A Torino, tra il 29 e il 30 aprile, i Paesi che compongono il G7, quelle realtà economiche e politiche caratterizzate dall’essere le più industrializzate al mondo, si sono riuniti per tracciare le linee guida di un progetto ambizioso che caratterizzerà l’immediato futuro, ma non solo: la transizione energetica.
In particolare, l’incontro si è focalizzato su diverse questioni chiave, tra cui l’aumento della produzione di energia rinnovabile, sicurezza energetica e lotta al cambiamento climatico.
La notizia che, da un certo punto di vista, è diventata il simbolo della transizione è che i Paesi del G7 hanno convenuto sul necessario abbandono del carbone, indicando come anno dello stop all’utilizzo di questa fonte energetica fossile ed altamente inquinante il 2035. L’obiettivo è evitare il superamento degli 1,5°C rispetto al periodo preindustriale e limitare al massimo la creazione degli unabated coal power generation plants, ovvero impianti che generano energia bruciando carbone, senza che i gas serra generati vengano catturati tramite i sistemi appositi e che quindi finiscano nell’atmosfera contribuendo al cambiamento climatico.
Per quanto la decisione relativa alla produzione di energia dal carbone sia senza dubbio di grande rilevanza, si è deciso su una più ampia linea di metodologie produttive, in termini energetici:
- Energia prodotta dai combustibili fossili;
- Energia nucleare;
- Energie rinnovabili.
Per quanto concerne i combustibili fossili, i “protagonisti” del cambiamento climatico, si è deciso di impegnarsi al fine di eliminare in maniera graduale i sussidi verso questa categoria con il duplice obiettivo di diminuire l’impatto ambientale, in direzione di uno scenario net zero emission e una maggiore sicurezza energetica, che renda possibile una minore esposizione del proprio mix energetico da fornitori esteri (si vedano gli effetti della dipendenza dell’import di gas russo in relazione allo scoppio delle tensioni tra Russia e Ucraina).
In aggiunta a ciò, si è fatto riferimento ai settori hard to abate, ovvero quelli per i quali lo switch da fonti fossili a rinnovabili o low carbon risulta particolarmente difficile, si pensi alle acciaierie o simili, asserendo come il ruolo delle tecnologie CCS giocherà un ruolo fondamentale, almeno fino a quando lo sviluppo tecnologico non permetterà una sostituzione economicamente conveniente dei combustibili con altre fonti energetiche.
Sempre sul fronte dei combustibili fossili si sottolinea la necessità di diminuire in maniera drastica le emissioni di gas metano, caratterizzate da un maggiore potere climalterante rispetto all’anidride carbonica.
La preoccupazione principale derivante dall’abbandono di questi sistemi di produzione di energia altamente inquinanti è quella di iniziare un processo che lasci i più “fragili” indietro, facendo sì che questi paghino i maggiori costi del cambiamento epocale verso il quale ci si sta incamminando. Tale questione trova risposte nel rinnovato impegno dei partecipanti nel provvedere ad iniziare e perseguire un processo di transizione energetica pienamente inclusivo, che renda impossibile un impatto negativo sulle fasce più deboli della popolazione.
Per quanto concerne la macroarea relativa all’energia nucleare, è possibile asserire che il Paesi del G7 si sono espressi favorevolmente rispetto a tale fonte energetica, riconoscendo il suo contributo quale fonte low carbon e utile nella lotta al cambiamento climatico e a tutti gli effetti negativi che ne conseguono, favorendo la decarbonizzazione.
In particolare, si sottolinea l’urgenza di disallineare il processo di approvvigionamento dalla Federazione Russa e di investire nelle tecnologie di tale branca inerenti agli small nuclear reactor (SMR), e ai mini-reattori, nonché ai progetti relativi alla fusione nucleare.
Inoltre, si parla delle energie rinnovabili, per le quali si evidenza il bisogno aumentare la loro produzione di energia sia attraverso un miglioramento tecnologico delle stesse, sia con un aumento del numero di installazioni. Ad essere proposta è l’implementazione dello storage di energia rinnovabile, così da intervenire almeno in parte sul problema dell’intermittenza e supportare la generazione rinnovabile con opportune policy, una ridefinizione del mercato di interesse (Market Design) e investimenti per l’ammodernamento e il potenziamento delle reti elettriche. Al fine di garantire una quota crescente di energia rinnovabile si è reso necessario implementare una strategia che tenesse conto dell’iniqua distribuzione dei minerali critici sui quali poggia il processo di decarbonizzazione delle economie Occidentali. Infatti, date le problematiche di approvvigionamento dovute o meno a situazioni di instabilità geopolitica che hanno coinvolto il fornitore, i Paesi membri del G7 si sono dati l’obiettivo di costruire una catena di approvvigionamento solida e che consentisse la minore esposizione possibile a tensioni internazionali o, in generale, a shock esterni totalmente imprevedibili.
Insomma, il quadro relativo alla decarbonizzazione dei sistemi produttivi è tracciato, anche se molto ancora è il lavoro da fare per raggiungere obiettivi ambiziosi in un così breve termine di tempo.
Gli obiettivi posti dal G7 sembrano essere guidati dal principio di diversificazione delle fonti, così da diminuire il rischio complessivo delle singole scelte, ovvero evitare una problematica simile a quella che si è posta col gas quando la Russia ha aggredito l’Ucraina. Inoltre, si nota un notevole affidamento alla componente relativa al progresso tecnologico, che si lega indissolubilmente ad un elevato livello di investimenti e politiche volte ad uno stimolo di determinate capacità produttive attualmente non esistenti o in fase ancora embrionale e non economicamente competitive.
A questi concetti cardine si legano quello di una lotta al cambiamento climatico, che sta facendo vedere i suoi effetti con eventi sempre più estremi e con costi collaterali elevati sia in termini danni fisici (distruzione di impianti e infrastrutture) che di vite umane, ma anche di una decarbonizzazione equa, che permetta a tutte le fasce della popolazione di cogliere i frutti di un così grande sforzo, evitando che la parte più “sofferente” in termini economici, possa avere forti contraccolpi negativi da questo processo.
Riassumendo, i principi che sono pervenuti dalla riunione del G7 a Torino sono:
- Diversificazione delle fonti e dei fornitori;
- Programmazione e sostegno pubblico, durante tutto il processo relativo alla decarbonizzazione;
- In conclusione, al fine di evitare tensioni sociali derivanti da un pagamento iniquo del costo sociale di un processo su così vasta scala e altamente pervasivo.
Il sentiero è tracciato, ora è necessario considerare i vari scenari che aspettano gli attuali ed i futuri policy makers e come questi decideranno e/o riusciranno ad affrontarli.
CONCLUSIONI
Il contesto di policy dà, inequivocabilmente, slancio a tutte le misure che stanno venendo approvate e portate in essere nell’ultimo periodo, ciò in nome del cambio di paradigma a livello di approvvigionamento e sicurezza energetici.
Il quadro generale descritto dall’incontro dei “Grandi 7″ si muove dal principio e obiettivo di mitigare i cambiamenti climatici attraverso una minore emissione di gas climalteranti, fino a raggiungere net zero emissions, adattarsi a questi e rendere le economie ed il tessuto produttivo e sociale resiliente agli imprevedibili shock negativi di offerta che hanno colpito in maniera decisa la nostra società nell’ultimo periodo.
Questi percorsi di policy non sono altro che la risposta a un mondo che si sta mostrando più mutevole e all’impatto negativo che i fenomeni metereologici estremi, derivanti dalle attività antropiche, stanno avendo sulla vita di tutti i giorni, economica e sociale.
Inoltre, vale la pena aggiungere che sebbene l’obiettivo di riduzione delle emissioni inquinanti sia comune, i metodi per raggiungerlo saranno, nei limiti, particolaristici.
Basti pensare all’energia nucleare. Ci sono Paesi che la usano e che possono potenziare tale metodologia di produzione energetica; di converso, ci sono altre nazioni che non la utilizzano o che l’hanno dismessa, rendendo la questione meno “malleabile”, dovendo raggiungere gli stessi obiettivi dei paesi partner e potendosi affidare ad una tecnologia in meno.
Tutto ciò senza contare che non tutti hanno la stessa possibilità di approvvigionamento di “materie prime rinnovabili” (ci sono Paesi più ventosi e soleggiati, altri meno).
Ciò viene detto per sottolineare come il contesto sia complesso e come, per quanto l’obiettivo sia il medesimo per varie entità statali afferenti al G7, il concetto di specificità, culturale e fisica, del Paese fa la differenza in ambito di perseguimento e raggiungimento dei target considerati.