Il 31 ottobre 2023 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la terza direttiva sulle energie rinnovabili (RED III) che pone obiettivi ancora più ambiziosi in ottica neutralità climatica per il 2050 designato dal Green Deal. La disposizione entrerà in vigore entro venti giorni e una volta divenuta efficace gli Stati Membri avranno 18 mesi di tempo per recepirla nel quadro legislativo nazionale.

Il non lontano contesto economico causato dagli effetti della pandemia di Covid-19 e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha provocato un’impennata dei prezzi dell’energia nell’intera Unione Europea che ha fatto conoscere l’estrema fragilità dell’apparato energetico europeo alle importazioni di beni energetici stranieri. Secondo dati Eurostat, nel 2020 la dipendenza europea alle importazioni è stata pari al 57,5% sul totale del consumo interno lordo di energia con l’Italia che presentava un valore superiore al 70%. In particolare, nel complesso la UE dipendeva da combustibili fossili russi per il 24,4% di tutto il suo fabbisogno energetico. Comunque, l’Europa non è stata ferma e il 18 maggio del 2022 la Commissione ha stabilito il piano REPowerEU che, con intento propulsivo, mira anche a rendere il continente europeo indipendente dalle importazioni di bene energetici russi entro il 2030.

In questo quadro l’energia rinnovabile svolge un ruolo fondamentale che si manifesta in modo triplice: contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra del settore energetico (la più inquinante nella distribuzione settoriale delle emissioni), riduce l’esposizione agli shock dei prezzi rispetto ai combustibili fossili, fornendo quindi anche sostegno nel fronteggiare la povertà energetica, e apporta ulteriori vantaggi socioeconomici come la creazione di nuovi posti di lavoro e la promozione di industrie locali (per un ulteriore approfondimento si veda anche questo precedente articolo I-Com). Inoltre, si rivalorizza l’implementazione delle fonti rinnovabili, che si pongono oramai al centro della transizione energetica.

La direttiva UE sulle energie rinnovabili (RED) ha una storia lunga che comincia nel 2009, anno nel quale è stata adottata per garantire una quota minima del 20% di fonti energetiche rinnovabili (FER) nel consumo finale di energia lordo dell’UE entro il 2020 (RED I). Successivamente, in una revisione avvenuta nel 2018, l’asticella di questo obiettivo è stata innalzata al 32% da raggiungere entro il 2030 (RED II). Il 14 luglio del 2021 la Commissione europea tramite il pacchetto “fit for 55”, nell’intenzione di accelerare la transizione energetica, ha incluso anche una necessaria revisione della RED II.

La direttiva RED III segna un significativo passo avanti. Infatti, auspica un impegno più coraggioso agli Stati Membri portando il precedente target del 32% definito dalla RED II a un obbligatorio 42,5% e a un preferibile 45% di FER in linea con il REPowerEU. Di seguito, la sintesi di alcune novità per ciascun ambito di applicazione.

  • Edifici: Riscaldamento e raffrescamento

Gli edifici possiedono un grande potenziale per contribuire efficacemente alla riduzione delle emissioni di gas serra nell’Unione Europea. Per accelerare l’aumento delle fonti rinnovabili in questo settore la nuova direttiva vincola gli Stati Membri a un incremento annuo minimo di FER a livello nazionale pari a +0,8% tra il 2021 e il 2025 e del +1,1% tra il 2026 e il 2030. L’auspicio è quello di raggiungere un incremento medio dell’1,8% a livello europeo. Infine, la direttiva incoraggia a determinare una quota nazionale coerente con l’obiettivo indicativo del 49% di rinnovabile nel consumo di energia finale del settore edilizio europeo entro il 2030.

  • Trasporti

Il target chiave è il raggiungimento del 29% di rinnovabile nel consumo finale di energia nel settore dei trasporti entro il 2030. Tra i sub-obiettivi c’è una riduzione dell’intensità delle emissioni di gas ad effetto serra pari ad almeno il 14,5% entro il 2030, in conformità alla traiettoria indicativa stabilita dallo Stato membro. Inoltre, la direttiva impone anche una quota relativa a biocombustibili pari all’1% entro il 2025 e del 5,5% entro il 2030.

  • Industria

Gli Stati membri si devono impegnare anche di aumentare annualmente dell’1,6% in media la quota di rinnovabili a livello industriale. Il contributo dei combustibili rinnovabili di origine non biologica usata a scopi finali energetici e non energetici nell’industria deve provenire per il 42% dall’idrogeno entro il 2030 e il 60% entro il 2035.

  • Tecnologie innovative

La direttiva sottolinea l’importanza dell’innovazione (si guardi il rapporto I-Com Innov-E) per la competitività dell’energia rinnovabile sostenendo l’attività di ricerca. È desiderabile che ciascun Paese stabilisca un obiettivo indicativo per le tecnologie innovative volte a promuovere l’energia da fonti rinnovabili. La quota da raggiungere nell’implementazione di tecnologie innovative è del 5% della capacità rinnovabile installata entro il 2030.

  • Mappatura delle zone idonee

Entro il 21 maggio del 2025 gli Stati membri devono realizzare una mappatura coordinata per la diffusione delle fonti rinnovabili sul territorio al fine di individuare il potenziale nazionale e le zone terrestri e marine che possono servire per l’installazione di impianti di energia rinnovabile e per la costruzione di infrastrutture come le reti e gli impianti di stoccaggio.

  • Procedure autorizzatorie semplificate

L’articolo 16 dispone una serie di misure volte a semplificare e ad accelerare l’iter d’approvazione dei nuovi impianti di energia rinnovabile. È presente in generale la definizione di limiti di tempo rigorosi per l’ottenimento di autorizzazioni e di permessi che snelliscono in modo significativo la relativa burocrazia. Degno di nota è l’articolo 16 bis che presenta condizioni ancora più favorevoli al rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti solari con una capacità pari o inferiore a 100 kW, per gli autoconsumatori di FER e per le comunità energetiche rinnovabili.

Indubbiamente la direttiva introduce misure pienamente funzionali per la decarbonizzazione della struttura economica entro il 2050 e più adatte per il conseguimento degli obiettivi FER al 2030. Tuttavia, la direttiva si inserisce in un passaggio storico singolare per l’Unione Europea contraddistinto principalmente da una intensa inflazione energetica provocata in un primo momento dalla riapertura dell’economia post Covid-19 e in un secondo momento dall’invasione Russa sul territorio ucraino. Tale sequenza storica ha conferito ancora più importanza alla transizione energetica che è diventato anche uno strumento per l’ottenimento di un approvvigionamento energetico sicuro e lineare. L’impennata dei prezzi e il conseguente impatto sociale potrebbero aver spinto la Commissione Europea ad una elaborazione brusca della revisione.

Gli obiettivi in tutti i settori sono ambiziosi, ma potrebbero risultare eccessivi. È da vedere se si riusciranno a creare i giusti incentivi per gli investimenti e a concretizzare un opportuno quadro normativo relativo alle autorizzazioni che consentano entrambi di innescare una regolare accelerazione nell’installazione di impianti di fonti rinnovabili. Inoltre, è dubbio che il mercato del lavoro, di fronte ad una futura maggiore richiesta di green skills, possa tenere il passo della transizione energetica. I possibili ostacoli sono dunque tanti, rendendo la concretizzazione della nuova RED III un percorso in salita fin da subito.