Lo sport è stato incorporato nella Costituzione della Repubblica italiana come uno dei valori da essa protetti. La proposta di legge costituzionale che introduce questa tutela dello sport è stata approvata all’unanimità nell’Aula della Camera, con un totale di 312 voti favorevoli. Il provvedimento aveva precedentemente ottenuto il consenso del Senato in seconda lettura il 17 maggio dell’anno precedente, con 170 voti favorevoli e 1 astenuto, e in prima lettura il 13 dicembre 2022, con 145 voti favorevoli e 4 astenuti. Inoltre, c’era stata un’approvazione unanime alla Camera il 4 aprile. Il testo della modifica costituzionale è molto breve e aggiunge una nuova disposizione all’articolo 33 della Costituzione, che originariamente trattava di arte e scienza. La nuova disposizione afferma: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme.”
Esaminiamo ora la complessa realtà dello sport in Italia, mettendo sotto la lente d’ingrandimento non solo il suo aspetto economico, ma anche le sue dimensioni sociali e psicofisiche.
Se consideriamo il lato della domanda, sembra che le principali ragioni per la limitata diffusione dello sport tra la popolazione siano le barriere culturali e la tendenza a praticare un numero limitato di discipline. Tuttavia, dobbiamo anche tenere presente che ci sono ostacoli significativi alla pratica sportiva che provengono dal lato dell’offerta. Questi ostacoli includono il livello degli investimenti dedicati al settore e le condizioni delle strutture e delle infrastrutture sportive. Infatti, lo sport riceve un basso livello di priorità nelle agende dei decisori politici in termini di spesa pubblica in Italia, in confronto ad altri paesi dell’Unione Europea. L’Italia si posiziona come il 16° paese nell’UE-27 per la spesa pubblica dedicata allo sport per abitante, con una cifra di 73,6 euro pro capite, che è il 38% in meno rispetto alla media dell’Unione Europea.
Se consideriamo invece l’incidenza della spesa dedicata allo sport rispetto alla spesa pubblica totale, l’Italia risulta terzultima nell’Unione Europea, con una quota dello 0,46%, mentre la media dell’UE è dello 0,75%.
Questi dati evidenziano una sottostima degli investimenti pubblici nello sport in Italia rispetto ad altri paesi europei, il che può contribuire ai limiti nella diffusione e nella promozione dell’attività sportiva tra la popolazione. Basti pensare che secondo i dati Eurobarometro sono circa il 30% i bambini tra i 6 e 10 anni che non praticano sport a causa della condizione economica famigliare, mentre circa il 10% la popolazione che dichiara di non fare sport per motivi economici. Cercare di intercettare queste necessità sarebbe fondamentale per permettere la diffusione dello sport e le buone pratiche dell’attività fisica.
È evidente che, a causa delle limitate risorse destinate al settore, l’Italia presenta un patrimonio infrastrutturale sportivo notevolmente limitato, obsoleto e poco efficiente. Ad esempio, il numero di impianti sportivi in Italia è di soli 131 ogni 100.000 abitanti, che è meno della metà della media riscontrata in paesi come Francia, Germania e Spagna, che vantano una media di 250 impianti ogni 100.000 abitanti.
Inoltre, è preoccupante il fatto che il 60% degli impianti esistenti in Italia sia stato costruito più di 40 anni fa. Ciò significa che molte strutture sportive sono obsolete e spesso non rispondono agli standard moderni di sicurezza e sostenibilità. Inefficienze energetiche di tali impianti provocano costi aggiuntivi stimati in circa 2 miliardi di Euro annui nel 2022.
Questi fattori contribuiscono ulteriormente a ostacolare lo sviluppo e la diffusione dello sport in Italia, poiché infrastrutture moderne e ben mantenute sono fondamentali per promuovere l’attività sportiva e favorire il coinvolgimento della popolazione.
ITALIANI E SEDENTARIETÀ
Una volta analizzato il versante economico, è di vitale importanza immergersi nei dati relativi all’attività fisica e alla pratica sportiva in Italia. Secondo i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Italia si posiziona come il quarto peggiore paese tra gli Stati membri dell’OCSE in termini di insufficiente livello di attività fisica tra gli adulti. Inoltre, l’Italia è classificata all’ultimo posto tra i paesi dell’OCSE per quanto riguarda i bambini “sedentari”, con una percentuale del 94,5% di bambini tra 11 e 15 anni che non praticano un adeguato livello di attività fisica, in contrasto con una media dell’OCSE che si attesta all’86,3%.
Questi dati sottolineano una preoccupante tendenza verso uno stile di vita sedentario sia tra gli adulti che tra i giovani in Italia. L’insufficiente attività fisica può avere gravi implicazioni sulla salute pubblica, aumentando il rischio di problemi come l’obesità, le malattie cardiovascolari e altre condizioni croniche. Promuovere l’attività fisica e lo sport è quindi fondamentale per migliorare la salute e il benessere della popolazione italiana.
All’interno del territorio italiano esistono comunque forti squilibri tra regioni nella pratica sportiva. I residenti del Sud e nelle Isole (esclusa la Sardegna), con una quota del 43,71%, risultano i più sedentari e i più avversi all’attività sportiva. Dalla prima mappa si può osservare questo fenomeno, mentre dalla seconda possiamo notare come di conseguenza le regioni dove le persone si dichiarano più attive siano in maggioranza quelle del Nord Italia.
Persone sedentarie per regione
Persone attive per regione
Fonte: ISS Sorveglianza Passi
È corretto notare che lo sport è un’attività del tempo libero che mostra una forte correlazione con l’età. In generale, durante l’intero ciclo di vita, la pratica dello sport è più comune tra la popolazione più giovane, soprattutto tra i 6 e i 24 anni. Man mano che le persone invecchiano, la partecipazione allo sport tende a diminuire, ma al contempo cresce la pratica di altre forme di attività fisica.
È anche importante sottolineare che la sedentarietà aumenta proporzionalmente con l’età. Questo significa che all’aumentare dell’età, un numero crescente di persone tende a condurre uno stile di vita sedentario. In particolare, la sedentarietà colpisce due persone su 10 tra gli adolescenti e i giovani fino a 24 anni, ma il numero aumenta significativamente fino a quasi sette persone su 10 tra la popolazione di 75 anni e più.
Queste tendenze hanno ovviamente delle ripercussioni sia a livello economico che sanitario. Il costo sanitario della sedentarietà in Italia è stata pari a 3,8 miliardi di Euro nel 2019, con un’incidenza sul totale della spesa sanitaria pubblica e privata del Paese pari all’1,7%. In Italia, ogni persona sedentaria in meno libererebbe 171 Euro di risorse economiche del sistema sanitario. Se il Paese si allineasse alla media di sedentari dei paesi OCSE, potrebbero essere evitati costi sanitari per 900 milioni di Euro ogni anno.
I danni economici causati dalla sedentarietà sono ovviamente correlati alla maggiore incidenza di cronicità e obesità nei singoli soggetti. In Italia esiste infatti una correlazione del 92% tra l’aumento della sedentarietà e quello dell’eccesso di peso dal 2015 ad oggi. L’aumento dell’1% della percentuale di persone che non praticano alcuna attività fisica è associato ad un aumento dello 0,9% della percentuale di persone sovrappeso.
L’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo: il 40% della popolazione mondiale è in sovrappeso, di cui il 13% è obeso. Tutto ciò crea ripercussioni per i sistemi sanitari nazionali: nei paesi sviluppati, infatti, una persona obesa costa il 25% in più della media.
Il trend italiano, evidenziato nel grafico successivo, mostra un aumento significativo dal 2015 ad oggi, con una leggera flessione post Covid, dopo aver raggiunto il suo apice con il 12% della popolazione italiana nel 2021.
L’obesità riguarda oggi oltre 6 milioni di italiani adulti, circa 500.000 dei quali versano in stato critico. Gli uomini sono più soggetti a obesità rispetto alle donne: nel 2022, i maschi adulti obesi erano 3,1 milioni, mentre le donne erano 2,9 milioni. La percentuale di obesità aumenta con l’età, soprattutto in relazione alla fascia d’età tra i 65 e 74 anni. Tuttavia, guardare all’obesità come a un fattore di rischio può essere limitante. Sviluppi recenti nella disciplina hanno portato a riconoscerla piuttosto come una patologia cronica a sé stante. Sotto questo punto di vista, l’obesità è una malattia legata a molteplici fattori (genetici, ambientali e psicologici), che contribuisce in modo rilevante alle più importanti malattie non trasmissibili: il 44% dei casi di diabete tipo 2, il 23% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41% di alcuni tumori sono contratti da soggetti obesi.
È fondamentale sottolineare che gli stili di vita giocano un ruolo cruciale sulla salute individuale. Come evidenziato dalle ricerche condotte dal Center for Disease Control and Prevention (CDC), i comportamenti individuali rappresentano il 50% del totale dei fattori che influenzano lo stato di salute di una persona. Tali comportamenti includono l’attività fisica, l’alimentazione, il fumo, il consumo di alcol e altre abitudini quotidiane.
È preoccupante notare che la sedentarietà è diventata il quarto fattore di rischio comportamentale principale associato alle morti in Italia, e il suo impatto è peggiorato significativamente dal 1990 ad oggi. Nel 2019, la sedentarietà ha contribuito a 18.400 decessi in Italia, registrando un aumento del 14% rispetto ai livelli di 30 anni fa.
Questi dati mettono in luce l’importanza di promuovere comportamenti salutari tra la popolazione, tra cui l’adesione a un livello adeguato di attività fisica. Investire in iniziative che incoraggino uno stile di vita attivo e sano può avere un impatto significativo sulla prevenzione delle malattie e sulla promozione del benessere individuale e collettivo. Lo Sport in Costituzione rappresenta la prima tappa di un percorso che si spera possa portare più consapevolezza, più opportunità, e uno stile di vita più sano per una platea più ampia di quella odierna.