa 10 W/m2. Tali limiti rispettano il principio di precauzione, scientificamente quantificato con un fattore di abbattimento della densità di potenza dei campi elettromagnetici pari a 50 volte rispetto alla soglia minima in cui sono riscontrati effetti termici dannosi dall’esposizione di biosistemi a campi elettromagnetici.
A livello europeo, invece, il principale riferimento è costituito dalla Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 1999 (1999/519/CE) “Limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0Hz a 300 GHz” che definisce, sulla base di una serie di studi internazionali condotti dalla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Entrando nello specifico, la raccomandazione europea ha elaborato limiti di base e livelli di riferimento per frequenze da 0Hz a 300 GHz che variano al variare della frequenza considerata.
In questo contesto generale l’Italia ha invece operato una scelta diversa e molto restrittiva. Il DPCM adottato l’8 luglio 2003 (successivamente modificato dal decreto-legge n. 179 del 2012), infatti, ha fissato il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità a 6 V/m mentre il limite di esposizione è fissato a 60 V/m per frequenze da 0.1 MHz a 3 MHz, a 20 V/m per frequenze da 3MHz a 3 GHz e a 40 V/m per frequenze da 3 a 300 GHZ. Il valore di attenzione di 6 V/m per il campo elettrico, in particolare, è da applicare per esposizioni in luoghi in cui la permanenza di persone è superiore a 4 ore giornaliere mentre l’obiettivo di qualità di 6 V/m per il campo elettrico è da applicare all’aperto in aree e luoghi intensamente frequentati, dunque praticamente in tutti i contesti urbani. Si tratta di una scelta che rappresenta quasi un unicum a livello europeo ed internazionale come emerge chiaramente dalla figura di seguito che evidenzia un generale adeguamento, al netto di poche eccezioni, alle linee guida ICNIRP e alla raccomandazione europea.
LA RIFORMA NAUFRAGATA
L’estate ormai al termine è stata caratterizzata dall’attesa di una riforma che purtroppo è naufragata nel corso dell’ultimo Consiglio dei Ministri prima della sospensione agostana. La bozza di decreto-legge circolata nei mesi scorsi, infatti, prevedeva tra le varie misure inerenti le TLC l’innalzamento dei valori nelle zone ove si renda necessario, in linea con le politiche di sviluppo dei paesi dell’Unione Europea, le indicazioni della Commissione Europea e le linee guida ICNIRP sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, e disponeva l’innalzamento ad un valore di 24 V/m nel caso di mancato raggiungimento di un’intesa entro 120 gg dall’entrata in vigore della legge, dei limiti di cui alle tabelle 2 e 3 dell’allegato B. In base alla bozza di decreto, l’incremento dei valori sarebbe stato subordinato a un‘attività di monitoraggio sui valori reali di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico ambientali, e gli attuali livelli di emissioni delle reti mobili, svolta entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge dalla Fondazione Ugo Bordoni in collaborazione con le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale. Sempre in capo alla Fondazione Bordoni sarebbe stato il compito di istituire una rete di monitoraggio nazionale con lo scopo di informare in modo corretto ed efficace la cittadinanza sui livelli di campo elettromagnetico effettivamente presenti sul territorio, fornire alle Regioni e agli enti locali dati e informazioni utili per migliorare il processo di localizzazione e controllo degli impianti sorgenti di campi elettromagnetici al fine di mitigarne l’impatto.
PERCHÉ È IMPORTANTE ACCELERARE LO SVILUPPO DELLE RETI 5G: I BENEFICI E LE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA OFFERTE DAL NUOVO STANDARD
Dal punto di vista tecnico, il 5G garantisce una velocità di trasferimento dei dati fino a 10 Gbps (100 volte più veloce dell’LTE), riduce la latenza fino ad 1 millisecondo, consente di gestire un milione di dispositivi in 1 km2 e assicura una maggiore longevità della batteria dei dispositivi stessi. Si tratta di performance straordinarie che consentono di ridisegnare i servizi di connettività di tipo fisso (wireless last mile ad altissima capacità) e di tipo mobile (altissimi volumi di dati), abilitando la diffusione pervasiva di oggetti che avranno la capacità di interagire tra di loro e con l’uomo condividendo le conoscenze acquisite e assicurando importanti margini di crescita per tutti i settori economici.
I settori che secondo le stime beneficeranno maggiormente della penetrazione delle reti 5G al 2030 sono i servizi, la cui crescita è stimata in $437 miliardi entro la fine del decennio, seguiti da manifattura ($313,5 miliardi), dal cluster “utilities, costruzioni, oil&gas e agricoltura” (95 miliardi), l’ICT ($85,5 miliardi) e il retail ($ 19 miliardi), a dimostrazione di come il 5G rappresenti una condizione abilitante per innovazioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale, il cloud computing, l’IoT, la robotica e la realtà virtuale che rappresentano senza dubbio il futuro e dai quali nessuna economia può prescindere.
CONCLUSIONI
Gli enormi benefici assicurati dal 5G impattano direttamente sulla competitività delle imprese, sulla natura e la complessità dei servizi accessibili agli individui e alle pubbliche amministrazioni e sulla capacità dei singoli paesi di ricoprire un ruolo da protagonisti nel panorama internazionale.
Secondo le stime prodotte da GSMA, le reti di quinta generazione garantiranno un effetto positivo sul PIL mondiale quantificabile in circa 950 miliardi di dollari entro il 2030.
Nonostante la tendenza allo spostamento verso il 5G sia globale, l’Europa continua ad essere in ritardo rispetto a USA, Giappone, Cina e Corea del Sud sia in termini di popolazione coperta, sia in termini di adozione. In questo contesto l’Italia, se da un lato rivela una copertura 5G (resa possibile dall’utilizzo della tecnologia DSS) pari al 99,7%, dall’altro, con riferimento alla copertura 5G stand alone, si posiziona tra gli ultimi paesi con solo il 7,3% di copertura.
Se si osserva l’andamento del Piano Italia 5G nelle due linee di intervento – Densificazione e Backhauling – emerge la necessità di un’accelerazione che esige il superamento delle criticità attualmente esistenti che non riguardano solo le difformità nell’applicazione delle procedure autorizzative sul territorio nazionale, ma anche le numerose restrizioni progettuali e realizzative imposte dalla vigenza di limiti di esposizione ai campi elettromagnetici inspiegabilmente ed ingiustificatamente troppo bassi. Le evidenze scientifiche, infatti, spiegano che le radiazioni non-ionizzanti causano tutt’al più un effetto termico, cioè il mero riscaldamento del corpo (che si traduce in una rapida rimozione del calore dal tessuto interessato), in particolar modo a livello della pelle e degli strati superficiali e che non esiste una correlazione causale tra aumento di alcuni tipi di cancro e le radiazioni non-ionizzanti, parimenti ai sintomi connessi alla cosiddetta ipersensibilità elettromagnetica (o elettrosensibilità), i quali sarebbero invece da ricondurre a un fenomeno puramente psicologico.
In questo contesto che vede tutti i paesi in competizione per la realizzazione delle reti 5G e lo sfruttamento delle opportunità di crescita che esse abilitano e sebbene in mancanza di evidenze scientifiche a sostegno, il nostro paese ha compiuto ancora una volta una scelta improntata ad una logica di restrizione che rischia di frenare la digitalizzazione e i benefici che ad essa si accompagnano. L’adeguamento, o quantomeno l’avvicinamento, della disciplina sui limiti agli standard europei e internazionali avrebbe certamente offerto un’opportunità in più per traguardare gli ambizioni obiettivi di connettività fissati a livello nazionale consentendo un’accelerazione del deployment delle reti senza imporre il proliferare di impianti che costringe gli operatori ad ingenti investimenti, enormi difficoltà legate all’individuazione di nuovi siti e all’ottenimento delle autorizzazioni, maggiori costi energetici e certamente un maggior impatti ambientale.