L’obiettivo di diffondere con maggiore capillarità le fonti di energia rinnovabile (FER) risulta fondamentale non solo per salvaguardare l’ambiente e rendere più autonomo il sistema energetico europeo, ma contribuisce anche alla crescita economica di un paese. Una quota maggiore di FER nel mix energetico, infatti, con la creazione di opportunità di lavoro, connesso direttamente alla pianificazione, produzione, installazione e gestione degli impianti di energia rinnovabile, o collegato indirettamente al relativo indotto, andrà a beneficiare i cittadini che sono chiamati a partecipare attivamente alla transizione energetica.

IL TREND DELLA POTENZA INSTALLATA E DEGLI INVESTIMENTI, L’IMPATTO ECONOMICO

GSE (Gestore dei servizi energetici), il garante e il promotore dello sviluppo sostenibile in Italia, in uno studio di settore, ha monitorato gli investimenti e le ricadute industriali, economiche, ed occupazionali della diffusione delle fonti rinnovabili nel settore elettrico, dandoci la possibilità di quantificarne l’impatto economico. Trascurando il 2013 e il 2020, periodi che sono stati caratterizzati rispettivamente da una maggiore installazione di pannelli fotovoltaici per via del programma europeo Conto Energia e per il contesto macroeconomico straordinario dovuto alla pandemia, dal 2014 al 2019 sono stati installati in media circa 950 MW all’anno, corrispondenti in media ad investimenti annuali intorno a 1,7 miliardi di euro. Il comparto eolico, per quanto concerne la tendenza delle nuove installazioni, nel periodo di riferimento, ha rilevato una media annuale di poco più di 370 MW di potenza installata, concorrendo in media per il 38,2% sul totale delle nuove installazioni, mentre, il dato del fotovoltaico si attesta a poco più di 453 MW, con un peso percentuale medio del 47,1%. Spostando ora l’attenzione sugli investimenti, entrambi i comparti registrano un investimento medio simile che si aggira intorno ai 612 milioni annuali per l’eolico e ai 633 milioni annuali per il solare, costituendo in media circa il 70% degli investimenti complessivi. I dati sulle potenze installate e sulle stime degli investimenti mostrano come la crescita delle rinnovabili dal 2014 al 2019 sia stata prevalentemente trainata dall’energia fotovoltaica ed eolica. Nel 2021 il rimbalzo dell’andamento della potenza installata e degli investimenti, dopo la battuta d’arresto legato alla crisi pandemica, si sono tradotti in circa 2 miliardi di euro investiti in nuovi impianti di produzione di energia elettrica FER (+74% rispetto al 2020), di cui più della metà (52,3%) è stato destinato al fotovoltaico, mentre soltanto il 31% è stato canalizzato nel settore eolico. Pertanto, più dell’80% degli investimenti è stato indirizzato all’energia eolica e fotovoltaica.

Nuova potenza installata di FER e stima degli investimenti nel settore elettrico (2013-2021)

impatto economico

* Restante FER è una categoria che include: biogas, geotermico-elettrico, biomasse solide, idroelettrico e bioliquidi

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati GSE

L’IMPATTO OCCUPAZIONALE

In termini occupazionali, per conoscere l’effetto sul mercato del lavoro delle variazioni di domanda che il settore delle rinnovabili sta attualmente sperimentando, GSE monitora due indicatori: l’occupazione permanente e l’occupazione temporanea, che vengono misurati in ULA (unità di lavoro), ovvero la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno[1]. La prima riguarda gli occupati impiegati per tutta la durata del ciclo di vita di un bene (manutenzione degli impianti ad esempio), la seconda è rivolta a lavoratori che eseguono una certa attività che, rispetto al bene finale, ha un ciclo di vita limitato (ad esempio l’installazione di un impianto). Per quanto riguarda le unità di lavoro appena citate, queste fanno riferimento sia a quelle direttamente impiegate nel settore oggetto di analisi (progettazione, costruzione e installazione) sia a quelle indirettamente correlate alla produzione di un bene o servizio (lavoratori che si situano sia a valle che a monte della filiera).

I dati GSE mostrano che la richiesta di occupati temporanei diretti e indiretti hanno avuto un andamento quasi analogo agli investimenti visti in precedenza. Ciò è normale considerato la natura del lavoro prestato, che è  limitato soltanto ad una certa fase di vita del bene finale. Nel 2013, ad esempio, gli elevati investimenti realizzati per l’installazione di rinnovabili nel settore, specialmente pannelli fotovoltaici, hanno corrisposto ad una maggiore quantità di unità di lavoro temporanea (30.090 unità di lavoro, più della metà rispetto a quella necessaria nell’anno successivo), consistenti verosimilmente alla progettazione e costruzione dei nuovi impianti. A partire dal 2015, il tasso annuale di variazione percentuale medio delle unità di lavoro temporanee rilevate nel 2021 è stato pari a +5,4%. Il dato anomalo positivo è stato rilevato nel 2021, che ha registrato una variazione percentuale rispetto all’anno precedente pari ad un consistente +79%.

Per quanto riguarda la quantità di occupati permanenti diretti e indiretti richiesti (gestione e manutenzione degli impianti), l’andamento ha sperimentato un ritmo crescente, opposto rispetto a quello degli occupati temporanei e agli investimenti. L’aumento delle installazioni nell’ultimo decennio ha imposto necessariamente una maggiore quantità di lavoratori che svolgono operazioni con durata equivalente al ciclo di vita degli impianti. A partire dal 2013 gli occupati permanenti diretti e indiretti nel settore della produzione di energie elettrica sono aumentati di circa 7.000 unità, raggiungendo quota 33.876 nel 2021 (+25,2% di tasso di crescita). In particolare, su base 2013, nel 2021 le unità di lavoro permanenti nel settore fotovoltaico sono aumentate del 60% mentre in quello eolico del 25%.

Il dispiegamento degli impianti FER, in particolare eolico e fotovoltaico, sta inevitabilmente galvanizzando il settore industriale di riferimento e l’indotto, assorbendo ingenti risorse di capitale e aumentando la quantità di lavoro richiesta.

Unità di lavoro temporanea (diretta e indiretta) nel settore FER e gli investimenti (2013-2021)

impatto economico

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati GSE

Unità di lavoro permanenti (dirette e indirette) nel settore FER, variazioni percentuali su base 2013

impatto economico

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati GSE

CONCLUSIONI

L’inderogabile impegno della transizione verde sta canalizzando cospicui investimenti nel mercato delle fonti energetiche rinnovabili. Il boom delle installazioni di impianti rinnovabili sta stimolando, e continuerà a farlo per molto tempo, il mercato del lavoro, in cui l’andamento delle unità di lavoro impiegate è fortemente sensibile agli investimenti, in particolare per le unità di lavoro temporanee, che nell’intervallo esaminato hanno avuto una tendenza quasi analoga agli impieghi di capitale. Dal 2014 al 2019 sono stati investiti annualmente poco più di 1,7 miliardi di euro, corrispondendo in media all’installazione di 950 MW di nuova potenza rinnovabile all’anno. Questo si è tradotto, a partire dal 2015, in una variazione percentuale annua media del +5,4% per le unità di lavoro temporanee, e nel 2021 a un aumento del +25,2% delle unità di lavoro permanenti rispetto al 2013. Tecnici, ingegneri, progettisti e in generale professionisti dotati di competenze specifiche per la progettazione, costruzione, installazione, gestione e manutenzione delle tecnologie rinnovabili, sono i profili di forza lavoro che saranno sempre più richiesti. La transizione energetica, una delle più grandi sfide dei nostri tempi, verosimilmente innescherà un cambiamento strutturale significativo al mercato del lavoro, mettendo a nudo anche i limiti e le criticità che la contraddistinguono. Da una parte può costituire un’opportunità per un incremento della quantità di lavoro richiesta, dall’altro lato può risultare un’ulteriore sfida complicata da affrontare. Sono infatti oramai note le carenze di competenze tecniche e di manodopera nella forza lavoro italiana, situazione che può rischiare di limitare l’impatto benefico della transizione energetica sull’occupazione aggregata. Tale circostanza induce a pensare che la dinamica dominante nel mercato consisterà in spostamenti di lavoratori da settori, imprese, occupazioni più inquinanti, a quelli che mirano di ridurre l’impatto dell’attività economica sull’ambiente, rendendo quasi nullo l’effetto sul saldo occupazionale. Ma una possibile minaccia da temere è un peggioramento della disoccupazione frizionale che, provocata da un mismatch nelle competenze richieste o dalla necessità di aggiornare le abilità lavorative poiché datate, può costituire un problema serio per i colpiti e può trasformarsi in disoccupazione di lungo periodo.

 

Nota [1]: Un occupato che ha lavorato a tempo pieno nella attività di installazione di impianti FER corrisponde a 1 ULA. Un lavoratore che ha lavorato solo per metà anno a tale attività corrisponde a 0.5 ULA. Questo significa che le variazioni che riguardano le unità di ULA non corrispondono necessariamente ad un aumento o diminuzione di posti di lavoro, ma corrispondono con certezza ad una maggiore o minore quantità di lavoro richiesta.