La Legislatura europea che sta per concludersi verrà indubbiamente ricordata per aver affrontato alcune tra le più gravi crisi degli ultimi decenni, dal Covid-19 allo scoppio di nuovi conflitti fuori e dentro i confini geografici del Continente. Eppure, in ambito salute, non è da meno il cambio di passo avvenuto nel campo della salute mentale, su cui – dopo anni di progetti e iniziative – si è finalmente instaurata una programmazione con finanziamenti che indica una priorità esistenziale ed umana, prima ancora che politica e legislativa: la salute mentale è salute, e deve godere della stessa dignità della salute fisica. A poche settimane dalla chiusura dell’esperienza di questa Commissione, ci si domanda quali progetti verranno portati avanti e se ci sono i margini per azioni ancora più ambiziose.
IL BENESSERE PSICOLOGICO NELLE POLITICHE UE DEGLI ULTIMI 25 ANNI
Nell’Unione Europea, la salute mentale è parte integrante della salute. Questa affermazione, per molti versi ancora poco più che un auspicio, è una linea guida e un orizzonte che nelle politiche dell’UE si ritrova da più di 25 anni tra interventi della Commissione, risoluzioni al Parlamento Europeo, e numerose azioni e progetti volti a migliorare il benessere psichico, oltre che fisico, delle persone. Alla luce dell’impatto personale, sociale ed economico delle problematiche legate alla salute mentale, il tema viene infatti riconosciuto come centrale in tutte le aree del processo decisionale e non solo negli ambiti sociosanitari e assistenziali. Si riconosce infatti il ruolo del benessere psicologico come un passaggio fondamentale nella tutela dei diritti e nel miglioramento della qualità della vita delle persone, ai quali si aggiunge la volontà di contrastare e abbattere lo stigma ancora fortemente presente.
Analizzando la storia dei vari interventi dell’UE in materia di sanità pubblica, si nota come la promozione della salute mentale sia diventato un tema affrontato con continuità sin dall’inizio degli anni Duemila, quando nell’opinione pubblica – e soprattutto nell’opinione politica e nel policy making – erano ancora pochi gli interventi in materia. Globalmente, infatti, solo un rapporto dell’OMS del 2001 era riuscito ad affrontare l’argomento, sostenendo che fosse un ambito cruciale per il benessere generale delle persone, della società e delle nazioni. Tale documento è stato poi ripreso, nel 2005, dai 52 stati membri della Regione europea dell’OMS che, partendo da esso, hanno redatto una Dichiarazione [1] e un Piano di azione per la salute mentale, focalizzato principalmente sulla lotta allo stigma, la promozione della salute mentale e la prevenzione dei disturbi mentali attraverso l’offerta e la garanzia di accesso a servizi nella comunità, e la promozione di iniziative di sensibilizzazione.
Sempre nel 2005, anno centrale nel percorso normativo europeo in materia, la Commissione Europea ha pubblicato un Green Paper [2] che mirava a stimolare un dibattito sulla necessità di una politica comunitaria sulla salute mentale, incentivando la cooperazione tra gli Stati membri. Da quel lavoro è poi seguita, nel 2006, una delle consuete consultazioni lanciate in ambito europeo, i risultati della quale hanno poi posto le basi per la redazione del “Patto europeo per la salute e il benessere mentale” [3], pubblicato nel 2008. In tale Patto le istituzioni europee, gli stati membri e i diversi portatori di interesse, si sono impegnati ad agire nelle seguenti aree: 1. Prevenzione della depressione e del suicidio 2. La salute mentale, i giovani e l’istruzione scolastica 3. La salute mentale e gli anziani 4. Lotta contro lo stigma e l’emarginazione 5. La salute mentale sul posto di lavoro.
Negli anni successivi si sono poi susseguite numerosi altre iniziative: nel 2016, ad esempio, è stato pubblicato lo “European Framework for Action on Mental Health and Well-being” [4], che fornisce supporto agli Stati membri nell’elaborazione e aggiornamento delle rispettive policy e condividere le proprie esperienze, ed è stato lanciato lo “EU-Compass for action on mental health and well-being”. Quest’ultimo ha prodotto, nel triennio 2016-2018, una piattaforma web pensata per diffondere informazioni sullo European Framework e per monitorare le policy a livello nazionale. Complessivamente, tuttavia, è evidente come tutti questi interventi siano stati perlopiù limitati a condivisioni di linee di principio, buone pratiche locali, e intenzioni programmatiche, con gran parte delle competenze in materia ancora saldamente mantenute nelle mani dei governi dei singoli Stati e con limitatissimi interventi economici e fiscali.
L’IMPATTO DEL COVID-19
È con il Covid-19 che l’Unione ha intensificato i suoi sforzi nell’ambito della salute mentale. La pandemia, infatti, ha permesso lo sviluppo di un nuovo approccio integrato e la previsione di numerose iniziative che dovranno essere implementate nei prossimi anni. Questo è stato possibile prevalentemente grazie a due novità estremante significative ed impattanti. La prima riguarda il cambio di approccio dell’UE al macro tema salute, nel quale si è deciso di incrementare incisività di intervento e finanziamenti. Questa evoluzione si ritrova non solo nelle iniziative, ma anche nella volontà (e nella possibilità, grazie ai programmi di rilancio post pandemici) di destinare ingenti fondi anche nell’ambito della salute mentale.
La seconda, e più tragica, novità riguarda l’effetto che il Covid-19 ha avuto sul benessere psicologico dei cittadini, con un aumento eccezionale di nuovi casi, ma anche numerosi segnali che indicano primi passi verso l’abbattimento dello stigma. L’edizione del 2020 della relazione Health at a Glance: Europe ha infatti rilevato come la pandemia da COVID-19, e la conseguente crisi economica e sociale, unità alla crescente instabilità dovuta anche a conflitti e crisi ambientali, abbiano inciso in modo crescente sul benessere psichico, con un chiaro aumento di casi di stress, ansia, senso di inadeguatezza e depressione. Inoltre, si evidenzia come a riscontrare situazioni più critiche siano state le persone appartenenti alle fasce a basso reddito e, soprattutto, le fasce giovanili della popolazione, su cui ha pesato inesorabilmente l’isolamento sociale e la sensazione di aver perso anni, opportunità ed esperienze.
Senza avere l’ambizione di affrontare il tema nella sua complessità e completezza in questo articolo, si evidenzia come, se prima della pandemia Covid-19 “solo” 1 persona su 6 nell’UE (17,3%) soffriva di problemi di salute mentale, i dati del Flash Eurobarometer on mental health [5] pubblicato il 9 ottobre 2023, mostrano come il malessere psicologico sia ormai una nuova “epidemia silenziosa”: poco meno della metà (46%) degli intervistati dall’UE dichiara infatti di aver avuto nell’ultimo anno problemi emotivi o psicosociali, come sentirsi depressi o ansiosi, il 54% degli intervistati con problemi di salute mentale non ha ricevuto aiuto da un professionista e il 25% riferisce di aver riscontrato problemi di accesso ai servizi di salute mentale da parte propria o di un familiare – un valore che raggiunge il 49% tra la popolazione giovanile. Inoltre, il 27% dei lavoratori soffre di stress per la mancanza di certezze e precarietà, e si registra un +22% nei casi di solitudine. Infine, l’89% dei cittadini dell’UE concorda sul fatto che la promozione della salute mentale è importante quanto la promozione della salute fisica, anche considerando che, secondo la maggior parte degli intervistati, i recenti eventi mondiali (conflitti, incertezza, instabilità economica e occupazionale) stanno ulteriormente aggravando la propria salute mentale “in qualche modo” (44%) o “in larga misura” (18%).
L’IMPATTO ECONOMICO DEL MALESSERE PSICOLOGICO
Insieme a questo scenario che desta crescenti preoccupazioni da un punto di vista clinico e sanitario, l’aumento del numero di casi di scarsa salute mentale porta anche a ripercussioni economiche per la società. Già nel 2018, l’edizione 2018 dell’OCSE di “Health at a glance” faceva un’analisi sui costi diretti e indiretti della salute mentale per i 27 paesi dell’UE, stimando un ammontare dei costi annuali pari ad almeno 600 miliardi di euro, ossia più del 4% del PIL dell’Unione. Nello specifico, tra i costi diretti figurano 190 miliardi di euro in spese sanitarie (consulti, prodotti farmaceutici, ricoveri ospedalieri), pari all’1,3% del PIL, e 170 miliardi di euro legati a programmi di sicurezza sociale (congedo di malattia, congedo di invalidità, indennità di disoccupazione) mentre, i costi indiretti nel mercato del lavoro (perdita di reddito a causa della mortalità, minore occupazione, assenteismo e minore produttività) ammontano a 240 miliardi di euro (1,6% del PIL).
LA SVOLTA DEGLI ULTIMI ANNI: VERSO UN APPROCCIO GLOBALE ALLA SALUTE MENTALE
Partendo dalle criticità complessive emerse nel periodo pandemico, l’11 novembre 2020 la Commissione europea ha lanciato l’ambiziosa iniziativa della European Health Union [6] (l’Unione Europea della Salute, spesso abbreviata in EHU) che, come uno dei quattro pilastri centrali, prevede proprio “Un approccio globale alla salute mentale” per equiparare la salute mentale alla salute fisica.
I primi segnali concreti in materia sono poi arrivati nel discorso sullo stato dell’Unione europea del 2022, nel quale la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato l’intenzione di presentare, nel corso del 2023, la nuova iniziativa comunitaria sulla salute mentale. A seguito di consultazioni degli Stati membri, delle parti interessate e dei cittadini, quest’ultima è stata approvata nel giugno 2023 sotto forma di una Comunicazione [7] per un “approccio integrato alla salute mentale”.
Nelle intenzioni della Commissione, la Comunicazione costituisce una pietra miliare non solo per gli interventi in materia di salute mentale, ma anche nel processo di integrazione dell’UE. Vuole essere “l’inizio di un nuovo approccio strategico alla salute mentale” da parte dell’Unione, e riconosce come il tema non riguardi soltanto la salute in sé, ma anche ambiti, come l’istruzione, la digitalizzazione, l’occupazione, la ricerca, lo sviluppo urbano, l’ambiente e il clima. L’iniziativa riprende politiche, approcci e azioni esistenti, partendo da tre principi guida, che dovrebbero applicarsi a ogni cittadino europeo: avere accesso a un’adeguata ed efficace prevenzione; avere accesso a servizi e trattamenti di salute mentale economicamente sostenibili e di alta qualità; essere capace di reintegrarsi nella società dopo il percorso di recovery.
Output principale di questo lavoro, sul quale è ora atteso un impegno degli Stati Membri, sono le 20 flagship initiative che operano nella direzione di integrare la salute mentale in tutti gli ambiti delle politiche pubbliche, di promuovere il benessere mentale, la prevenzione e l’intervento precoce, di combattere lo stigma correlato ai disturbi mentali. Per la realizzazione di queste, l’UE ha previsto un pacchetto di finanziamenti senza precedenti: le iniziative sono infatti complessivamente finanziate con 1,23 miliardi di euro provenienti da varie voci di bilancio Ue, tra i quali i fondi di coesione Fse+ e Fesr e Horizon Europe.
ELEZIONI E PROSPETTIVE FUTURE: LA SALUTE MENTALE RESTA SOLO SULLA CARTA?
A poche settimane dalla chiusura dell’esperienza di questa Commissione ci si domanda quali progetti verranno portati avanti dalla nuova governance e se, con la graduale fine dei finanziamenti derivanti dalla ripresa dal Covid-19, ci saranno i margini per realizzare effettivamente gli interventi e per progettarne di ancora più ambiziosi.
In questo scenario, alcune considerazioni lasciano ben sperare. La prima è relativa al fatto che la Commissione uscente sia riuscita a completare le procedure relativa alla programmazione e finanziamento del pilastro relativo della salute mentale nella European Health Union, una cosa non scontata, dati i tempi tradizionalmente necessari per interventi di questo tipo e date le difficoltà incontrate con altri programmi centrali della EHU (ad esempio la revisione della normativa farmaceutica, ancora non completata). Questo conferma la determinazione della Commissione e del Parlamento nell’affrontare il tema in modo concreto e di far fede alle richieste della popolazione in materia a seguito dei drammatici anni pandemici. Il secondo elemento positivo, che segue questi ragionamenti, è relativo al fatto che sembra essere finalmente stato superato lo stigma legato al tema anche in ambito politico: infatti, tutti i candidati e i Partiti hanno ora proposte sul benessere psicologico nei propri programmi elettorali.
[1] https://www.epicentro.iss.it/mentale/pdf/Dichiarazione_IT.pdf
[2]https://ec.europa.eu/health/ph_determinants/life_style/mental/green_paper/mental_gp_en.pdf
[3] https://www.epicentro.iss.it/mentale/patto-eu08
[4] https://health.ec.europa.eu/document/download/081c412b-ccb7-4b4f-bd29-c448b316ea57_en?filename=2016_framework_action_en.pdf
[5] https://europa.eu/eurobarometer/surveys/detail/3032
[6] https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/promoting-our-european-way-life/european-health-union_en
[7] https://health.ec.europa.eu/document/download/cef45b6d-a871-44d5-9d62-3cecc47eda89_en?filename=com_2023_298_1_act_en.pdf