L’energia eolica si è affermata come una delle fonti energetiche più promettenti per affrontare la crescente crisi climatica. L’Unione Europea (UE) ha fin da subito abbracciato con determinazione le fonti rinnovabili eoliche e solari come parte integrante della sua strategia di decarbonizzazione, riconoscendone il prominente ruolo nella generazione di energia elettrica pulita. Tuttavia, il corrente contesto economico-finanziario potrebbe rappresentare un rischio per il rapido ritmo di installazione di nuova capacità rinnovabile necessario per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Infatti, il restringimento della politica monetaria in atto dalla fine del 2022, con il conseguente aumento del costo del denaro, il rincaro di materie prime e potrebbero mettere a rischio gli investimenti più ambiziosi pianificati dall’UE e scoraggiarne di futuri.

UN SETTORE AD ALTA DENSITÀ DI CAPITALE

L’industria dell’energia eolica presenta caratteristiche uniche che ne determinano la dinamica. Le turbine possono essere installate sia in mare (offshore) che sulla terraferma (onshore), ciascuna con le proprie sfide e vantaggi. Le turbine offshore, ad esempio, offrono un potenziale maggiore ma richiedono investimenti più elevati e una gestione tecnologica più complessa. Inoltre, le variazioni nella velocità e nella direzione del vento possono influire sulla produzione energetica, richiedendo soluzioni di stoccaggio o integrazione con altre fonti rinnovabili per garantire una fornitura continua di elettricità.

Nonostante i progressi nell’efficienza delle tecnologie eoliche, le sfide persistono e una delle principali è rappresentata dalla taglia elevata degli investimenti che, con il maggior costo di capitale e il rincaro di materie prime, è aumentata. Già con condizioni economiche più favorevoli, l’apporto di capitale richiesto per la costruzione di parchi eolici è ingente, ma in un contesto incerto come quello odierno le aziende potrebbero esitare a impegnarsi in progetti a lungo termine se il ritorno non è garantito. Gli investimenti coprono l’acquisto delle turbine, la preparazione del terreno, l’installazione e la connessione alla rete elettrica. Nel caso degli impianti offshore, i costi aggiuntivi sono notevoli ma necessari per macchinari, navi e attrezzature per trasportare il materiale e le immense pale, nonché per le piattaforme di assemblaggio. Con le condizioni finanziarie che hanno caratterizzato l’ultimo decennio, in particolare i bassi tassi di interesse, le innovazioni tecnologiche, la scala di produzione e gli incentivi governativi hanno contribuito, in media, a mantenere i costi complessivi sostenibili. L’eolico si è dunque dimostrato sempre più competitivo rispetto alle fonti di energia convenzionali, rendendo gli investimenti in questo settore attraenti per aziende e governi in cerca di soluzioni energetiche sostenibili. Prima della crisi energetica, dei rincari e del rialzo dei tassi d’interesse, anche nel segmento offshore la maggiore spesa iniziale era compensata dai benefici a lungo termine in termini di produzione energetica sostenibile e risparmio sui costi operativi.

UN INSIEME DI SFIDE

Le sfide attuali sono però molteplici e il più alto costo del capitale attuale a causa del rialzo dei tassi d’interesse è solo la più recente. Quest’ultimo, a sua volta, può essere infatti influenzato da vari fattori, come la percezione del rischio da parte degli investitori, che mal rispondono all’incertezza nel ritorno dell’investimento provocata dal rincaro di componenti e materie prime. Altri rischi sono però strutturali. Fra questi, ci sono i possibili colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento, legati anche al decentramento nella concentrazione dei materiali necessari per la costruzioni dei componenti e le laboriose procedure autorizzative per gli impianti che, rispetto al fotovoltaico, sono più lunghe. Data l’importanza strategica dell’eolico in ottica decarbonizzazione, arginare al meglio questi rischi è cruciale.

Il settore sta già mostrando i segni della complessità della situazione, specialmente nel segmento offshore. Il gigante danese dell’energia eolica offshore Orsted ha annunciato a settembre 2023 la sospensione di due progetti negli Stati Uniti, causando una svalutazione del suo portafoglio di 4 miliardi di dollari nei primi nove mesi del 2023. Gli impianti, denominati Ocean Wind 1 e 2, erano destinati al lago della costa del New Jersey, ma i crescenti costi, influenzati dagli aumenti dei tassi di interesse della Federal Reserve e dai ritardi dei fornitori, hanno reso impraticabile la loro realizzazione. Orsted non è l’unica azienda a fronteggiare difficoltà. Siemens Energy in Germania, ad esempio, cerca il sostegno del governo, e alcuni sviluppatori negli Stati Uniti stanno rivedendo i loro piani per i parchi eolici offshore proprio a causa dell’incremento dei costi e dei tassi di interesse.

L’ATTENZIONE DELLE ISTITUZIONI

Per affrontare queste sfide globali, l’UE e gli Stati membri stanno esplorando strategie per facilitare gli investimenti attraverso incentivi finanziari, garanzie governative e partenariati pubblico-privato. Al netto delle normative e dei piani d’investimento già attivati nel campo delle rinnovabili, l’UE ha varato un piano aggiuntivo dedicato in modo specifico all’industria eolica. L’European Wind Power Action Plan è stato pubblicato il 24 ottobre 2023 per provare a rispondere ai principali problemi che i produttori di configurazioni eoliche dell’UE si stanno trovando ad affrontare, che sono:

  • Il sottoutilizzo delle capacità produttive a causa di una domanda insufficiente e incerta;
  • l’accesso alle materie prime, l’inflazione elevata e i prezzi delle commodity e la copertura limitata;
  • la progettazione di gare d’appalto nazionali che non premiano gli elevati standard ambientali e sociali o la resilienza della catena di fornitura;
  • la pressione dei concorrenti internazionali, in particolare della Cina, sul settore manifatturiero eolico dell’UE;
  • la disponibilità di lavoratori qualificati nel settore della produzione eolica.

Il piano d’azione definisce sei pilastri principali per l’azione congiunta della Commissione europea, degli Stati membri e dell’industria per far fronte a queste problematiche, con 15 punti di azione. Uno di questi è l’anticipazione del recepimento e l’attuazione della revisione della direttiva RED. La Commissione darà priorità all’accelerazione delle autorizzazioni, ponendo un forte accento sulla digitalizzazione dei processi nazionali di autorizzazione in tutta l’UE. Per farlo, si punta a sostenere la formazione delle autorità nazionali preposte al rilascio delle autorizzazioni, anche con il supporto proveniente dai capitoli di RepowerEU dei piani di ripresa e resilienza degli Stati. La Commissione incoraggerà gli Stati membri ad utilizzare lo Strumento di supporto tecnico[1] per sostenere ulteriormente la rapida attuazione delle disposizioni in materia di autorizzazioni contenute nella direttiva RED. Entro la fine dell’anno, la Commissione lancerà uno strumento online dedicato per supportare gli Stati membri nel processo di autorizzazione.

Inoltre, si prospettano anche altre misure, come ad esempio la fornitura, da parte della Banca Europea degli Investimenti, di strumenti di de-risking e garanzie per le imprese dell’eolico dell’UE, il miglioramento nella standardizzazione nel settore dell’energia eolica e, in conclusione, l’adozione di una carta europea dell’energia eolica.

Nel nostro paese, recentemente, il decreto energia 2023 del 27 novembre, fra i suoi punti, mette le basi per rafforzare la filiera dell’off-shore. Si è stabilita infatti l’individuazione di due aree demaniali marittime del Mezzogiorno, per lo sviluppo della filiera off-shore. Si individueranno i relativi specchi d’acqua, destinati a infrastrutture per lo sviluppo di investimenti nella cantieristica navale per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti.

Sebbene le difficoltà legate agli investimenti siano reali, i policymaker sotto il coordinamento europeo stanno reagendo all’attuale stato in cui versa il settore eolico che, se controllato, può trasformarsi in un’opportunità per accelerare la transizione.

[1] Technical Support Instrument (TSI) (europa.eu)

Dopo la laurea triennale in Business Administration and Economics all’Università di Roma Tor Vergata, si è laureata con lode in Economics presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Anche grazie ad un tirocinio come Assistente di Ricerca all’Università di Bologna, ha maturato l’interesse e le competenze per la ricerca, anche di stampo econometrico. Nel 2023 è approdata in I-Com, dove si occupa dei temi energetici e della sostenibilità. In precedenza, è stata Junior Economist presso l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani.