Troppi film, pochi incassi: il cinema italiano perde “quota”

Il 5 maggio al Cinema Barberini di Roma, ANICA e Mibact alla presenza del Ministro Franceschini hanno illustrato i dati cinema relativi al 2014. Tra i dati principali salta all’occhio una certa bulimia produttiva con ben 200 titoli prodotti contro i 167 dell’anno precedente. Potrebbe essere indice di un buon stato di salute per il comparto ma in realtà è esattamente il contrario visto che i costi complessivi si sono ridotti da 334 a 323 milioni di euro e la quota di mercato è scesa al 27% a vantaggio delle produzioni made in Usa. Significa che si fanno film con budget sempre più esigui. Sono solo 35 i “film veri” che rientrano nella classe di costo da 3,5 milioni in su. Circa 70 film ovvero un terzo della produzione domestica hanno invece un budget addiritttura inferiore ai 100mila euro. Una tendenza di cui avevamo parlato già l’anno scorso che si è accentuata. Qualcuno ha parlato di cinema amatoriale…Pochi di questi titoli raggiungono la sale o se lo fanno “tengono” solo qualche giorno, strozzati anche da una stagione cinematografica – caso unico in Europa – ristretta a 5 mesi da novembre a marzo con inevitabili e masochistici effetti di cannibalizzazione. Piaccia o no gli incassi – come ha sostenuto il Presidente dell’Anica Tozzi – sono generalmente allineati alla curva dei costi. Se si risparmia sotpra e sotto la linea è molto difficile raggiungere risultati soddisfacenti al botteghino. Non sarebbe il caso di convogliare questa fetta sempre più consistente di produzioni verso piattaforme distributive più idonee al loro sfruttamento ? Incoraggiando ad esempio forme di colalborazione e accordi con i servizi nazionali di video on demand attivi nel nostro Paese (vedi Timvision o Chili Tv) e rimuovendo o alleggerendo la regola del cosiddetto “prioritario sfruttamento in sala”, condizione necessaria per beneficiare dei contributi pubblici. Si perché se i volumi produttivi aumentano, le presenze al cinema (ri)stagnano da anni attorno ai 100 milioni, ben lontani dalle performance dei nostri cugini francesi che viaggiano su una cifra doppia, forti di un parco sale decisamente più ampio strutturato ed accogliente. Va aggiunto che anche le coproduzioni sono in calo indice di una chiusura preoccupante nei confronti dei mercati internazionali.

L’internazionalizzazione è invece la vera sfida da cui partire per risollevare le sorti del settore. DG Cinema, MiSE, Luce Cinecittà, ANICA, ICE e APT stanno lavorando ad una nuova strategia condivisa e complessiva per promuove con maggiore efficacia il prodotto audiovisivo italiano all’estero. Parallelamente la DG Cinema ha attivato rapporti con i paesi maggiormente interessati a realizzare coproduzioni con l’Italia per l’istituzione di specifici accordi bilaterali finalizzati al sostegno allo sviluppo di film in coproduzione. Sono attivi già da qualche anno fondi con la Francia, l’Argentina e il Brasile. Nel 2015 è stato istituito un fondo con la Germania ed è di questi giorni l’annuncio del fondo con il Canada per lo sviluppo di film documentari. Nonostante il nostro cinema all’estero raccolga ancora poco in termini di box office non è azzardato ravvisare una tendenza non più isolata della classe autoriale e produttiva italiana a lavorare su storie rivolte ad un pubblico internazionale. Ci sono segnali positivi in tal senso, vedi la presenza di un numero crescente di progetti con cast, maestranze e location internazionali e la scelta di girare i film in lingua inglese.

Nel frattempo le modalità del sostegno pubblico nazionale nel corso degli ultimi anni hanno cambiato pelle dato il peso crescente assunto dai crediti di imposta nella chiusura dei pacchetti di finanziamento delle produzioni (oltre 100 milioni di euro) a fronte di un calo dei contributi diretti. Altra distorsione del mercato è rappresentata dalla programmazione di cinema in televisione. A fronte di un budget significativo a disposizione di Rai Cinema per le produzioni italiane (circa 50/80 milioni all’anno), le reti pubbliche generaliste in particolare quella ammiraglia preferiscono di gran lunga collocare in prima serata la più redditizia fiction (170 passaggi quest’anno) lasciando poco spazio ai film dirottati sulle reti tematiche del digitale terrestre. Fanno un po’ meglio le reti Mediaset con i film targati Medusa: ben 7 titoli nella top 10 del 2014. Tra questi ricordiamo i picchi di ascolto raggiunti dalla Grande Bellezza fresco di Oscar che tanto hanno fatto discutere per il salto della finestra pay. Una scelta che ha pagato in termini di raccolta pubblicitaria e che ha (ri)aperto il dibattito sull’accorciamento delle cosiddette windows.

Quella del 5 maggio è stata anche l’occasione per il Ministro di fare il punto sul cantiere delle riforme avviate o in via di attuazione a sostegno del cinema e dell’audiovisivo. Sono state migliorate le regole del tax credit per le produzioni estere, di cui è stato sottolineato l’effetto immediato in termini di attrazione nelle nostre città dei grandi set, delle major americane e dei blockbuster. Con l’approvazione dell’ “Art Bonus”, lo scorso luglio, lo sgravio fiscale concesso ai produttori che girano in Italia, seppur su commissione estera, è stato portato da 5 a 10 milioni di euro annui, calcolati inoltre non per film ma per produzione esecutivo, col risultato di consentire l’aggregazione di più soggetti e arrivare a un incentivo più consistente capace di interessare anche le produzioni internazionali ad alto budget. L’aumento dei set stranieri nel nostro territorio è stato definito come “vertiginoso” (le produzioni estere sono quasi triplicate passando da 12 a 30) mentre il credito d’imposta stanziato è stato più del doppio, passando da 6 a 13 milioni di euro in meno di un semestre. Una misura vincente, soprattutto in termini di promozione dell’Italia all’estero anche in chiave turistica. La quota del Fondo Unico dello Spettacolo destinata al cinema per il 2015 è di circa 80 milioni di euro, cui vanno ad aggiungersi 22 milioni non impiegati nell’anno precedente per le agevolazioni fiscali. Grande rilevanza è stata data alle novità introdotte a marzo dal decreto che estende il tax credit non solo alle produzioni straniere ma all’intero settore audiovisivo, con l’introduzione di incentivi anche per le opere indipendenti destinate alla televisione e al web., con effetto retroattivo sul 2014. Ricordato anche il decreto per la tutela delle sale storiche, di cui è stato avviato il censimento, e il tax credit a vantaggio delle stesse per il loro ammodernamento e l’eventuale ritorno in funzione. E’ stata avviata infine la revisione di alcuni decreti tecnici in modo da introdurre criteri di selezione della tipologia di opere cui attribuire il contributo diretto FUS, con criteri quali l’età dei filmmaker (attenzione agli under 35), il genere documentario, le potenzialità commerciali o di ricerca.  Anche al reference system verrà fatto un “tagliando” così come verranno miglorati i criteri di assegnati dei contributi sugli incassi, che dovranno essere vincolato per il 90% alla realizzazione di nuovi film che escano in periodi più difficili della stagione. Con l’auspicio che tali provvedimenti vadano ad inseririsi in un più ampio disegno di riforma di sistema coinvolgendo tutti i pezzi della filiera audiovisiva a partire dai broadcaster, dalle Telco e dagli OTT.

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