Con la stagione estiva alle porte l’attenzione di cittadini, istituzioni e imprese verso lo stato di disponibilità della risorsa idrica nel nostro paese è in crescita. Purtroppo, però, anche quest’anno la siccità ha colpito alcune regioni meridionali, specialmente la Sicilia, già in primavera. Per marzo 2024 i dati dell’Autorità di Distretto siciliana indicano che i metri cubi di acqua invasata sono stati 299 milioni, circa 30% della potenzialità, e che questo sarebbe il valore più basso registrato negli ultimi quattordici anni. I numeri della popolazione coinvolta nella crisi sono stimati fra l’uno e i tre milioni. Di pochi giorni fa la notizia che il MIT ha stanziato 113 milioni per tamponare l’emergenza.

LA CARENZA DI INVESTIMENTI E L’APPORTO DEL PNRR

Che il Servizio Idrico Integrato (SII) italiano sia affetto da fragilità strutturali non è una novità. Il dato più critico si rileva senza dubbio sulle perdite di acqua. Nel 2021 solo il 58,2% dell’acqua immessa nel sistema di acquedotto è stata effettivamente erogata; di converso, la percentuale di risorsa persa rispetto al totale immesso è stata il 41,8%. La percentuale di perdite idriche nelle Isole e nelle Regioni Meridionali supera il 50% (50,8%), a fronte di valori che nel Nord-Ovest toccano i minimi nazionali. Un’indagine di Utilitatis che aggiorna il dato sulle perdite per il 2022 fa registrare un miglioramento, con un 37,4% di media sul territorio nazionale.

Figura 1: Perdite idriche percentuali per macroarea geografica

Fonte: ARERA, 2023

Non stupisce che gli investimenti nella rete siano il principale strumento per ovviare a questa criticità. Attualmente le risorse investite nel SII variano sensibilmente sia a seconda della tipologia di gestore che delle macroaree del paese, fattori chiaramente collegati fra loro e dipendenti dalla governance vigente. Ad esempio, nel corso del 2021 gli investimenti compiuti dagli operatori industriali hanno raggiunto una media di 56€ per abitante, mantenendo un trend positivo che si protrae dal 2012. Al contrario, dove il servizio è costituito dalle gestioni “in economia” (che servono il 14% della popolazione), quindi prevalentemente da soggetti che non operano in virtù di un affidamento conforme alla normativa attuale o pro tempore vigente, gli investimenti pro capite si riducono drasticamente, arrivando a 7€ pro capite nel 2021. Una rappresentazione spannometrica del divario infrastrutturale del SII è data dalla media degli investimenti pro capite effettuati nel periodo 2017-2021 in vari paesi europei (fonte: Utilitatis, 2023): in Italia sono stati investiti 38€ pro capite contro 72€ in Portogallo, 75€ a Malta, 109€ in Svezia, 135€ del Regno Unito e 226€ in Norvegia.

Pur non essendoci dati ufficiali, dal 2021 in poi, la media delle risorse investite dal nostro paese verosimilmente incrementerà grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ha posto particolare attenzione alla digitalizzazione del SII. La Missione 2 dedica quattro linee di intervento alle reti idriche, con risorse totali pari a 4,38 miliardi. L’obiettivo da raggiungere entro marzo 2026 è la realizzazione di almeno 25.000 km di rete idrica intelligente, digitalizzata ed efficiente.

DIGITALIZZARE IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

I benefici della digitalizzazione delle reti idriche sono molteplici e si rilevano su tutta la filiera. Ad esempio, nella prima fase di captazione delle acque, è possibile ottenere risparmi grazie a maggiori informazioni riguardo alla qualità e quantità di risorsa idrica grezza, mentre in fase di potabilizzazione i vantaggi sono anche di tipo ambientale, come la riduzione nell’uso di agenti chimici e delle analisi di laboratorio e tramite guadagni in efficienza energetica. Cruciale è poi la riduzione delle sospensioni di servizio e dei danni gravi. Dai dati della Relazione Annuale 2022 ARERA (2023) risulta che, nell’intera Penisola, il 79% della lunghezza delle reti di acquedotto è stata georeferenziata. Questo implica che, per questa porzione di rete, le coordinate di posizione, insieme ad altri parametri tecnici, sono state archiviate in formato digitale.

Figura 2: Incidenza di reti idriche georeferenziate nel 2021 (somma di reti di distribuzione e adduzione)

Fonte: ARERA, 2023

I successivi passaggi naturali e consequenziali per una migliore gestione della rete sono poi la distrettualizzazione e il telecontrollo (affinché quest’ultimo avvenga, la rete deve essere necessariamente distrettualizzata), ossia la suddivisione delle reti in distretti omogenei più piccoli che consentono il monitoraggio e l’analisi costante dei parametri idraulici, come portata e pressione, così da intervenire in modo mirato per individuare perdite solo nei distretti in cui il monitoraggio ha rivelato dispersioni. Purtroppo, anche qui, il water service divide è lampante: dal campione di indagine di Utilitatis la rete idrica nel Meridione non risulta né distrettualizzata né telecontrollata. Al Nord, il 32% della rete idrica è distrettualizzata e solo il 22% telecontrollata. Nettamente più virtuoso il Centro Italia, con un 41% di reti telecontrollate e 53% di reti solamente distrettualizzate.

CONCLUSIONI

A tendere, specialmente considerando i rischi a cui l’Italia è esposta in termini idrogeologici, il nostro paese dovrebbe puntare a una completa digitalizzazione delle reti idriche non solo per ridurre le perdite d’acqua, che sono al momento la fragilità più evidente, ma anche per diminuire le interruzioni di servizio e migliorare le prestazioni anche negli altri parametri di qualità tecnica del servizio idrico. Per questo sarebbe importante che gli investimenti del PNRR, che dopo il 2026 si esauriranno, non rimangano un unicum ma che almeno parte di essi sia resa strutturale.

Dopo la laurea triennale in Business Administration and Economics all’Università di Roma Tor Vergata, si è laureata con lode in Economics presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Anche grazie ad un tirocinio come Assistente di Ricerca all’Università di Bologna, ha maturato l’interesse e le competenze per la ricerca, anche di stampo econometrico. Nel 2023 è approdata in I-Com, dove si occupa dei temi energetici e della sostenibilità. In precedenza, è stata Junior Economist presso l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani.